Rileggere "La Peste" di Albert Camus ai tempi del Coronavirus
Intervista alla Prof.ssa Pierangela Adinolfi, docente di Culture e Letterature d'Area Francese e Francofona all'Università di Torino.
Da più di un mese il capolavoro di Albert Camus "La Peste", pubblicato per la prima volta nel 1947, ha avuto una vera e propria impennata delle vendite in Italia e all'estero. Ma di cosa parla precisamente il romanzo di Camus? Come mai è tornato così prepotentemente alla ribalta in questi giorni di emergenza da Coronavirus? Lo abbiamo chiesto alla Prof.ssa Pierangela Adinolfi, docente di Culture e Letterature d'Area Francese e Francofona all'Università di Torino.
Prof.ssa Adinolfi, di cosa parla il capolavoro di Camus? E perché è tornato prepotentemente alla ribalta in questi strani giorni?
Il capolavoro di Camus racconta il dilagare di un'epidemia di peste che si manifesta in un tempo non precisato degli anni '40 del secolo scorso, in una città dell'Algeria, Orano. In effetti, da più di un mese, il testo non solo è tornato alla ribalta, se così si può dire, ma ha avuto una vera e propria impennata delle vendite in Italia e all'estero e a molti commentatori è sembrato imprescindibile rivolgere l'attenzione al testo camusiano. Riguardo alle motivazioni di questo rinnovato interesse, mi sembra che si possa considerare un triplice ordine di riflessioni.
Il primo è inerente alla trama ed alla struttura del testo, costruito per creare la rappresentazione di uno stato di allarme che si dispiega in tutte le sue fasi, a partire dalla sottovalutazione e dall'incredulità iniziali fino ad arrivare, attraverso la serrata analisi psicologica dei personaggi che ripropongono la vasta gamma di emozioni, sentimenti e passioni dell'essere umano, alla constatazione di una possibile via d'uscita. Tutte le dinamiche interpersonali, affettive, politiche, economiche, che si verificano nella situazione di epidemia e quarantena sono messe in campo. Camus parla dell'esilio, che in questo caso è la separazione dagli affetti, la privazione della libertà, parla della paura della morte e dell'impotenza umana di fronte alle catastrofi naturali. Parla anche del coraggio, della consapevolezza, cui si perviene soltanto con il dubbio circa le verità acquisite, della giustizia, della risposta individuale di fronte ad un male collettivo e della speranza, una speranza che può riportare ad "essere felici insieme agli altri". Tutti gli aspetti presi in esame sono considerati dal punto di vista prettamente umano e questa è una peculiarità di Camus. Appare, fin qui, abbastanza semplice poter constatare la proiezione del lettore in una realtà, quella camusiana, che riproduce le caratteristiche essenziali di quella in cui il lettore stesso sta vivendo.
Il secondo pone le sue radici nello spessore filosofico - esistenziale del testo, saldamente ancorato alla prospettiva del secondo ciclo camusiano, ovvero il ciclo della Rivolta e della Solidarietà. Il morbo della peste, come è noto, è la rappresentazione simbolica del Male. Pubblicato nel 1947, a ridosso della fine della seconda guerra mondiale, il testo mette in scena la peste quale metafora del nazional-socialismo appena sconfitto, ma anche in quanto emblema di ogni tipo di male che in ogni epoca storica è in grado di minacciare l'umanità. Il problema del Male, che assume anche tratti metafisici, è il grande problema di fondo che caratterizza lo scenario della Peste. In risposta alla consapevolezza dell'esistenza del male, Camus crea il docteur Rieux, il personaggio adatto a veicolare la forza del suo pensiero. Rieux è colui che sa opporsi, attraverso la razionalità della scienza e la tenacia della scelta individuale, all'assurdità del male. Per mezzo del confronto di Rieux con gli altri personaggi, Camus, accanto al problema del Male, affronta il problema della morte, della sofferenza inutile degli innocenti, della religione cristiana e di Dio. Camus sottolinea con forza la necessità del dialogo permanente tra atei e cristiani. Il cristiano chiama "Dio" ciò che non capisce, mentre l'ateo lo definisce "Assurdo", entrambi, però, condividono la stessa tragica condizione di vita terrena, entrambi sono sottoposti al Male. È, pertanto, nella prospettiva della lotta contro il Male, della Rivolta, che tutti i "fratelli" umani si devono stringere sotto il segno della Solidarietà. La Caritas cristiana si tramuta in solidarietà umana e Rieux, grazie alle parole dell'amico Tarrou, assume i caratteri del "santo laico", del "tipo" d'uomo capace di combattere, all'interno della rivolta collettiva, il male e l'assurdo. Il romanzo, quindi, precedendo il saggio "L'homme révolté" che verrà pubblicato nel 1951, annuncia il grande tema della solidarietà come unico strumento di salvezza dall'assurdo. Anche la visione del predicatore Paneloux, che considera la peste come "la punizione divina" contro i peccati dell'umanità, subisce un ribaltamento, una volta posta di fronte all'inutilità della sofferenza dell'innocenza torturata, e qui pensiamo alle atrocità della malattia imposte al figlio del giudice Othon. Per Rieux / Camus è meglio non credere in dio piuttosto che credere in un dio che tace e che permette al male di manifestarsi con una violenza inaudita.
