Come i musei sconfiggeranno il Coronavirus
Quale futuro per i luoghi d'arte dopo la pandemia? Ne abbiamo parlato con la Prof.ssa Maria Beatrice Failla, docente di Museologia e Storia del restauro di UniTo
Dal 18 maggio si stanno progressivamente riaprendo i musei italiani. Il giorno scelto dal governo, che ha decretato l’inizio del secondo step della Fase 2 dell’emergenza Coronavirus, ha coinciso con le celebrazioni dell'International Museum Day promosso da ICOM, l’International Council of Museums ovvero la principale organizzazione internazionale che rappresenta i musei e i suoi professionisti. Sono molte le domande che aleggiano attorno alla questione, da come i luoghi d’arte potranno adattarsi alle normative a come cambierà la fruizione. Le abbiamo poste alla Prof.ssa Maria Beatrice Failla, docente di Museologia e Storia del restauro del Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, che, tra l'altro, ci ha anticipato l'avvio di una piattaforma di osservazione e monitoraggio delle attività digitali dei musei in vista di una conferenza internazionale online che si svolgerà a fine giugno, organizzata dal suo Dipartimento in collaborazione con ICOM Italia e AVICOM (il comitato internazionale di ICOM per l'Audiovisivo e le Nuove Tecnologie).
Riaprono i musei ma con delle limitazioni, quali gli svantaggi e i vantaggi (se ce ne sono)?
La riapertura dei musei è uno dei segnali più confortanti di questo periodo. Le istituzioni museali — anche se spesso, in condizioni che esulano dalle emergenze, si tende a considerare il loro ruolo un po’ sottotraccia, quasi come se fossero dei luoghi di educazione e diletto non indispensabili — sono invece tra i collanti più significativi della nostra identità sociale e culturale. Riaprire nuovamente al pubblico vuol dire riallacciare un legame fondamentale con i pilastri sui quali si fonda la coesione delle nostre comunità. Certamente le misure di precauzione comportano anche delle limitazioni nelle modalità di accesso e la necessità di rimodulare l’esperienza della visita, ma se si guarda oltre la rincorsa ossessiva al numero dei visitatori che ha costituito in questi anni quasi l’unico metro di giudizio dei nostri musei, è possibile scorgere delle inaspettate nuove formule di narrazione che prevedano esperienze più raccolte e dilatate nel tempo, una lenta degustazione che i visitatori possono scoprire come una nuova chiave di accesso al patrimonio culturale, riappropriandosi anche delle testimonianze più prossime spesso destinate ai grandi flussi turistici e trascurate a livello locale e territoriale.
Quale è stato l’utilizzo della rete e delle tecnologie digitali da parte dei musei nel lockdown? Questo ha mantenuto il legame con il pubblico?
Come per tutte le applicazioni del panorama educativo e culturale, in questi mesi di lockdown, le risorse digitali si sono rivelate uno strumento formidabile per mantenere vivo uno degli aspetti imprescindibili del museo e del patrimonio culturale in generale: la fruizione da parte del pubblico, senza il quale le opere stesse non avrebbero ragione di esistere. In pochissime settimane, dalla Cina, all’Europa, agli Stati Uniti, i musei si sono attrezzati per trasportare online le attività di comunicazione, educazione e valorizzazione delle loro collezioni in un rincorrersi di visite virtuali, podcast, attività didattiche, riversando sui social media flussi imponenti di informazioni e interazioni che hanno mantenuto saldo e in molti casi alimentato il legame con il pubblico. Certamente, per chi studia e lavora nei musei, questo è un momento fondamentale per raccogliere e interpretare questi dati e per monitorare le trasformazioni in corso. Proprio la necessità di ragionare insieme sui nuovi possibili orizzonti di collegamento tra attività analogiche e virtuali che si potranno aprire dopo l’emergenza Covid ci ha spinto ad avviare una piattaforma di osservazione e monitoraggio delle attività digitali dei musei, ne discuteremo alla fine di giugno insieme ad Anna Maria Marras, assegnista di ricerca Unito e coordinatrice della Commissione Tecnologie digitali per il patrimonio culturale di ICOM Italia, in una conferenza internazionale, ovviamente online, Middle-digital earth: Museums between digital and emergency. Data, stories and impact, organizzata dal Dipartimento di Studi Storici in collaborazione con ICOM Italia e AVICOM. Parteciperanno operatori museali e rappresentanti di network internazionali, tra i quali Nancy Proctor, curatrice della conferenza mondiale Museum&Web e Sree Sreenivasan, esperto di Digital Innovation e già responsabile delle strategie digitali del MET e della città di New York, che ha monitorato l’emergenza Covid19 in un quotidiano Global Show.
