In ricordo del Prof. Giovanni Romano
Le parole del Prof. Giuseppe Dardanello in occasione dell'attribuzione al Prof. Romano del titolo di professore emerito dell'Università di Torino il 29 settembre 2010
Giovanni Romano ha studiato e insegnato a Torino. Qui si è laureato quando già lavorava giovanissimo alla Casa editrice Einaudi, per poco dopo entrare negli uffici della Soprintendenza; qui ha incominciato a insegnare alla Facoltà di Magistero facendo la spola con il DAMS di Bologna, e qui è approdato alla cattedra di Storia dell’arte moderna presso la nostra Facoltà. Questo legame con una città e un territorio rappresenta l’anello forte di una esperienza che ha saputo saldare l’impegno nell’insegnamento universitario all’attività di tutela di un funzionario dello Stato, vissuta in prima linea nel ruolo di Soprintendente per i beni artistici e storici del Piemonte.
La sua competenza sul territorio, acquisita capillarmente nell’attività di salvaguardia del patrimonio artistico, ha risarcito l’area piemontese di un ruolo che non aveva mai avuto nella Storia dell’arte; non per dotarla di un profilo identitario, che non è mai esistito in un’Italia che ha visto la produzione artistica legarsi per secoli ai singoli centri urbani, ma nella lettura delle opere d’arte considerate testimonianze e sintomi rivelatori di tessuti culturali in continuo aggiornamento.
Su una messa a fuoco dei problemi che parte dal riconoscimento della vitalità culturale della provincia nella vicenda italiana, Romano ha saputo riaprire il dialogo con altre discipline storiche, chiamandole a interrogarsi sul valore di documento riconsegnato al testo figurativo, e a mantenere sempre aperti i canali di reciproca interferenza tra fenomeni artistici ed espressioni letterarie, in debito, riconosciuto, con il magistero di Carlo Dionisotti.
Romano è uno dei pochi studiosi che ha imparato da Roberto Longhi "l’arte di scrivere sull’arte" e ha saputo tradurla in una scrittura mai fine a se stessa, ma sempre orientata a una chiarificazione dei problemi, perché sottoposta alla verifica del principio filologico che presiede all’edizione dei materiali e volta a garantire la comprensione dello ‘stile figurativo’ come fenomeno storicamente accertabile.
Rifiutando la chiusura nei territori sempre più circoscritti dello specialismo dilagante per praticare il mestiere dello storico dell’arte a tutto campo, i suoi scritti coprono uno spettro cronologico amplissimo, anche se hanno nella grande civiltà italiana del Rinascimento il loro centro. La loro dispersione nelle sedi più disparate è specchio aderente di un metodo di lavoro per approssimazioni alla verità, consapevole che non esistono mai versioni definitive.
L’insegnamento che ha generosamente portato nelle sedi e nei contesti più diversi – e di cui continueremo ad avvalerci oltre la contingenza anagrafica di un pensionamento costretto – è stato fruttuosamente impegnato nella formulazione di una scuola di filologia visiva, costruita grazie a un’opera di disseminazione di idee, di intuizioni, di rigore metodologico, di cui ha potuto beneficiare, accanto ad allievi e colleghi, più di una generazione di studiosi, di conservatori di musei, di funzionari delle soprintendenze, di restauratori, che occupandosi del patrimonio artistico hanno imparato da Romano la consapevolezza che ricerca e tutela non sono che due facce di una medesima assunzione di responsabilità, etica e politica, nei confronti del nostro passato.