Intervista alla germanista Chiarloni: "La vita a Berlino Est cambiò in un lampo"
Dal 1989 agli anni successivi alla caduta del muro, il racconto della professoressa emerita di Letteratura Tedesca dell’Università di Torino e testimone diretta degli avvenimenti che portarono alla riunificazione delle due Germanie
In occasione del trentennale della caduta del Muro di Berlino, abbiamo intervistato Anna Chiarloni, germanista e professoressa emerita di Letteratura Tedesca dell’Università di Torino. Ha tenuto corsi e seminari nelle università di Brema, Essen, Filadelfia, Parigi, Sarajevo e Saratow e pubblicato saggi e contributi su Johann Wolfgang von Goethe, Heinrich von Kleist, Christa Wolf e il dibattito letterario negli anni della DDR fino alla riunificazione tedesca. La professoressa Chiarloni è stata inoltre testimone diretta degli avvenimenti che portarono alla riunificazione delle due Germanie.
Che atmosfera si respirava a Berlino nell’autunno del 1989? Si pensava che il muro crollasse a breve?
La situazione era drammatica. Non tanto per i cortei del lunedì che di settimana in settimana s'ingrossavano sia a Dresda che a Lipsia e Berlino, quanto perché attraverso il confine ungherese, aperto fin dall'estate verso l'Austria, passavano in occidente intere famiglie di cittadini DDR mentre altri si ammassavano nelle ambasciate tedesco-federali a Praga e a Varsavia chiedendo di essere evacuati in treno oltre il confine del blocco sovietico. Il timore di una reazione violenta di Honecker, allora Presidente del Consiglio di Stato, era diffuso – d'altra parte ben presente era la brutalità con cui pochi mesi prima, nel giugno del 1989, era stata soffocata dal governo comunista di Pechino la protesta di Piazza Tienanmen. Bisogna però aggiungere che il governo aveva ben salde nelle mani stampa e televisione – dunque c'era tensione, questo sì, ma la vita quotidiana continuava a fluire con una certa normalità e nessuno si aspettava che il Muro potesse crollare. Ancora in settembre – Gian Enrico Rusconi ed io eravamo ospiti dell'Accademia delle Scienze – il “Neues Deutschland” esibiva foto di repertorio di una folla che dimostrava a favore del socialismo. È in ottobre che il clima cambia in modo repentino: la polizia carica i dimostranti - tra loro c'è anche Annette, la figlia di Christa Wolf – verranno arrestati e costretti a stare tutta la notte in piedi con le mani contro il muro, senza cibo ne acqua, scherniti e vessati. Ma erano gli ultimi guizzi di un sistema che, grazie alla perestroika di Gorbaciov, stava ormai disgregandosi.
Dov’era quando apprese la notizia della caduta del muro e che sensazione provò?
Ero a Torino, la sensazione fu di stupore ma anche di gioia immensa - e di grande commozione.
Quale fu la reazione degli intellettuali della DDR al repentino cambiamento?
Inizialmente molti s'illudono di poter riformare la DDR dall'interno. Nei mesi successivi al varco nel Muro – da novembre a marzo – si registra la formazione di diversi gruppi politici cui aderiscono intellettuali di vario genere - scrittori, accademici, registi di cinema e teatro, diversi scienziati, sopratutto fisici: una fascia della popolazione ostile a una fusione con la Germania di Bonn e convinta di poter arrivare a una confederazione tedesca, ossia a uno Stato binazionale, nell'ambito del quale salvare le fondamenta originarie di una società autenticamente socialista. Ma qui entra in gioco l'abilità politica di Kohl, il Cancelliere che passerà nella storia come il fautore della riunificazione: il 28 novembre annuncia il suo programma in 10 punti, inizia così una campagna elettorale puntata su generose promesse di “benessere per tutti” che culminerà nelle elezioni del marzo 1990, le prime elezioni libere nella DDR. E la vittoria dei partiti sostenuti da Bonn sarà strepitosa.
Con l’inizio degli anni ’90 quale scenario si aprì per la Germania riunificata?