Ci sono lavori museali che hanno continuato durante il lockdown? Quelli, per esempio, relativi al mantenimento delle opere d'arte?
In molti casi i musei hanno continuato, seppure in modalità ridotta, le loro attività, soprattutto negli ambiti della conservazione e del restauro, che rientrano nelle loro mansioni fondamentali. Alcune istituzioni internazionali, come ICOM International e l’American Alliance of Museum hanno diffuso inoltre delle linee guida sulla gestione delle misure di sicurezza e sulla necessità di intensificare le azioni di salvaguardia delle collezioni in una situazione di emergenza che non coinvolgeva direttamente le opere ma poteva allentare i meccanismi di sorveglianza e il monitoraggio ambientale. Certamente l’emergenza ha portato al pettine tutti i nodi sulle professioni museali e sull’autonomia di gestione economica, anche a livello internazionale, dei musei più piccoli e dei musei privati o a compartecipazione privata, per i quali il calo dei visitatori genera dei problemi di bilancio e di sopravvivenza. Negli USA l’Association of Art Museum Directors per la prima volta nella sua storia ha autorizzato la vendita di opere delle collezioni per sostenere i bilanci dei musei, un fenomeno che sicuramente avrà delle ripercussioni sul lungo periodo.
Una pandemia quanto mette in discussione la relazione fisica con le opere d'arte?
Questa è una delle questioni più interessanti: i momenti di crisi sociale, i conflitti, gli eventi bellici, gli eventi sismici e le catastrofi naturali hanno sempre generato, come effetto collaterale, una spinta verso una maggiore attenzione alla tutela del patrimonio culturale e ad una necessità collettiva di riappropriarsi dei beni e delle radici comuni. Le epoche di “ricostruzione”, come quella del secondo dopoguerra, hanno segnato ad esempio una fase di vivacissime trasformazioni per i contesti museali, che hanno ridisegnato le modalità di presentazione delle opere e hanno rifondato il rapporto con i visitatori su nuovi presupposti.
Gli effetti della pandemia, che ha reciso per la prima volta in maniera repentina e a livello globale il contatto tra opere e visitatori, avranno sicuramente delle conseguenze sulla nostra percezione della relazione fisica con le opere d’arte: così come per le relazioni umane ci potremo accorgere, ad esempio, che la comunicazione digitale non sostituisce il contatto fisico con il patrimonio ma ne amplifica la necessità mantenendo vivo e sempre attuale il messaggio che le opere trasmettono e che oltrepassa i nostri confini biografici.
Qual è il ruolo dei musei nella vita sociale di un Paese?
I musei sono dei meravigliosi sismografi delle società, custodiscono il passato e anticipano il futuro e sono dei dispositivi indispensabili per comprendere, ad esempio, la relazione tra tradizione e innovazione, tra identità e inclusione. In questo momento storico vibrano con una intensità che non si registrava da molto tempo e potranno certamente fornire le chiavi di lettura per questa fase di reazione alla pandemia. Un’impellenza che è emersa fin da subito è poi quella di documentare l’emergenza, di raccogliere oggetti e testimonianze materiali che potranno costituire le basi del racconto collettivo di questi mesi, tra i fenomeni da registrare è inoltre il CovidARTMuseum, uno spazio digitale creato per catturare la reazione degli artisti contemporanei che in molti casi (Banksy e AIWW tra i più celebri) si sono spesi per sostenere istituzioni sanitarie ed ospedali.
#unitohomecommunity