Come si combattono l'ansia e la paura da Coronavirus?
Ne abbiamo parlato con il Prof. Alessandro Zennaro, Ordinario di Psicopatologia e Psicodiagnostica e Direttore del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Torino.
Il Coronavirus sta avendo un importante impatto psicologico sulle persone. Fa sentire impotenti dinanzi a qualcosa di sconosciuto, rende vulnerabili. UnitoNews pubblica l'intervista al Prof. Alessandro Zennaro, Ordinario di Psicopatologia e Psicodiagnostica e Direttore del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Torino, che prova a spiegare emozioni e comportamenti in questo momento di incertezza generato dalla diffusione del Coronavirus.
Prof. Zennaro come si combatte l’ansia da Coronavirus, quali sono le emozioni che nascono in questo momento di allerta?
Le persone mettono in atto capacità, meccanismi, strutture e comportamenti che hanno sviluppato nel corso dell’evoluzione della specie Homo. Ciò che era funzionale ad una nicchia biologica di un certo tipo non necessariamente lo è ancora a fronte dei cambiamenti culturali (e conseguentemente ambientali) degli ultimi secoli. Si parla di mismatching. Anche il reperimento delle informazioni è influenzato dai medesimi meccanismi: prima avvertivamo il pericolo dai rumori, dall’odore, ora tutto questo non c’è più e lo reperiamo dall’informazione che abbiamo e per come la abbiamo. Tuttavia mettiamo in atto i comportamenti di salvaguardia per noi e per i nostri cari che abbiamo organizzato per contesti molto diversi da quelli attuali. Sono reazioni basilari, fondamentali ma primitive; l’uomo reagisce per tutelare se stesso e la propria progenie e per garantire il sostentamento e lo fa sulla base delle informazioni che ha. Se queste lo allarmano reagisce con tutte le proprie capacità per fuggire, procurarsi cibo, attaccare per difendersi, ed eventualmente anche per proteggersi da ciò che lo terrorizza attraverso il meccanismo opposto: negare la realtà quando ritiene che sia soverchiante le proprie forze, inaffrontabile.
Quali sono le emozioni che bisogna imparare a gestire?
Le emozioni sono fondamentali per il funzionamento dell’essere umano, sono delle scorciatoie che servono a combinare insieme pensieri, comportamenti, reazioni e sistemi corporei autonomi, come la respirazione, il battito cardiaco, per un fine e in maniera automatica e veloce. Si attivano sia sulla scorta di percezioni (rumori, odori, circostanze) che abbiamo imparato a conoscere e riconoscere naturalmente, oppure attraverso l’apprendimento, sia sulla base di un processo mentale. Intendo dire che una variazione psicofisiologica può attivare un’emozione che si porta poi dietro dei pensieri oppure viceversa, un pensiero attiva anche un comportamento, una iperventilazione, l’accelerazione del battito ecc. Ciò che bisogna gestire non sono le emozioni in sé ma la disregolazione delle emozioni, cioè la capacità di contemperare la reazione automatica addomesticandola con la mente, con la ragione, inquadrandole nel giusto contesto. Io devo potermi rendere conto dell’assurdità di aver comprato tutte le scatolette di tonno del supermercato perché so che è assurdo e perché imparo a dominare il comportamento primordiale e istintivo di natura protettiva che scaturisce dalla paura.
In questa capacità (la regolazione delle emozioni, intendo) siamo molto diversi gli uni dagli altri, c’è chi è più abituato e chi meno, chi ha un istinto di sopravvivenza più impulsivo e chi meno, chi ha una maggiore capacità di regolazione e chi non ne ha affatto. Siamo nell’ambito delle differenze individuali che ci appaiono più inverosimili e pazzesche in caso di situazioni drammatiche come quella attuale. L’informazione ha un ruolo fondamentale per aiutare questo processo: deve essere tarata per tutti i livelli di comprensione e di regolazione, deve raggiungere tutti, non si può parlare solo ad una parte della popolazione. Linguaggi e metodi, capacità di comprensione e controllo sono diversi e diversamente distribuiti…
I periodi di quarantena costringono a cambiare abitudini quotidiane creando uno stato di disorientamento. Come si può gestire lo stato di isolamento e solitudine?
La solitudine è un problema soprattutto perché è forzata, perché ci limita nel fare ciò che vogliamo. Noi dobbiamo stare in casa più che per proteggere noi stessi per salvare gli altri più deboli e/o esposti. Questo è difficile da capire. Il disorientamento può essere prontamente riconvertito, gli esseri umani sono in grado di adattarsi a tutto, ma necessitano di tempo e di motivazioni. Ciò che è avvenuto in questi giorni non ha lasciato tempo per adeguarsi e ci era ignoto.
La mente umana procede per assimilazione, ciò che è nuovo viene valutato per quanto assomiglia a qualcosa che già conosciamo e questo ci rassicura perché ci da dei riferimenti per affrontare la novità. E’ un meccanismo automatico, utilissimo nella quotidianità ma talvolta fallace perché induce in errore, come se ci facesse fare in fretta ma sbagliando.
Ciò che vediamo adesso non assomiglia a nulla che abbiamo già sperimentato; la gran parte di noi che non ha conosciuto la guerra, che non ha sperimentato la paura di nemici invisibili, sconosciuti e subdoli, non ha riferimenti su cui appoggiarsi, Ciò può terrorizzare o lasciare attoniti. Dobbiamo trovare le motivazioni e adeguarci a ciò che bisogna fare, reimparare a stare con i pochi cari o anche da soli. Gli strumenti non mancano, è la comprensione che scarseggia. L’essere umano è molto versatile e sa adeguarsi alle situazioni più diverse ed estreme. I miei nonni hanno conosciuto due guerre, la fame, la persecuzioni, ci avranno messo del tempo pure loro ma ce l’hanno fatta. Possiamo resistere anche noi e trovare la forza per farlo nella consapevolezza che è la cosa giusta da fare e soprattutto che avrà un termine. Approfittiamone per fare ciò che ci siamo sempre lamentati di non avere mai il tempo di portare a compimento.
Spesso sui siti d'informazione si sente parlare di psicosi da Coronavirus? Come ci si deve comportare davanti a questo flusso quotidiano?
Intanto è sconveniente parlare di psicosi. La psicosi è una patologia psichica con caratteristiche precise e non è corretto utliizzare un termine clinico in maniera impropria. Ciò che accade non è frutto di psicosi, è paura oppure opportunismo egoista.
Il ruolo dell'informazione è fondamentale, sono pochi quelli che hanno esperienza diretta di contagio o di familiari contagiati. Proprio per questo va tarata a livelli comprensibili, univoci, non contraddittori, precisi e comportamentalmente perseguibili, ossia rispettare le regole. L’essere umano sa cosa sono e come fare a rispettarle, l’informazione deve essere chiara. Al contempo, deve essere accuratamente dosata, poca crea caos e troppa… pure. Inoltre va gestita. In casi come questi fa più danno una fake news che genera il panico di quanto possa salvare un medico in corsia. Bisogna trattare le informazioni false con la durezza che l’emergenza impone anche con restrizioni, se necessario. In emergenza si possono e debbono mettere in atto interventi emergenziali che salvaguardino l’interesse generale e il perseguimento dell’obiettivo comune.
Prof. Alessandro Zennaro, Ordinario di Psicopatologia e Psicodiagnostica e Direttore del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Torino
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