Emergenza Coronavirus e DAD, siamo davvero all’inizio di una trasformazione digitale della didattica?
Lo abbiamo chiesto a Simona Tirocchi, docente di Sociologia dei media digitali e Sociologia dell’educazione al Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino
L’introduzione di tecnologie dell’informazione e della comunicazione nel campo della didattica ha avuto una decisa accelerazione nelle ultime settimane. Per l’emergenza Coronavirus da un giorno all'altro bambini e ragazzi si sono ritrovati a casa da scuola, il risultato è stato che, inaspettatamente, studenti, famiglie e insegnanti si sono dovuti cimentare, spesso per la prima volta, con la didattica a distanza. Ma eravamo preparati per tutto questo? Lo abbiamo chiesto a Simona Tirocchi, docente di Sociologia dei media digitali e Sociologia dell’educazione al Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino, che da molti anni si occupa di Media Education e rapporto tra tecnologia ed educazione.
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Professoressa, l’incontro con la didattica a distanza è stato inaspettato per tutti, studenti, famiglie e insegnanti. Eravamo pronti?
In questo momento di emergenza ci siamo sicuramente trovati a vivere un grande cambiamento sociale conseguente a questo momento di forte crisi che non ci aspettavamo e che ha messo in discussione anche le nostre identità. Noi docenti pensavamo di non essere preparati, anche come università mai avremmo immaginato di trovarci a dover gestire la didattica e tutte le altre attività da casa. Però abbiamo reagito subito e siamo riusciti a costruire un’offerta didattica assolutamente sostenibile che ha incontrato il favore degli studenti, almeno da quello che ho potuto constatare con la mia esperienza.
L’Università di Torino ha erogato e sta tuttora erogando corsi online che stanno cercando di venire incontro alla necessità di ristrutturare gli spazi e i tempi della didattica - perché poi stiamo parlando di questo - in un momento in cui è impossibile poter frequentare i luoghi tradizionali della formazione.
Per la scuola forse è stato un po’ più faticoso perché è dipeso più dalle competenze del singolo insegnante, dall'avere avuto la possibilità di affrontare in passato dei progetti legati alle nuove tecnologie e quindi dalla sua familiarità con gli strumenti tecnologici.
Quali sono le soluzioni più comuni adottate fino a questo momento?
Di soluzioni ce ne sono molte e tra scuola e università in questi giorni stiamo sentendo parlare di tantissime piattaforme, quindi ciascuno in qualche modo sceglie quella che gli è più congeniale. Sicuramente come tipologie di lezione abbiamo lezioni in live streaming, quelle videoregistrate, le slide con contenuti audio e poi naturalmente la soluzione diffusa che deve tenere insieme tutto questo è l’uso della piattaforma, ad esempio Moodle, quella che usiamo noi come Università di Torino. Moodle è essenziale per creare dei percorsi di apprendimento integrato in cui possano trovare un senso proprio gli strumenti di cui abbiamo parlato prima, perché nelle piattaforme studenti e docenti possono interagire e costruire il sapere in modo negoziale e partecipato. Infatti gli ambienti di apprendimento digitale favoriscono delle forme di interazione con il docente ma soprattutto tra pari, forme di interazione che vanno oltre la semplice fruizione dei materiali. Mediante forum di discussione fatti di dialogo e di collaborazione infatti i ragazzi apprendono in modo orizzontale e non gerarchico e sperimentano così nuove modalità di apprendimento.
Quali sono invece le principali criticità?
Le criticità naturalmente ci sono, non è sicuramente un percorso completamente lineare. Una criticità risiede nell'adattarsi al cambiamento dei codici comunicativi ad esempio, oltre a modificare spazi e tempi infatti cambiano anche gli stili della didattica e quindi i linguaggi scelti dai docenti per comunicare con i ragazzi. I linguaggi cambiano e si modificano perché cambiano gli strumenti, anche in questo caso è stato necessario adattarsi a un mix di formale e informale, di pubblico e di privato, proprio perché paradossalmente ci si riavvicina anche allo studente in un rapporto comunicativo che è sicuramente meno paludato e meno strutturato di quello che c’era in classe.
Una seconda criticità naturalmente risiede nell'accesso diseguale alle tecnologie digitali, perché non tutti hanno la possibilità di accedere agli stessi strumenti tecnologici e soprattutto non tutti possiedono le medesime competenze per usare in modo strategico le tecnologie digitali. Pensiamo ad esempio agli sforzi che molti genitori stanno facendo in questi giorni per aiutare i bambini ad affrontare la didattica e i collegamenti a distanza con i loro insegnanti.
Qual è la sua idea riguardo alla didattica a distanza rivolta a studenti con disabilità o bisogni educativi speciali?
Questi strumenti a mio avviso contribuiscono a rispondere ai bisogni individuali degli studenti - e dunque anche di quelli con qualche difficoltà - più di quanto non faccia la didattica tradizionale perché sono più flessibili, diversificati, consentono forme più sofisticate di personalizzazione. Per questo anche gli studenti con disabilità possono beneficiare di un’opportunità in questo momento proprio perché hanno a disposizione più possibilità di apprendimento e possono scegliere quella che per loro è più adeguata.
In conclusione, siamo davvero all'inizio di una trasformazione digitale della didattica o questa sarà solo una parentesi?
Naturalmente questa è una domanda ampia molto che chiede di prevedere scenari che oggi è un po’ difficile prevedere. La cosa di cui sono certa è che non potremo uscire da questo cambiamento pensando di tornare al passato senza che ci sia stata una profonda trasformazione, non solo della didattica in sé e quindi delle modalità di insegnamento/apprendimento, ma anche degli attori che ne sono protagonisti, quindi noi come docenti e gli studenti.
Forse non adotteremo una didattica completamente digitale in futuro ma la lezione che avremo acquisito è che le tecnologie sono prima di tutto tecnologie di relazione sociale, che non ostacolano ma favoriscono la relazione sociale, contrariamente a quanto alcuni hanno detto fino a questo momento soprattutto nel dibattito pubblico. Andremo quindi incontro a scenari di insegnamento/apprendimento in cui il fattore umano sarà ancora al centro della scena e non sarà certo un fattore subordinato agli aspetti tecnologici come tanti invece pensano.
#unitohomecommunity