Intervista a Carlotta Gilli, la studentessa UniTo regina delle Paralimpiadi di Tokyo 2020
Due ori, due argenti, un bronzo e un record del mondo per la nuotatrice torinese iscritta al primo anno di Psicologia all'Università di Torino
Con cinque medaglie in altrettante finali è stata la regina italiana delle Paralimpiadi di Tokyo 2020. Carlotta Gilli, 20 anni, nuotatrice delle Fiamme Oro e studentessa di Psicologia all’Università di Torino è l’atleta azzurra più vincente di questa edizione dei Giochi. Stile libero, dorso, farfalla e rana sono le discipline che pratica da quando aveva quattro anni, e che le hanno permesso di vincere titoli e medaglie a livello nazionale e internazionale. Da piccola le è stata diagnosticata la malattia di Stargardt, una retinopatia degenerativa su base genetica che ha fatto diminuire la sua vista progressivamente, da 10/10 a 1/10 nell’arco di sei anni. Si tratta di una patologia rara, che colpisce una persona su diecimila, ma che non le ha impedito di diventare una delle nuotatrici più forti al mondo.
Due ori, due argenti e un bronzo. Oltre a un record del mondo e un record paralimpico. Un bilancio più che positivo.
Da questi Giochi Paralimpici di Tokyo 2020 non potevo chiedere di più, sono davvero felicissima. Se ti dicessi che me lo aspettavo ti direi una bugia, di sicuro lo speravo. Sapevo che sarebbe stata durissima perché ho gareggiato contro le atlete più forti di sempre, nuotatrici che hanno migliorato le loro prestazioni rispetto al passato e che mi hanno spinto a dare il meglio.
Per te sono state le prime Paralimpiadi. Oltre alle gare e alle vittorie, che tipo di esperienza è stata Tokyo 2020?
È stata un’emozione dopo l’altra. Già prima di partire, quando ho ricevuto la convocazione e siamo stati ricevuti dal Presidente della Repubblica, che ci ha consegnato il tricolore che abbiamo portato con noi durante la cerimonia d’apertura, è stata un’esperienza bellissima. Poi l’arrivo al villaggio Olimpico di Tokyo e la prima volta che ho messo piede nell’Aquatics Centre, sono state tutte emozioni indescrivibili che non dimenticherò mai. Si tratta di un evento che non si può spiegare, è tutto più grande, enorme, ti senti una formica. La prima mattina che ho passato in camera di chiamata, prima della gara, mi sembrava davvero di non esser più capace di nuotare, tanta era l’emozione.
Come si gestisce tutta quella pressione alla tua età?
Ho avuto la fortuna di condividere la gara d’esordio con Alessia Berra, una mia compagna di squadra più esperta che aveva già partecipato ad altre Paralimpiadi, tanto che è stata soprannominata “Mamma Chioccia”. Per me invece era la prima esperienza olimpica. Mentre sei lì non te ne rendi conto, la sera ci mettevo un’ora ad addormentarmi tanta era l’adrenalina tra una gara e l’altra. Solo ora, con la tensione che inizia a scendere, capisco quando mi dicevano che i Giochi sono una manifestazione completamente diversa da tutte le altre.
Nuotatrice plurimedagliata, ma anche studentessa iscritta al primo anno di Psicologia all’Università di Torino. Cosa ti ha spinto a scegliere questo percorso accademico?
Il mio sogno è fare il master in psicologia dello sport, così da “immergermi” in prima persona in un percorso di studio perfetto per me. Solo che prima c’è la triennale in psicologia. Ho già superato alcuni esami del primo anno, ma in questo periodo per me è stato impossibile prepararne altri. Mi sono appassionata alla materia perché la mia madrina ha preso la seconda laurea in psicologia e, mentre studiava, ho capito che quella sarebbe stata anche la mia strada. L’aspetto mentale per noi atleti è fondamentale, io lo vivo sulla mia pelle quotidianamente.
Come fai a conciliare la vita da atleta con quella da studentessa?
È molto difficile. Bisogna essere molto ben organizzati, il tempo che dedichiamo allo sport è davvero tantissimo quindi gli unici momenti buoni per studiare sono i ritagli di tempo tra un allenamento e l’altro. Tutto ciò diventa più semplice quando, dall’altra parte della cattedra, hai qualcuno che ti viene incontro. Mentre ero al liceo, all’Istituto Salesiano Valsalice, sono entrata nella Nazionale Italiana di Nuoto Paralimpico, quindi mi capitava di stare lontano dalla scuola anche per un mese intero, ma ho avuto la piena disponibilità da parte dei professori che hanno compreso la mia situazione. Anche se, ci tengo a sottolinearlo, non ho mai voluto né chiesto sconti di alcun tipo.
Dopo 5 medaglie alle Paralimpiadi, quali sono i prossimi obiettivi?
Il sogno nel cassetto è arruolarmi in Polizia, diventando la prima atleta paralimpica nella storia a riuscirci. Faccio già parte delle Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato ma, a differenza degli atleti olimpici che sono arruolati a tutti gli effetti, noi siamo poliziotti “finti”, in quanto non effettivamente in servizio. Per fortuna c’è stata una riforma legislativa che, se tutto va bene, consentirà anche a noi atleti paralimpici di arruolarci. Poi l’anno prossimo ci sono i mondiali, quindi tra un po’ si torna in vasca per preparare questa nuova sfida. Ora però mi godo un mese di vacanza, anche per metabolizzare l’esperienza di Tokyo e cercare di capire cosa ho fatto. Perché ancora non me ne rendo conto.