Coronavirus, tra emergenza sanitaria e sospensione delle libertà costituzionali
Ne abbiamo parlato con il Professore di Filosofia Politica e allievo di Norberto Bobbio all'Università di Torino Michelangelo Bovero
Le restrizioni personali che stiamo affrontando in questo periodo di emergenza sanitaria da Coronavirus entrano in contrasto con le libertà individuali previste dalla nostra Costituzione? Ne abbiamo parlato con il Prof. Michelangelo Bovero, docente di Filosofia Politica e allievo di Norberto Bobbio all'Università di Torino.
Prof. Bovero, questo che stiamo vivendo è uno stato d'eccezione? Quanto può durare e con quali conseguenze politiche?
Questo che stiamo vivendo è formalmente, dal punto di vista giuridico, uno stato di emergenza. La legge che disciplina la Protezione Civile prevede che il Consiglio dei Ministri possa deliberare uno stato d'emergenza. L'Italia è un Paese di disastri ricorrenti, e in quella norma (il decreto legislativo del 2018, quello appunto che stabilisce il Codice della Protezione civile) si può trovare la fonte legittimante del decreto legge (del 23 febbraio) che autorizza il Presidente del Consiglio ad emanare atti in deroga alle leggi, in funzione dell'emergenza. È stato fatto proprio così, e questa è la formula che compare nella delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio del 2020, dove viene dichiarato lo "stato di emergenza sanitaria" per sei mesi. A qualcuno, questa delibera ha fatto venire in mente il limite di sei mesi che era prescritto al "dittatore" nel diritto romano antico. Ma è un'analogia ingannevole. Il nostro ordinamento non prevede certo una figura analoga a quella del dittatore romano. La democrazia costituzionale non ammette eccezioni. Questo, che stiamo vivendo e che è stato dichiarato, non è uno stato d'eccezione: la nostra Costituzione non prevede lo stato d'eccezione. Ciò vuol dire che non è ammissibile che vi sia una situazione generale di sospensione della democrazia costituzionale. Non è ammissibile che possa essere instaurato, anche pro tempore, un regime diverso dalla democrazia. Sarebbe interessante vedere le varie formule degli altri ordinamenti, che qualcosa di analogo allo stato d'eccezione invece lo prevedono. La Costituzione spagnola per esempio prevede lo stato di allarme, o di eccezione, o di assedio, la Costituzione francese prevede l'état d'urgence (stato di necessità). Sarebbe interessante riflettere su queste espressioni, che non sono semplicemente formulette giuridiche, o comunque possono essere ripensate nel loro significato sostanziale. Quello che stiamo vivendo è sostanzialmente uno stato d'assedio: noi come individui siamo in una specie di stato d'assedio, circondati da un fossato di norme che isolano ciascuno da tutti gli altri. Io ho parlato di "microfisica dello stato d'assedio", creato da norme restrittive di alcuni diritti fondamentali. Sono norme adeguate? Costituzionalmente legittime e opportune? Questo sarebbe tutto da discutere.
Le attuali restrizioni imposte per legge entrano in contrasto con la nostra Costituzione? Quale equilibrio fra il dettato costituzionale sulle libertà individuali e le norme emergenziali?
I decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, formalmente autorizzati da leggi generali dello Stato (e che però non hanno una radice diretta in Costituzione) violano i diritti costituzionali? Certamente li limitano, o li sospendono. Vediamo quali: il diritto di libertà di circolazione, il diritto di riunione, ma anche il diritto sociale (che è un diritto/dovere) all'istruzione, il diritto di libertà religiosa, il diritto di iniziativa economica. Questi sono tutti diritti di libertà fondamentali. Sembra sotto vincolo di restrizione anche il primo e fondamentale diritto di libertà, la libertà personale. Ma forse è scorretto affermarlo, perché non sono state emanate misure ad personam, come potrebbe essere per esempio un arresto. E tuttavia nella nostra percezione soggettiva siamo vicini ad una situazione che assomiglia al sequestro di persona. Come il sequestro dei migranti sulle navi, per richiamare tristi eventi. In ogni caso: nel nostro ordinamento la possibilità di limitare i diritti costituzionali per ragioni di sanità o di incolumità pubblica è prevista e consentita, ma solo se le limitazioni sono stabilite e regolate per legge. In termini giuridici si chiama riserva di legge. Solo per legge (ma si badi bene, per certi diritti neppure per legge), cioè con un atto del Parlamento, che è l'organo della rappresentanza della collettività; o con atti che hanno forza di legge: per decreto legge, perché deve essere convertito in legge dal Parlamento, o per decreto legislativo, previsto da una legge delega. In ogni caso solo un atto avente forza di legge può e deve regolare e vincolare gli atti di potere amministrativi, quindi anche quelli esecutivi del governo, che sospendano o limitino i diritti. E in ogni caso, non è mai lecito alcun atto che conferisca tutto il potere ad un singolo soggetto.
Se questa situazione perdurasse, davanti a quali cambiamenti di sistema ci potremmo trovare? Una lunga durata potrebbe compromettere la struttura democratica del nostro Paese?
La durata indefinita o prolungata in modo esorbitante di una situazione di questo genere (per questo il Codice della Protezione civile prevede un massimo di 12 mesi, prorogabili una sola volta per altri 12: dunque due anni, quanto durò di fatto la "Spagnola"), con eccessi ripetuti di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, entrerebbe in contrasto non solo con la Costituzione, ma con il costituzionalismo. Lo stato di emergenza, in quanto tale, è in contrasto con l'equilibrio dei poteri. La maledetta espressione "pieni poteri", che in Italia è stata usata in modo colloquiale, informale, ma in Ungheria diventa addirittura istituzionale, è la perfetta negazione del costituzionalismo moderno e quindi di tutte le costituzioni, figuriamoci poi delle costituzioni democratiche. In sostanza, troppa concentrazione di potere, più o meno discrezionale, nelle mani di un organo monocratico come potrebbe essere il Presidente del Consiglio dei Ministri, chiunque ricopra questa carica, mette a repentaglio il costituzionalismo. C'è sempre la necessità dell'intervento del Parlamento. I diritti costituzionali non possono essere limitati se non da una legge, da un atto del Parlamento (o comunque dal Parlamento legittimato, come un decreto legge o un decreto legislativo), e la legge che autorizza ad assumere determinate disposizioni non può essere una delega in bianco. A me mette i brividi la proposta, che trovo fuori tempo e fuori luogo, di una nuova costituente per riformulare il Patto di Cittadinanza. Per fare che cosa? Per alterare la Costituzione e il costituzionalismo? Per alterare la democrazia parlamentare? Per ridare vigore a quelle pulsioni verticaliste e presidenzialiste che ben conosciamo? Per istituire quella che io ho chiamato una "autocrazia elettiva" al posto della democrazia costituzionale? Sarebbero ben altri gli obiettivi politici che ci si dovrebbe prefiggere per andare verso una ripresa che sia davvero una rinascita democratica, rimediando ai tanti mali che hanno benedetto la nostra storia patria, e di cui la Costituzione non ha colpa, anzi. La Costituzione è stata un argine e un baluardo a mali ancora peggiori. L'Ungheria insegni.
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