Voci Scomode, storie di chi sfida il potere in Siria
Una giornata per sensibilizzare l'opinione pubblica su quanto accade in Siria e un'occasione per raccontare il lavoro dei giornalisti nei teatri di guerra.
È stata dedicata alla Siria la quarta edizione di Voci Scomode, l’appuntamento annuale in difesa della libertà di stampa nel mondo promosso dal Caffè dei Giornalisti e organizzato in collaborazione con il Dipartimento di Culture, Politiche e Società dell’Università di Torino e La Maison des Journalistes di Parigi.
La difficoltà di fare informazione libera in Siria è tutta nel commento di Reporter senza frontiere ai dati dell’ultimo rapporto, che indica il Paese come “il più letale per gli operatori dei media”. Nel 2016 i giornalisti uccisi sono stati 74, meno che nel 2015 quando se ne contarono 101, ma solo perché è drasticamente aumentato il numero di quelli costretti alla fuga e di coloro ai quali è negato il visto d’ingresso governativo (che consente, peraltro, uno spazio di manovra estremamente limitato).
Ma la difficoltà è grande anche per i pochi, pochissimi giornalisti ai quali le autorità siriane concedono il visto, e sono quindi investiti della responsabilità di portare all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale il conflitto più difficile da raccontare, perché nel Paese non si combatte una sola guerra ma tante: sul palcoscenico siriano si muovono ribelli, esercito e milizie siriane; Hezbollah libanesi e milizie sciite straniere; Arabia Saudita, Iran e Israele; Stati Uniti e Russia. Senza dimenticare, ovviamente, la confinante Turchia, tra gli attori istituzionali più determinati nel volere la caduta di Bashar al-Assad, meta di milioni di profughi siriani che, entrati illegalmente per fuggire dalla guerra, vivono in condizioni difficili e quasi impossibili da documentare: è noto come il Paese sia “la più grande prigione al mondo di giornalisti”, sempre nelle parole di Reporter senza frontiere.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto accade nel Paese, da oltre sei anni scenario di guerra il Caffè dei Giornalisti ha ospitato le “voci scomode” Shiyar Khaleal e Raafat Alomar Alghanim, reporter siriani accomunati da un passato di lunga militanza in patria e un presente da rifugiati a Parigi, presso la Maison des Journalistes. Shiyar Khaleal, corrispondente per Sky News Arabia, cofondatore dell’Unione dei giornalisti curdi siriani e, più di recente, del Gruppo di lavoro per i Detenuti Siriani, ha pagato con la detenzione la militanza attiva, Raafat Alomar Alghanim, blogger e cameramen, è stato ripetutamente in carcere per avere espresso posizioni fortemente critiche nei confronti del regime saudita e filmato le violenze inflitte ai manifestanti a sostegno delle “primavere arabe”.
Un'altra voce scomoda siriana invitata è quella di Mazen Darwish, giornalista e avvocato, attivista in difesa dei diritti umani e fondatore del Centro siriano per l’informazione e la libertà d’espressione (SCMFE). La sua detenzione, cominciata nel 2012, è terminata dopo circa tre anni e mezzo con l’amnistia firmata da Bashar al-Assad, e solo grazie alla mobilitazione internazionale promossa da numerose organizzazioni e dalle Nazioni Unite. Nel 2015 Darwish è stato insignito del Guillermo Cano World Press Freedom Prize istituito dall’Unesco in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa.