Coronavirus, come cambieranno le nostre città
Che ne sarà del turismo, degli spazi urbani, degli eventi e della gentrification? Lo abbiamo chiesto al Prof. Giovanni Semi, sociologo di UniTo
La crisi che stiamo attraversando e che potrebbe presto acuirsi ci pone di fronte a diversi interrogativi su quale sarà la forma urbana dopo il Coronavirus, quali saranno le relazioni sociali e umane che osserveremo e, più in generale, come sarà la vita nelle città. È un argomento complesso che merita una riflessione articolata. Ne abbiamo parlato con il Prof. Giovanni Semi, sociologo del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell'Università di Torino, esperto di culture urbane, autore, tra l'altro, di Gentrification. Tutte le città come Disneyland? (Il Mulino, 2015) e di Casa dolce casa? Italia paese di proprietari (con M. Filandri e M. Olagnero, Il Mulino, 2020).
Prof. Semi, come cambia e come cambieranno le città con la pandemia da Coronavirus?
Innanzitutto, assisteremo a un blocco dei mercati immobiliari per un lungo periodo di tempo, è come se le città si congelassero. Ci sarà poca mobilità in ingresso, un arresto dell’attività edilizia, ulteriore rispetto a quello dell’ultimo decennio. In generale, città che non erano in una buona condizione, prima dell’arrivo del Covid-19, avranno una fase di recessione e decrescita e questo potrebbe essere il caso di Torino. Città più dinamiche, con economie più differenziate o perché sono più al centro di economie globali, come Milano, avranno dei tempi di reazioni molto più veloci. In sintesi, la crisi si abbatterà con velocità e magnitudo diverse, le città reagiranno in maniera differente rispetto alla crisi e, quindi, questa si accentuerà in zone già in recessione e verrà più attutita nelle città più dinamiche.
Quale sarà il futuro delle città turistiche con differenza tra città come Firenze/Venezia e città medie come Torino?
Le città turistiche italiane per eccellenza Venezia-Firenze-Roma, pur accusando il colpo, credo che reagiranno nel giro di un anno, un anno e mezzo, abbastanza bene. Sono città ancorate alle dinamiche di flussi internazionali, ci sarà un arresto del turismo estero per un po’ di tempo, ma comunque ci sarà sempre un numero elevato di turisti planetari che le vorranno visitare. Questo non succederà al turismo nazionale o regionale, che avrà più difficoltà, perché esisterà una crisi di liquidità, a tornare a vedere città meno turistiche come Torino o altre città italiane simili. Ci saranno ancora una volta due velocità, una latenza diversa, e per alcune sarà anche la fine di un sogno di trasformazione turistica.
Quali saranno le strategie delle grandi piattaforme come Airbnb per il futuro prossimo?
Le piattaforme paradossalmente sono le vincitrici in questa pandemia. Airbnb seppure, in questi due mesi, abbia perso circa il 90% del proprio fatturato europeo, ha, nello stesso identifico periodo, ottenuto due aumenti di capitale sul mercato internazionale con estrema facilità e questo significa che si prepara alla fase successiva, rilanciando le proprie attività, che probabilmente non saranno più come le conoscevamo adesso (turismo diffuso in tutte le aeree della città) ma punteranno solo su zone in cui i margini sono elevati. Stesso discorso lo possiamo fare sulle piattaforme tecnologiche di diffusione di contenuti, come Netflix, che si sono espanse in maniera molto forte. O su piattaforme logistiche tipo Amazon o quelle di delivery, che sono le vere trionfatrici di questa crisi.
E il destino delle attività di ricezione e ristorazione nelle città?