Il terzo concerne più da vicino la percezione del lettore che rilegge la Peste in "questi strani giorni", come dice lei. Della facilità con la quale si riesce oggi ad immedesimarsi negli avvenimenti descritti nella Peste, abbiamo appena parlato, con la differenza che la situazione letteraria è molto più circoscritta, poiché interessa una sola città, mentre la nostra condizione di quarantenati ricopre ormai una dimensione estesa a livello mondiale. Ciò che secondo me risulta maggiormente interessante trattenere dalla lettura della Peste è proprio l'impianto filosofico - esistenziale, traboccante di significato, sotteso al romanzo. Ciò che Camus ha trasmesso con la sua narrazione.
Anche prima di "questi strani giorni", la Peste custodiva il suo alto contenuto di senso, quindi non è l'attualità che dà valore al libro, bensì il contrario. Si dovrebbe, pertanto, ribaltare la prospettiva: non sono i libri ad essere attuali, ma sono gli eventi storici, fausti ed infausti, che si ripetono ed è dai libri che possiamo ricavare una lezione di senso, quel senso che secondo la Peste è collocato nella solidarietà e nella lotta umana contro l'assurdo.
C'è qualche passaggio nel libro che rileggendolo oggi le sembra ancora più potente o emozionante?
Dei diversi passaggi tutti degni di nota, trovo particolarmente emozionante il brano in cui Rieux e Tarrou, stremati dallo sforzo fisico e mentale che li impegna quotidianamente nel tentativo di arginare l'epidemia e nella cura dei malati, si concedono l'occasione di un bagno in mare, di notte, con la luna che schiarisce il cielo. In quel momento, prima Rieux è poi Tarrou, riescono a condividere un "étrange bonheur", una felicità che non può dimenticare le morti, ma che li libera temporaneamente e li rigenera, un tipo di felicità profusa e percepita attraverso la semplice immersione nella natura. È possibile, per un momento, allontanare il dramma ed essere uomini, ancora felici, insieme, nella solidarietà, perché la lotta contro la peste non avrebbe senso se si dimenticasse il motivo per cui si lotta, e cioè per recuperare l'istinto che rende gli esseri umani delle creature vitali in mezzo alla natura.
Cosa ci insegna la Peste di Camus alla luce di quello che stiamo vivendo?
La Peste di Camus ci insegna sicuramente a non essere complici del male, a ricuperare, quindi, dei valori nei momenti di maggiore criticità, a non considerarsi per sempre al sicuro, perché, come scrive Camus nell'epilogo del suo libro, il morbo della peste può celarsi per un tempo a noi sconosciuto per poi risvegliare i suoi ratti e mandarli a morire in una città felice. Può quindi tornare e diffondersi ovunque. Ciò vuol dire che nessuno si può salvare senza la solidarietà dell'altro (pensiamo anche alla situazione europea, ma non solo, che richiederebbe la solidarietà fra gli stati membri). È ancora possibile essere felici, ma ciò ha senso soltanto se si può essere "felici insieme agli altri ".
#unitohomecommunity
Foto di Jared Enos