Coronavirus, quando gli animali si riprendono il loro spazio
Le cronache riportano sempre più frequentemente immagini di fauna selvatica che si avvicina ai centri urbani. Siamo di fronte a un cambiamento epocale? Cosa c’è di vero? Lo abbiamo chiesto al prof. Luca Rossi di UniTo
Balenottere vicino a riva, caprioli a spasso per le città, delfini nei porti, stambecchi e mufloni vicino a borgate di montagna. Cosa sta succedendo alla fauna selvatica in questo periodo di emergenza sanitaria? Siamo noi che abbiamo più tempo per osservare la natura o è in corso un cambiamento? Ne abbiamo parlato con il prof. Luca Rossi, docente di Parassitologia e malattie parassitarie degli animali del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell'Università di Torino.
Prof. Rossi, le cronache dei giornali riportano frequentemente le notizie di animali che si avvicinano ai centri urbani e di una natura, che in questa emergenza Coronavirus, si riprende i propri spazi. Di cosa si tratta e cosa c’è di vero?
C’è di vero e di non vero. Alcuni fatti sono incontestabili, ossia mi riferisco ad animali rari che in questo periodo si sono fatti vedere, per esempio, sotto costa, come i mammiferi marini, mi è capitato di vedere belle immagini di balenottere comuni vicine a un parco francese nei pressi di Marsiglia, ed è qualcosa di legato al minor traffico marittimo. Pensiamo a cosa sarebbe stata la Pasqua, invece, in assenza di questo lockdown. Altre situazioni, che in alcuni casi posso constatare con mano essendo un abitante di una valle montana, sono il fatto che delle specie comuni, ma in realtà elusive, in questo periodo si rendano più “sfacciate” e si avvicinino ancora di più alle borgate e utilizzino fasce orarie più ampie rispetto a quelle che eravamo abituati a notare. Non essendo disturbate, si trattengono più a lungo dove possono anche essere osservate. Recentemente, poi, ho ricevuto da colleghi spagnoli immagini molto belle di stambecchi, la loro specie di stambecco, che durante la notte entrano letteralmente all’interno di centri abitati nel Sud del Paese, in Andalusia. Questo perché già normalmente si avvicinano ai villaggi per consumare in questo periodo le fronde di mandorli e, ora, non essendo disturbati, di sera si spingono più in là penetrando all’interno dei borghi abitati dall’uomo. Abbiamo visto le immagini di mufloni in Val di Fassa. E questo avvicinarsi degli animali alle borgate si porta dietro anche l’interesse dei grandi predatori, del lupo in particolare, così che atti di predazione possono essere consumati in mezzo alle case.
Quale comportamento dobbiamo mantenere nei confronti degli animali selvatici?
Averli così a portata di mano, può innescare istinti primordiali come fornire loro del cibo, per averli ancora più vicini o magari fare loro una foto. O per cercare di accarezzarli. Il progressivo avvicinarsi di alcune specie animali all’uomo è un fatto noto e non solo legato a questa pandemia. Certamente la tentazione in questi giorni è forte, visto che tutti quanti abbiamo più tempo a disposizione e siamo più attenti a cogliere i segnali che la natura ci trasmette. Il fornire cibo agli animali, comprensibile quanto si voglia, è però un errore, perché rendendoci ancora più vicini, in maniera innaturale, gli animali selvatici, si abbattono le “barriere” che riguardano anche gli agenti patogeni, che noi alberghiamo e sicuramente albergano nella fauna selvatica. Quel famoso salto di specie di cui si parla tanto, e che è stato all’origine della pandemia, viene predisposto anche da comportamenti di questo tipo.
Anche gli animali, dunque, rischiano il salto di specie, ovvero che l’uomo li contagi?
Il rischio teorico c’è, ma ci rendiamo conto come essere umani, vittime di questa pandemia, che non si tratta di fenomeni frequenti; la osserviamo, infatti, dopo parecchi anni che un’altra pandemia con la stessa origine si era determinata. Il rischio è possibile ma basso sia per gli animali domestici, sia per quelli negli zoo. Mi è capitato di leggere un report di un’associazione che riunisce operatori degli zoo in Europa e la loro valutazione del rischio è decisamente bassa in questo momento.
Cosa deve fare l’uomo per mantenere una naturalità, un equilibrio degli ecosistemi? Per esempio, la riduzione attuale dell’inquinamento sembra positiva.
La riduzione dell’inquinamento è un dato positivo, l’inquinamento atmosferico lo paga più l’essere umano rispetto agli animali anche per il fatto che tendiamo a concentrarci laddove è più pesante l’inquinamento e viviamo molto più lungo delle specie animali. Per mantenere un equilibrio, bisogna conservare degli ecosistemi, che permettano agli animali e a tutte le specie viventi di continuare la propria vita senza ostacoli particolari a quelli che sono i loro spostamenti naturali. Anche se spesso prevale una visione pessimistica del rapporto con l’animale selvatico, in realtà negli ultimi decenni le cose stanno andando meglio, la sensibilità e gli investimenti sono aumentati. Si può fare certo di più, ma lo vedo direttamente nella vallata dove vivo che le popolazioni di animali sono più numerose di prima. E il ritorno del lupo è testimonianza di un cambiamento in meglio.
Cosa si sa invece di animali domestici e Covid-19?
Essendo un fatto ancora così recente, trarre dei bilanci è molto difficile. Comunque, a fronte di tutte le persone contagiate e che sono venute a mancare, i casi clinici in cani e gatti si possono contare sulle dita di una mano. Il passaggio non è così scontato neanche quando convivono con persone infette o ammalate. Per adesso è un problema che non ci sta togliendo il sonno.
#unitohomecommunity