"Contro il populismo sta nascendo un nuovo femminismo"
Nella giornata internazionale della donna, l'8 marzo, la direttrice del Cirsde Mia Caielli riflette sull'attacco portato dai sovranismi alla condizione femminilie e sulla reazione delle più giovani
Il giorno dopo l’insediamento di Donald Trump, il 21 gennaio del 2017, scesero in piazza, negli Usa e in altre parti del mondo, tre milioni di persone a difesa dell’uguaglianza di genere. La data non era scelta a caso: il nuovo inquilino della Casa Bianca veniva considerato un pericolo reale per i diritti delle donne.
La grande marcia di Washington, il cuore della mobilitazione, segnò così l’inizio di un nuovo femminismo, nato in opposizione ai populismi globali, perché il populismo, che caratterizza la nostra epoca, sta provocando un arretramento della condizione femminile. Talvolta ci è riuscito, in altri casi ci sta solo provando. Ecco, allora, l’attualità dell’otto marzo, la giornata internazionale della donna, non in quanto ricorrenza ma come momento e spazio di riflessione e di rivendicazione.
“Nei Paesi dove al governo ci sono maggioranze populiste, nazional populiste o sovraniste vengono trasversalmente messi in discussione i risultati di decenni di lotte femministe. In alcuni Paesi si sta provando a farlo, come in Italia, altrove si è passati dalle parole ai fatti, come nelle democrazie imperfette dell’Est Europa, dove l’arretramento della condizione femminile è ormai sensibile in vari aspetti, dal lavoro alla famiglia”. Lo sostiene Mia Caielli, giurista, direttrice del Cirsde (Centro interdisciplinare di ricerche e studi delle donne e di genere) e docente di diritto pubblico comparato all’Università di Torino. Su questo tema è intervenuta in una tavola rotonda, organizzata dalla Città di Torino e dal Cirsde, che si è svolta il 7 marzo alla Sala Bobbio, in via Corte d’Appello 16.
“L’unico effetto positivo del populismo contemporaneo – sottolinea la professoressa Caielli - è la nuova ondata di femminismo. Un fenomeno da valutare con molta attenzione, diverso da altri precedenti. Giorgia Serughetti lo ha definito femminismo del 99%, identificando le lotte seguite alla grande marcia di Washington”.
In cosa cambia rispetto ai femminismi del passato? “Cambia nell'approccio che è intersezionale e anche di classe e non tralascia le questioni relative alla discriminazione etnica e sessuale”, risponde la direttrice del Cirsde. “È stato messo in soffitta il cosiddetto femminismo aziendale, quello delle quote, perché quello nuovo ripensa i reali obiettivi delle donne, considerate l’una diversa dall’altra. Le marce, la lotta, la resistenza quotidiana delle donne ma anche degli uomini sono l’unica strada per combattere la regressione in atto”.
Non è una battaglia di reduci, le giovani sono le protagoniste. Lo sono in molti collettivi o nell'esperienza di Non una di meno. Su questi aspetti il Cirsde è un osservatorio privilegiato. “Le studentesse ventenni sono più consapevoli, preparate e agguerrite rispetto a quelle della mia generazione, che ho poco più di quarant’anni. E vogliono un confronto costante. Prova ne è la partecipazione al nostro laboratorio interdisciplinare sugli Studi di genere, organizzato annualmente. È aperto solo a 60 posti, ma, appena avviate le iscrizioni, abbiamo raccolto 300 richieste in una mattinata”. Segno che in una società, apparentemente stanca e confusa, qualcosa si muove.