Per dirla con un titolo di Stefan Heym, dopo l'euforia, dopo i 100 marchi di benvenuto elargiti da Kohl ai cittadini DDR che passavano il confine, ha inizio il Mercoledì delle ceneri. Non ripeto qui le cose raccontate a Chiara Simbolotti nell'intervista pubblicata dalla Rivista storica dell'Università di Torino. I licenziamenti, il ripristino della proprietà privata nella ex-DDR, il massiccio esodo verso occidente dei più giovani in cerca di lavoro – sono fatti noti. Mi limito a episodi minori - ma in presa diretta. Quei primi mesi del '90 li ho vissuti a Berlino. Ricordo che, ancor prima della riforma monetaria (giugno del '90), si respirava un'aria di liquidazione totale dell'economia DDR. Il cambio del marco orientale rasentava ormai l'1/11 a favore di quello occidentale e nei negozi si vedevano frotte di turisti che acquistavano merce a tutto spiano, corredi da neonato e vestiario per l'infanzia soprattutto, una merce che nei paesi socialisti era era sempre stata particolarmente conveniente e ora, col nuovo cambio della valuta, pareva quasi regalata. Il clima era di sgombero totale. Un altro aspetto stupefacente: la rapidità con cui le imprese occidentali si sono insediate nel mercato di Berlino Est. La riunificazione tedesca ha luogo il 3 ottobre 1990 e da quella data partirà poi la privatizzazione completa della “proprietà del popolo”, ossia l'acquisizione del 90% della DDR da parte del capitale occidentale; ma già in febbraio si poteva osservare quel fenomeno da manuale che si suol definire dumping. Mi spiego con un caso per così dire domestico. Nella DDR le cooperative agricole fornivano uno yogurt di ottima qualità, confezionato dentro vasetti di vetro, sigillati con un modesto tappo di cartone riciclato, su cui era stampigliata la nuda data di scadenza. Tempo poche settimane dal crollo del Muro, gli scaffali dei supermercati si riempiono di yogurt Danone, non solo imballato in plastica e seducenti cartoni variopinti di frutti, ma sopratutto a costo bassissimo. Già, perché mantenere il prezzo sottocosto per una multinazionale che ha un fatturato di miliardi è quasi un trastullo se poi si mette piede in quel quel mercato eliminando la concorrenza. Il che è puntualmente avvenuto: Danone andava a ruba mentre lo yogurt delle cooperative faceva la muffa. E sia detto per inciso: le cooperative chiusero rapidamente i battenti, mentre la Danone distribuisce oggi i suoi prodotti anche in Russia!
Quanto è ancora centrale il muro nell’attuale narrativa tedesca?
Non è tanto il Muro a costituire un tema portante, quanto piuttosto la perdita d'identità storica nei cittadini tedesco-orientali, già affrontata a suo tempo da G.Grass. Colpisce il fatto che questo disagio sia presente anche nelle nuove generazioni, che pure hanno ampiamente goduto della nuova libertà. Jenny Erpenbeck ad esempio, nota scrittrice nata nel 1967 a Berlino Est, in un recente incontro con gli studenti dell'Oklahoma University, ha lamentato il fatto che la DDR sia stata drasticamente confinata “nell'angolo morto” della Storia. Col risultato che i cosiddetti Ossis vengano percepiti a ovest come “fehlerhaft” - ossia come i tedeschi sbagliati, destinati a portarsi addosso una sorta di “reato d'esistenza”. Si continua insomma a percepire un senso di perdita – e questo a mio parere è uno dei motivi del successo dei nuovi movimenti di destra, come si è visto nelle recenti elezioni in Sassonia e in Turingia. Ma c'è anche chi – come Ingo Schulze – ripercorre in chiave semi-comica gli ultimi anni di storia tedesca. Il suo Peter Holtz infatti (Feltrinelli 2019), è un giovane comunista che plana oltre la svolta del 1989 sulle ali della fortuna. Milionario suo malgrado, presto si accorge di vivere in un mondo prezzolato. Finirà in manicomio ma non senza consegnarci, sorridendo pacificato, il suo attualissimo messaggio: “O fratellanza o barbarie”.
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