L'amore e le relazioni familiari ai tempi del Coronavirus
Intervista alla Prof.ssa Gabriella Gandino, docente di Psicologia clinica della vita sessuale e di coppia al Dipartimento di Psicologia dell'Università di Torino.
Come sono cambiate le relazioni interpersonali e sentimentali in questo periodo di quarantena? Quali sono stati i disagi che le coppie e le famiglie hanno sperimentato? Lo abbiamo chiesto alla Prof.ssa Gabriella Gandino, docente di Psicologia clinica della vita sessuale e di coppia al Dipartimento di Psicologia dell'Università di Torino.
Prof.ssa Gandino, in questo momento di emergenza sanitaria stiamo vivendo una condizione inedita sia sul piano personale che nei rapporti sociali. Che impatto ha avuto il lockdown nelle relazioni interpersonali e sentimentali?
La pandemia e la conseguente situazione di lockdown ci hanno costretto a modificare, in modo drastico e repentino, pensieri, emozioni, vita di relazione in ambito sentimentale, sociale e lavorativo. Innanzitutto manca la memoria storica di un evento simile. La generazione più anziana ha vissuto la guerra, ma la guerra, pur mettendo a rischio la vita come il COVID-19, segue regole diverse: non chiede la distanza sociale, non fa vedere il tuo vicino come un potenziale nemico. Qui, oggi, viviamo un’alterazione della libertà personale. Ciascuno di noi è chiamato a cambiare abitudini tanto radicate da non essere neanche pensabile che venissero messe in discussione prima di adesso. Ed è chiamato a costruire rapidamente nuove abilità e nuovi automatismi per adattarsi alla mutata situazione sociale. Comportamenti che erano consueti diventano pericolosi, vanno evitati, e il rischio di essere infettati o di infettare è mortifero. Infine, il tempo è dilatato e scandito diversamente rispetto a prima. Mancano, o sono alterati, i ritmi degli impegni nella quotidianità, e inoltre non abbiamo un orizzonte temporale raggiunto il quale possiamo pensare che tutto tornerà come prima. Sappiamo quello che stiamo vivendo, ma non i tempi con cui la situazione evolverà. Quindi, stiamo vivendo un cambiamento che frantuma le certezze, quelle con cui siamo cresciuti e con cui ci siamo confrontati finora.
In questa situazione non possono che essersi modificati anche i rapporti interpersonali. Ma l’impatto che i cambiamenti nelle relazioni hanno avuto sulle persone dipende molto dalle paure e dalle risorse di ciascuno. Perché se è vero che questo periodo ha degli aspetti che possono riverberare in maniera diffusa su tutta la società, è anche vero che ciascuno reagisce a questo evento attribuendogli un significato emotivo e cognitivo differente, a seconda di quelle che sono le sue premesse. Il grande sforzo che ci è stato chiesto di fare è di passare da una modalità relazionale caratterizzata da una vicinanza fisica, a una in cui questa è proibita o rischiosa. Non siamo abituati a vivere senza vicinanza fisica. Siamo abituati, anzi, a vivere la vicinanza e la distanza in relazione all’intimità. Più siamo in relazione intima con una persona, più ci permettiamo di avvicinarci e di toccarci. Una parte rilevante del nostro sentire si esprime con il corpo, dunque anche con il corpo in relazione, e oggi invece dobbiamo collegarci agli altri in modo virtuale. Gli schermi dei nostri computer o del nostro smartphone possono darci molto in termini di contatto, ma ci connettono con l’altro solo attraverso la vista e l’udito, escludendo gli altri sensi. Sono dunque una risorsa ma insieme anche una limitazione.
Molte coppie e famiglie in questi giorni sono state costrette a rimanere a stretto contatto 24 ore su 24. Quali possono essere stati gli effetti di questa situazione? Una convivenza forzata di questo tipo può rinsaldare un rapporto di coppia o può metterne a nudo le fragilità?
La convivenza mette coppie e famiglie dentro una situazione atipica. Non siamo abituati a vivere tutto il tempo della giornata nello stesso spazio con la nostra famiglia o con il nostro partner. Ma l’equilibrio relazionale viene spesso raggiunto quando i tempi di ciascuno sono bilanciati con i tempi dedicati alla relazione di coppia e alle relazioni familiari. Secondo il pensiero clinico di Philippe Caillè, una coppia funziona quando 1+1=3. Questa strana espressione matematica ci dice che una coppia funziona quando l’unione di due individui permette a entrambi di mantenere degli spazi di individualità e contemporaneamente consente di costruire insieme uno spazio più esteso delle loro individualità, che è lo spazio della coppia. Lo stesso si può dire della famiglia, composta da più individualità che interagiscono fra di loro. Inoltre, nella consuetudine, prima della quarantena, intorno a una coppia o una famiglia c’erano contatti interpersonali, alcuni dei quali appartenevano ad entrambi i partner o a tutti i membri della famiglia in egual misura, altri invece appartenevano a ciascun individuo in maniera diversa, altri soltanto specificamente a qualcuno. Quindi, la diversificazione delle attività lavorative e relazionali permetteva a ciascuno di continuare con la costruzione della propria esperienza personale, e di condividerne solo una parte con il partner. Non è così adesso, in cui gli spazi sono più costretti e i tempi sono per lo più dilatati. È quindi possibile che la coppia o la famiglia scoppi.
