Come il Coronavirus può diventare occasione di buona comunicazione
Ne abbiamo parlato con il prof. Sergio Scamuzzi, sociologo di UniTo, che ha sottolineato "una rivalutata fiducia nella scienza" e "un recupero dell'autorevolezza delle fonti istituzionali"
L’emergenza Coronavirus ha prodotto un oceano di comunicazione attorno al tema. Tutti i media, distinti o incrociati, sono scesi in campo per raccontare questo passaggio storico. Con il Prof. Sergio Scamuzzi, sociologo del Dipartimento di Culture, Politica e Società di UniTo, ne abbiamo analizzato gli aspetti comunicativi, partendo dal ruolo dello scienziato nella comunicazione del Covid-19 tra necessità diffusa di capire e semplificazione della complessità. Proprio sul tema, il Prof. Scamuzzi con Giuseppe Tipaldo ha curato, nel 2015, il volume Apriti scienza Il presente e il futuro della comunicazione della scienza in Italia tra vincoli e nuove sfide (Il mulino).
LABORATORIO DI BUONA COMUNICAZIONE. “Siamo di fronte a una grande prova e a un grande laboratorio che dimostrano come una buona comunicazione della scienza sia possibile e non è un’esperienza minoritaria”, sostiene Scamuzzi. “Vediamo, nell'attuale comunicazione, rivalutata la competenza e la fiducia nella scienza, che sono i due nodi cruciali del rapporto esperti/popolazione e del rapporto scienza/decisione politica. Un altro aspetto è che nel dialogo tra scienziati e giornalisti è evitata quella versione perversa della par condicio in cui lo scienziato diventava un opinionista alla pari di chiunque altro, inducendo nel pubblico l'idea che siano tutte opinioni, non conta se una è maturata da un esperto perché tutti sono esperti. Positivo, inoltre, ci sia stato buon contrasto di tutti i media contro le fake news come ad esempio contro quella dei complottisti che parlavano del virus creato in laboratorio".
L’AUTOREVOLEZZA DELLE FONTI ISTITUZIONALI. La comunicazione istituzionale, secondo il docente di UniTo, ha recuperato autorevolezza nel sistema informativo. “Gli scienziati parlano anche in nome di un’istituzione a cui appartengono”. Dai sondaggi emergono aspetti interessanti: “Gli italiani si stanno informando soprattutto attraverso i notiziari televisivi e/o radiofonici (il 52%, secondo Observa Science in Society), segue l’informazione presente sui siti web di istituzioni nazionali, come il Ministero della Salute o la Protezione Civile, e regionali o comunali (20,5%). Solo una minoranza sta raccogliendo informazioni principalmente dai social network. Per quanto riguarda le precauzioni da adottare, però, prevale nettamente la fiducia nelle fonti istituzionali; le indicazioni di ministeri e istituzioni locali e del proprio medico di base sono rispettivamente al primo e al secondo posto tra le fonti degne di fiducia. I dati su come vengono giudicati i soggetti che si occupano di emergenza vedono, inoltre, la Protezione civile ai vertici. Questo significa che c’è una grossa opportunità per le istituzioni di posizionarsi come fonti autorevoli e produttrici di contenuti”.
UN PUBBLICO TRATTATO DA ADULTO. La professionalità va praticata ed esercitata. “Sui grandi media c’è un palese sforzo nell'evitare di creare allarme sociale, che in passato era quasi diventato un criterio di notiziabilità. Il pubblico viene trattato finalmente come un adulto in grado di valutare. E nel rapporto coi politici, anche il dissenso sulla condotta delle crisi si manifesta per quello che è, una virtù della democrazia, senza sovraccarico simbolico e innalzamento pretestuoso dei toni fine a se stesso”. Secondo Scamuzzi “è bene che ogni tanto sia stata rimarcata la distinzione di ruoli e responsabilità tra politici e scienziati”. Questo segna un cambio di passo nel sistema informativo? "C’è una buona probabilità che questa buona pratica possa proseguire nel tempo, correggendo errori e difetti della comunicazione soprattutto quando affronta temi scientifici”.
UN MEDIA MIX VINCENTE. “I social sono entrati in un mix vincente con la tv generalista, di cui qualcuno qualche anno fa decretava la fine. Ci sono stati molti scambi e reciproci rafforzamenti tra i media. Non sono antagonisti ma si possono arricchire a vicenda. Sui social media sono emersi elementi di responsabilità civica e a volte di ironia e creatività. Pregevole sui social il lavoro di istituzioni culturali e di vari scienziati. La tv pubblica ha recuperato un certo smalto. Sbavature e cadute ci sono state, ma il quadro generale è positivo”.
I RISCHI DIETRO L’ANGOLO. Fare scienza significa formulare ipotesi e approfondirle. Quali sono i rischi di una continua richiesta di verità e di certezze immediate da parte del pubblico/utenti/lettori? “C'è sempre il rischio di creare nella scienza, da cui si attendono miracoli, un capro espiatorio, se no si riesce a far passare il messaggio che fare ricerca vuole dire formulare ipotesi, confrontarle coi fatti, essere a volte smentiti e ricominciare, a fronte del’ansia di noi tutti di avere cure sicure e vaccini". Per il Prof. Scamuzzi "c’è il rischio di ricomparsa di imprenditori politici e mediatici dell’odio in tv e in rete, oggi ai margini ma ben vivi, pronti a riprendere le cattive abitudini della comunicazione politica del passato. Per ora, sono emarginate e stridenti le poche voci dissonanti sui social media e di qualche politico nazionale spiazzato che riprendono la comunicazione drogata del passato, usando spregiudicatamente frammenti di scienza semplificati. Insomma, il rischio c'è e dobbiamo tenere alta la guardia”.
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