Questo è uno dei punti più dolenti che le città dovranno affrontare. Le nuove regole sul distanziamento fisico delle persone implicheranno che un numero molto elevato di attività ricettive e di ristorazione non potranno riaprire tra giugno e settembre, perché non hanno i metri quadri interni per farlo e, anche nel caso in cui venisse concesso loro di utilizzare un maggior plateatico, è dubbio il fatto che ci sarà una massa di cittadini disposta a spendere, in maniera distanziata, il proprio reddito, che sarà toccato da questa crisi. Se molte attività non riprenderanno, lo faranno, invece, quelle legate all’economia del delivery. Quindi, se non ci sarà fruizione per strada è perché questa rimarrà in casa, così gli esercizi che potranno spedire i prodotti, attraverso rider, probabilmente sopravviveranno.
Al di là degli aspetti turistici la gentrification nei quartieri continuerà? Aumenteranno le disuguaglianze?
La crisi non azzererà le disuguaglianze ma si innescherà in un territorio già diseguale e ne creerà altre. Faccio un esempio: è probabile che il mercato dell’affitto vedrà una riduzione dei prezzi. Questo in teoria è salutare perché più persone potranno accedere al bene casa. In realtà, però, le persone che già avevano bisogno di accedere alla casa in affitto, a costi contenuti, saranno le stesse che avranno una riduzione del reddito e paradossalmente avranno difficoltà ad accedere a una casa. È probabile che nei quartieri marginali su cui si erano abbattute le esternalità delle gentrification le condizioni di vita peggioreranno; nelle aree centrali, che avevano “beneficiato” della gentrification, si assisterà a un rallentamento delle dinamiche di aumento di prezzi e a un congelamento. Dal mio punto di vista, è come se la gentrification, ovvero questa città a due velocità, venisse temporaneamente congelata nella parte più ricca e accelerata nella parta più povera.
E come cambieranno gli spazi di fruizione sociale: scuole e musei?
Questo è un altro punto dolente. Per rispondere alla domanda, parlando di soluzioni che dovranno essere adottate in tempi brevi, occorrerebbe impiegare creatività e intelletto più sul lato delle politiche che della ricerca. È evidente che alcune attività, come gli eventi di tipo culturale sia al chiuso che all’aperto, verranno drasticamente ridotte se non eliminate. Penso anche a cinema e teatri. Sulle manifestazioni all’aperto, la tendenza attuale di molti operatori è di ridurre sensibilmente il numero dei consumatori, aumentando drasticamente il costo del biglietto, e di offrire a chi non se lo può permettere una fruizione online in streaming dell’evento. Se guardiamo bene a questa dinamica, non possiamo non osservare che si vada verso una soluzione classista o di selezione sociale, che sarà molto diffusa nei prossimi mesi. In generale, gli assembramenti come li abbiamo conosciuti fino a febbraio 2020 non saranno, per un tempo lungo, più visibili.
Qualcuno parla di rivincita dei borghi rispetto alle città, sarà così?
Da un lato, a essere ottimisti potremmo pensare che sia una cosa positiva e che accadrà. Di sicuro, le aree interne hanno e avevano già prima della crisi un bisogno di infrastrutture, di sostegno e di rivitalizzazione. Non sono certo che, in realtà, vedremo un’inversione nelle dinamiche di urbanizzazione. Non credo che tante persone usciranno dalla città-centrale, compatte, per andare verso il borgo e le aree interne. Per una ragione semplice, anche se la qualità della vita ecologica è lì più elevata, l’assenza di banda larga diffusa e di attività economiche rilevanti renderanno troppo dispendioso questo spostamento, per non parlare dei costi reali abitativi. Se è vero che in questo momento un po’ tutti stiamo sognando la casa con il giardinetto o sul pendio con un bosco alle spalle per camminare, però se vogliamo accedere a quella casa dobbiamo potercela permettere, sia pagando un affitto o addirittura comprandocela. Ma con quale reddito e con quali capitali? Se fossimo in un momento di espansione economica uno potrebbe pensare a una suburbanizzazione verso i borghi, ma trovandoci in uno scenario di recessione, fatico a vedere grandi numeri di abitanti che si sposteranno. Può essere che le élites, che avevano già il cascinale nel Chianti o nelle Langhe, per un po’ di tempo spostino la residenza in quelle località.
#unitohomecommunity