Ma è anche possibile che non sia così e che la situazione di lockdown venga vissuta da alcune coppie e da alcune famiglie come una risorsa. Mi viene in mente la battuta che circola sul web dell’adolescente che dice: “È caduta la connessione e ho incontrato alcune persone che mi stanno simpatiche e che girano per casa mia, dicono di vivere con me e di essere i miei familiari”. Fuori dalla battuta, penso che il tempo della reclusione possa essere un tempo in cui ci si dedica con meno fretta e meno pressioni alle relazioni familiari e di coppia, come se si zittissero molte delle voci che abitualmente sentiamo nelle nostre vite e che costituiscono anche un frastuono, e in questo modo venissero messe in risalto le voci dei nostri familiari. Da alcuni poi, la coppia e la famiglia sono viste come un rifugio sicuro, e mai come in questo momento riparano quindi dai pericoli di un mondo esterno che ci viene descritto come pericoloso.
In definitiva, la convivenza forzata può rinsaldare il rapporto di coppia e i legami familiari, oppure, al contrario può mettere a nudo le fragilità. La convivenza costante, la co-gestione della quotidianità che è fatta di desideri personali, necessità di coppia, bisogni familiari e impegni lavorativi può mettere in crisi coppie collaudate e famiglie armoniche, e diventare esplosiva per le coppie e le famiglie che vivevano già incomprensioni, tensioni e allontanamenti prima del lockdown. Talvolta purtroppo può anche raggiungere livelli in cui la violenza non riesce a essere fermata. Altre volte, invece, la convivenza dentro un tempo in cui ci sono meno distrazioni dal mondo esterno, dove i tempi possono essere più morbidi, permette di recuperare un contatto autentico e di accedere a una dimensione di familiarità più serena. Il tempo della quarantena può essere il tempo del ritrovarsi, del riscoprire aspetti dell’altro che si erano assopiti o che noi avevamo dimenticato.
Spesso ci si chiede come sopravvivere. Elenco due punti a questo proposito, tenendo conto che ogni elenco ovviamente risente di una necessaria generalizzazione e che può cadere nella banalità. Peraltro sono due punti di cui possiamo tenere conto anche oggi che è finita la Fase 1 e inizia una graduale riapertura verso l’esterno.
Punto primo: ricordiamoci che all’interno della coppia e della famiglia l’individualità mette ciascuno in una posizione cognitiva e affettiva diversa da quella dell’altro. La posizione di chi continua a lavorare fuori è diversa da quella di chi è in cassa integrazione o ha tramutato il suo lavoro in smart working; il ritiro sociale forzato di un adolescente smuove emozioni diverse da quelle del bambino che non può recarsi fuori per giocare con gli amici. Alcuni sono preoccupati dal punto di vista economico, altri possono essere timorosi del contagio, altri sentire un senso di soffocamento per essere reclusi, altri ancora intristirsi per l’isolamento. Rispettiamo quindi le diverse posizioni emotive e cognitive delle persone con cui viviamo e teniamo la mente aperta. Non interessiamoci, non parliamo solo di COVID-19, confrontiamoci su altri argomenti, facciamo fantasie sul futuro, ri-narriamoci il passato, pensiamo che l’altro può fare pensieri diversi dai nostri e non condividere la nostra opinione.
Secondo punto: facciamo attenzione al tempo e allo spazio. Ritagliamoci un tempo per noi, concordiamo con gli altri un tempo della condivisione, anche se sembra difficile soprattutto quando gli spazi sono ristretti e i tempi sembrano sovrapporsi. Proviamo a chiederci di che cosa sentiamo il bisogno all’interno delle possibilità che ci sono date e prendiamoci un tempo per qualcosa che ci aiuti a stare bene. Allo stesso modo, cerchiamo di rispettare gli spazi dell’altro e di far rispettare i nostri spazi, soprattutto se la vita insieme deve svolgersi in case molto piccole, dove è difficile trovare la propria quiete. E cerchiamo, anche, se ci è possibile, un tempo in cui fare concretamente delle cose insieme alle persone con cui viviamo, anche cose molto semplici e brevi, e proviamo a sentirne il piacere.
