Il cranio della discordia nel Museo Lombroso
Il cranio del brigante ottocentesco Villella è rivendicato dal comune di nascita: perché l’Università di Torino si oppone.
C’è un cranio umano al centro della vertenza tra l’Università di Torino e il Comune calabrese di Motta Santa Lucia. Si tratta del cranio, conservato al Museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso”, di un brigante dell’800, Giuseppe Villella, originario del comune in provincia di Catanzaro.
Catalogato da Cesare Lombroso senza particolari osservazioni al momento dell’autopsia nel 1864, il cranio viene riesaminato dallo studioso alcuni anni più tardi e la sua forma suggerisce l’intuizione per la teoria dell’Atavismo: una teoria dimostratasi successivamente falsa, ma che all’epoca godette di notorietà.
Da alcuni anni, il Comune di Motta di Santa Lucia è in causa con l’Università di Torino per ottenere la consegna del cranio e dei resti di Villella; nella vertenza è intervenuto anche un comitato spontaneo, il comitato “No Lombroso”, che nega la legittimità dell’esposizione del cranio nel museo e ne richiede la sepoltura.
Unitonews ha incontrato il prof. Giacomo Giacobini, Presidente del Sistema museale dell’Università di Torino e il prof. Sergio Foà, Delegato del Rettore per le questioni legali dell’Università, che hanno spiegato come il cranio, in quanto bene culturale, sia tutelato dal codice dei Beni Culturali e del Paesaggio – nonché da un parere favorevole all’Ateneo espresso dallo International Council of Museums (ICOM) – e assolva, collocato nella cornice del museo Lombroso, a una funzione fondamentale nel campo dell’educazione museale: dimostrare al mondo come la scienza, mettendo continuamente in discussione le proprie teorie, proceda anche per errori.