Inquinamento e cambiamenti climatici hanno accelerato la diffusione del Coronavirus?
Intervista al Prof. Roberto Bono, docente di Igiene e Sanità Pubblica al Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell'Università di Torino.
Esiste una correlazione diretta fra epidemia di coronavirus e inquinamento atmosferico? Secondo un recente position paper della Società Italiana di Medicina ambientale il particolato atmosferico è un vettore di trasporto di virus e ne accelera quindi la diffusione. Secondo i ricercatori che hanno lavorato al documento, questo potrebbe offrire una spiegazione circa la massima diffusione dell’epidemia in Pianura Padana, probabilmente la zona più inquinata d’Italia e tra le più inquinate d'Europa. Ne abbiamo parlato con il Prof. Roberto Bono, docente di Igiene e Sanità Pubblica al Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell'Università di Torino.
Prof. Bono, l'inquinamento atmosferico del Nord Italia ed in particolare della Pianura padana potrebbe avere dato un contributo alla diffusione di Sars Cov2?
Innanzitutto bisogna fare una premessa generale: la comunità scientifica nazionale e internazionale conosce molto poco di questa grave pandemia, perché capita per la prima volta, e quindi si sta attrezzando verso i più ampi approfondimenti possibili. Certo è che una concomitanza non può non essere messa in evidenza. La Pianura Padana, in Europa, è quell'area geografica dove notoriamente da sempre l'inquinamento atmosferico è più elevato. È più elevato nonostante le normative sull'argomento siano uguali in tutto il territorio europeo. Questo significa che la Pianura Padana ha una conformazione geografica particolare rispetto al resto d'Europa. I movimenti dell'aria in questa regione sono più limitati e quindi, a parità di emissione di inquinanti la Pianura Padana risulta più inquinata del resto d'Europa. Ha la forma di un catino dove il movimento dell'aria risulta più difficile. La concomitanza di cui parlavo prima è che la Pianura Padana è anche il luogo, in questo momento in Europa, dove massima è l'espressione di questa terribile epidemia. È sicuramente un'associazione importante da studiare e approfondire, noi non abbiamo ancora solidi risultati che ci confermino quest'osservazione. È inquietante la sovrapposizione tra ciò che sta succedendo per il Coronavirus nella Pianura Padana e quello che è il livello di inquinamento atmosferico, che ribadisco: a parità di emissioni in tutta Europa nella Pianura Padana è più elevato. Tra molti studiosi di tutta Europa si stanno organizzando protocolli di studio volti ad approfondire questo tema.
Il particolato atmosferico è un efficace vettore di trasporto e diffusione anche per i virus?
Direi proprio di sì, anche qui con tutta la prudenza del caso. Il particolato atmosferico ha una particolarità molto importante, è un po' come la nebbia che si sa essere un carrier, un trasportatore. Il particolato non solo è un problema dal punto di vista quantitativo, più ce n'è più può presentare un rischio per la salute, ma è un problema anche dal punto di vista qualitativo, nel senso che può essere qualitativamente differente a seconda del luogo dove si forma, a seconda delle caratteristiche economiche e produttive delle diverse aree. In altre parole il particolato può essere qualitativamente (tossicologicamente) differente confrontando il particolato di Torino con quello, ad esempio, di Verona. Il particolato oltre che essere un problema di per sé - tossico ed irritante - è anche in grado di veicolare qualsiasi tipo di gas o particella al suo interno o sulla sua superficie. In altre parole, il particolato è un fattore di rischio per due ragioni: la prima è che può entrare tanto più in profondità nell'albero respiratorio quanto più esso è piccolo, ma anche perché è in grado di veicolare molti fattori di rischio all'interno dell'organismo umano, e quindi certamente anche virus e batteri.
Quanto incidono i cambiamenti climatici nella diffusione del virus?
Questo è un altro tema fondamentale direi. Io ho l'impressione che incidano in modo importante. Nella Pianura Padana, ritornando alla domanda di prima, non piove da molti mesi e nevica pochissimo. Il clima sta cambiando, e ciò è ormai misurato in maniera incontrovertibile. Questo significa che i cambiamenti climatici hanno un ruolo, quanto grande non lo sappiamo ancora. La qualità dell'aria passa anche attraverso la quantità di precipitazioni e di deposizioni al suolo e le sue diminuzioni determinano il peggioramento della qualità dell’aria e di ciò che essa veicola. Queste tematiche sono infatti collegate l'una con l'altra. Le politiche preventive per la tutela della salute umana rivolte, ad esempio, alla qualità dei combustibili, dei motori e della mobilità, sono state e sono fondamentali, operando in modo efficace verso il contrasto all’inquinamento atmosferico e, conseguentemente, ai cambiamenti climatici. In più, seppur in modo indiretto, si può ipotizzare che una trasformazione delle condizioni ambientali e climatiche possa anche favorire mutazioni genetiche anche di alcuni virus con i quali conviviamo da sempre, e portare all’attuale drammatico problema di salute pubblica.
Parlando della sola situazione italiana, quanto ha influito la conformazione orografica nel contagio? E quanto potrebbero influire migliori politiche di prevenzione ambientale nelle città della Pianura Padana?
La conformazione orografica certamente fa pensare ad una parte della nostra nazione più fortunata e una parte meno fortunata, anche se gli studi di questa natura hanno bisogno di tempi lunghi per portare a risultati solidi. Tendo ad essere sospettoso quando vedo dei risultati sugli effetti dell’inquinamento atmosferico, riferiti a pochi giorni e che vengono troppo disinvoltamente estrapolati verso significati troppo ampi. La conformazione dell'Italia può influire nella realizzazione di queste situazioni. L'inquinamento atmosferico è più elevato nella Pianura Padana rispetto al resto d'Europa e il fatto che l'incidenza maggiore di questa terribile patologia di origine virale oggi sia proprio nella Pianura Padana, mi fa pensare ad una associazione non casuale. Io sono convinto, forte di numerosi studi da me eseguiti, che un ruolo positivo importante ce l'abbiano le politiche di prevenzione ambientale sulla promozione della salute. Le città sono evidentemente condizionate dall'attività dell'uomo, sono diversi gli studi che evidenziano il ruolo, anche magari piccolo, di alcuni inquinanti chimici e e biologici (ad esempio i pollini), che possono portare ad una crescita degli accessi al pronto soccorso pediatrico per ragioni respiratorie acute. Le politiche di promozione qualitativa dell'ambiente urbano e della mobilità certamente possono giocare un ruolo importante nel miglioramento della salute pubblica, e come i fatti tristissimi di queste settimane ci dimostrano probabilmente anche in termini biologici e non solo chimici.
#unitohomecommunity