Al contrario invece molte coppie sono state impossibilitate a frequentarsi e vedersi di persona? Come si può rendere meno critico questo distacco? Che consigli darebbe alle famiglie e alle coppie che hanno sperimentato questa situazione?
Per rispondere a questa domanda è necessario spiegare prima cosa significa essere una coppia, soprattutto all’inizio di questa fase di riapertura. Forse possiamo definire una coppia come l’unione di due persone che stringono un patto tra di loro, tale per cui il loro legame si distingue da tutti gli altri rapporti che entrambi intrattengono al di fuori della coppia. Come se, intorno ai due partner, ci fosse un confine immaginario che ne delimita il territorio. Fanno parte di questo territorio tanti elementi: la fiducia reciproca, la sessualità, l’intimità in senso più lato e lo sviluppo di una progettualità a due. Questo confine, nel periodo di quarantena, è stato messo a rischio, almeno per molte coppie non conviventi. Ovviamente le reazioni alla quarantena possono essere ed essere state molto diverse tra loro in base a tanti fattori, alcuni relativi alla personalità di ciascun partner, altri legati alla stabilità della relazione prima del lockdown. Alcune coppie erano sufficientemente stabili, tanto da permettere a entrambi di stare a distanza senza sentirsi abbandonati e soli. Altre coppie erano in fase di costituzione o di evoluzione e possono essere state messe in crisi dal cambiamento dei progetti e dal cambiamento della fisicità. Altre ancora si sono formate sul bisogno di uno o di entrambi di superare le fragilità personali, e in queste ultime l’altro di solito viene visto come un prolungamento di sé, senza il quale la sopravvivenza propria è messa a rischio. Quindi la distanza è devastante.
Le coppie non conviventi hanno affrontato molti cambiamenti, che riguardano la possibilità di continuare a sentirsi in una relazione esclusiva, la sfera della sessualità, l’intimità, la progettualità. Immagini cosa vuol dire aver avuto in programma un matrimonio questa primavera e aver dovuto saltare questo appuntamento. Oppure può essere che, dentro questa quarantena, la progettualità abbia subito, nella realtà o nel desiderio, rallentamenti e accelerazioni in modo non consonante tra i due partner: qualcuno ha cercato di accelerare i progetti comuni, qualcun altro può aver cercato di rallentarli. E la sessualità, così come viene vissuta nell’incontro dei corpi, è rimasta a lungo sospesa. Oggi con l’inizio della Fase due per molti è di nuovo possibile vedersi di nuovo, ma non per tutti, non ad esempio per le coppie che vivono in due regioni diverse. La sessualità può essere sostituita da altre modalità di stimolazione erotica, verbale o visiva, che non erano magari presenti nella vita sessuale della coppia prima della pandemia. Le modalità attuali, tuttavia, precludono l’uso del tatto. E anche i gesti di tenerezza, lo scambio di coccole, di carezze, la morbidezza del contatto sono stati preclusi. Come conseguenza, spesso, l’altro che accoglie si fa più distante.
Anche qui è complesso dare consigli perché si dovrebbe tenere ben conto delle differenze individuali. Mi sembra però che sia importante, oggi e nelle fasi successive che ci porteranno alla riapertura, mantenere il partner in una posizione esclusiva. Una posizione diversa da quelle amicali o familiari, in modo che sia possibile rassicurare l’altro. Avere fiducia, tenere basso il controllo, muoversi nella direzione di rinforzare gli aspetti di un legame a distanza. Mantenere una comunicazione privilegiata con l’altro fa sentire l’altro speciale. E anche a distanza si può sviluppare un nuovo modo di comunicare, di scambiarsi effusioni d’affetto, anche nella sessualità. Possiamo trovare quindi nuove modalità per esplorare e mantenere l’intesa erotica. Inoltre è importante che ciascuno mantenga i propri interessi e i propri momenti senza cercare di essere presente in ogni istante della vita dell’altro. Fiducia significa anche fare passi da soli senza pensare che l’altro non ci sia più. Nei momenti di contatto cerchiamo di fare in modo che siano momenti di scambio autentico, nei quali ci si può permettere di comunicare non solo emozioni e pensieri positivi, ma anche emozioni e pensieri negativi. Sempre nel rispetto delle differenze, cioè sempre con il pensiero che ciò che sto provando e pensando io adesso non necessariamente è uguale, o è consonante, con ciò che sente e prova il mio partner.
Per chiudere, dentro alle relazioni di convivenza, sia di coppia che familiari, e dentro le relazioni a distanza, di coppia e familiari, io non credo che andrà necessariamente tutto bene, ma sono convinta che da ogni rischio e da ogni limite possa nascere un’opportunità. L’invito è di coglierla.
#unitohomecommunity