La crisi economica in Italia dopo il Coronavirus
Intervista al Prof. Bernardo Bertoldi, docente di Strategic Management al Dipartimento di Management dell'Università di Torino
Quali sono state e quali saranno le conseguenze economiche della Pandemia da Coronavirus? Quali scenari futuri ci attendono? Lo abbiamo chiesto al Prof. Bernardo Bertoldi, docente di Strategic Management al Dipartimento di Management dell'Università di Torino.
Prof. Bertoldi, quando sono scattate le misure di contenimento del COVID-19, si è spesso cercato il parallelo storico con la grande depressione del 1929. Secondo lei ci sono delle analogie? E quali invece le differenze?
Le analogie non sono molte, e secondo me è pericoloso usare un’analogia tout court per comprendere il contesto attuale. Marco Draghi ha parlato ad esempio di analogia con la guerra, qualcuno ancora con meno esattezza ha paragonato questa crisi a quella finanziaria del 2008. Tutti questi eventi storici hanno ragioni e impatti diversi. Nello specifico, la crisi del ’29 era in realtà una crisi finanziaria che poi ha generato una crisi economica e sostanzialmente era una crisi di sovra produzione. La crisi del 2008 è stato un terremoto nato da scosse telluriche nelle viscere del sistema finanziario, questa crisi è un maremoto e per ora siamo sulla spiaggia ad aspettare l'arrivo dell'onda anomala. Questa crisi è diversa perché arriva dal mercato. La domanda è stata, e sarà in alcuni settori, compressa o annullata per un certo periodo di tempo. La crisi di domanda si scaricherà sul sistema economico per poi arrivare sul sistema finanziario. Quindi facendo il percorso al contrario rispetto alla crisi del ’29 e del 2008. Le analogie sono poche anche dal punto di vista del contesto economico. Nel ’29 ad esempio non c’è stato nessun intervento delle banche centrali e quello dei governi fu saltuario e tardivo, mentre oggi le banche centrali sono protagoniste della politica monetaria e gli stati si indebitano per quanto possono al fine di intervenire a sostenere l'economia reale .
Quali sono i settori che hanno più risentito del blocco legato al Sars-COV-2? Ci sono invece dei settori che hanno avuto una spinta?
Per rispondere a questa domanda è necessario fare una distinzione tra due tipi di settori coinvolti. Da una parte i settori che hanno una domanda che si mantiene, dall’altra i settori che hanno una domanda “deperibile”. Nel breve termine l’impatto sarà legato principalmente al numero di mesi in cui, in alcuni settori, non si è lavorato o non si lavorerà. Facciamo degli esempi pratici. Quando sono state riaperte le barberie, anche se non ho dati strutturati, i barbieri hanno lavorato di più per smaltire uno stock di domanda che si è creato in questi tre mesi. Dall’altra parte invece, il ristorante che riapre non ha a che fare con una domanda che si è accumulata, la gente che torna al ristorante non mangia tutto quello che non ha mangiato nei tre mesi precedenti. Quindi, i barbieri hanno fatto a meno di tre mesi di domanda ma poi hanno recuperato, mentre i ristoranti non recupereranno più lo stock di domanda persa in quei tre mesi. Nel breve termine la diversa natura della domanda determinerà l'impatto sui settori.
In realtà, gli impatti che a me preoccupano di più sono quelli di medio termine, cioè dei prossimi 18-36 mesi, quando l'onda anomala arriverà sulle coste. Nel mondo della domanda che deperisce, i settori influenzati negativamente saranno tutti quelli che hanno nel loro dna lo spostamento e la vita comune. Il turismo e i viaggi di lavoro, per fare qualche esempio, sono attività che non solo avranno un danno per quest’anno, ma avranno un danno strutturale anche nei due anni successivi perché cambieranno le abitudini del consumatore. Tutte quelle attività che implicano un consumo personale, al contrario, potrebbero avere invece una crescita. I beni di investimento invece saranno sicuramente colpiti ancora di più nei prossimi 18-36 mesi e qualcosa di simile succederà per tutti i beni capitali, il mercato automotive risentirà molto di questa crisi. Al contrario invece, ci saranno investimenti rilevanti sulle ristrutturazioni e ammodernamenti degli immobili residenziali e una contrazione di domanda in quelli commerciali e per ufficio.
L’Inps ha ricevuto, per il periodo 1 marzo - 9 maggio 2020, periodo di lockdown per l’emergenza sanitaria, 372.894 domande di disoccupazione, con un aumento del 40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Quali sono le sue previsioni o le sue ipotesi per i prossimi mesi per quanto riguarda il mercato del lavoro italiano?
Secondo me si comincerà a capire qualcosa verso settembre. I primi dati in Italia sono terribili, ma se guardiamo i dati dei Paesi dove il lavoro è più fluido sono ancora peggio. Alcuni manager americani da me intervistati hanno rivelato di aver avuto riduzioni del fatturato del 90% e ridotto i costi variabili del 90%. Hanno cioè “sterminato” l’organizzazione e le persone che lavoravano in quelle attività. Io spero e credo, i dati un po’ ce lo dicono, che questo in Italia non stia succedendo. Noi abbiamo un sistema meno fluido e questo è un passaggio che un po’ ci aiuterà ad avere un impatto meno forte, ma come dicevo sarà a settembre che sapremo la verità. Gli interventi del governo e la cassa disponibile possono tenere le aziende in piedi per qualche mese, poi solo il mercato può decidere se e chi sopravviverà.
Quali possono essere le conseguenze di questa crisi economica nel medio-lungo periodo?
Onestamente non lo so, ma sono sicuro che assisteremo ad un cambiamento radicale. Sarà un cambiamento che per la prima volta dopo tanti anni inciderà sul modo di pensare e sul modo di vivere delle persone, che poi sono anche i consumatori. Si incomincia già ad intravedere molta più attenzione al risparmio, molta più attenzione alle cose semplici, molta più avversione al rischio, molta poca voglia di fare consumi smaccatamente voluttuari. Questo ritorno alla “concretezza” si porta dietro tutto il cambiamento di un sistema di produzione che quel consumo lo deve soddisfare. Il modo con cui le aziende proporranno i prodotti cambierà e credo che questo durerà a lungo, perché una crisi di questa portata si imprime nella memoria collettiva delle persone e quindi dei consumatori.
Parliamo invece dei rimedi. Si può provare a contrastare gli effetti della crisi? Se sì, in che modo si possono aiutare le imprese e le aziende che hanno accusato più il colpo?
Io credo che la responsabilità più grande ce l’abbiano i manager, perché devono decidere come sarà la loro azienda in questa nuova normalità che ci aspetta. Le aziende dovranno evolvere, dovranno adattarsi ad un contesto competitivo che sarà completamente mutato e la cosa affascinante dal punto di vista della “distruzione creatrice” è che questo cambiamento deve iniziare adesso, anzi è già iniziato. Le aziende stanno sperimentando, stanno testando, stanno cercando di capire come cambiano i consumatori, come cambia la competizione, come reagiscono i concorrenti. È evidente che ci stiamo spingendo in un mondo a noi sconosciuto e quindi è necessario capire come adattarsi a questo mondo per rimanere in vita e crescere poi dopo. L’università può avere un ruolo in tutto questo perché può dare alle aziende studenti preparati che, nel disastro che abbiamo intorno, hanno un enorme vantaggio, ovvero la capacità di leggere la realtà senza il retaggio del passato.
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