Record del Prof. Mauro Salizzoni: raggiunti 3000 trapianti
Primato della medicina e ricerca universitaria torinese
E' notizia di oggi, Lunedì 17 luglio, che il Prof. Mauro Salizzoni, docente di Chirurgia alla Scuola di Medicina dell’Università di Torino e Direttore del Centro Trapianto di Fegato della Città della Salute e delle Scienza, la struttura ospedaliera e universitaria più grande del Piemonte, ha realizzato il trapianto di fegato numero 3000 in un paziente di 55 anni, ultimo di una storia ricca di successi, innovazioni e sperimentazioni nell’ambito dell’attività di ricerca scientifica e chirurgica del Centro.
"Lo straordinario risultato ottenuto dal Prof. Mauro Salizzoni e dalla sua équipe" ha dichiarato il Rettore Gianmaria Ajani "dimostra ancora una volta il primato della medicina e chirurgia universitaria torinese che ricade a beneficio dei pazienti. Non di meno, mette in luce il valore della ricerca clinica e la grande opportunità didattica formativa per i giovani medici e gli specializzandi dell'Università di Torino che hanno possibilità di apprendere in un contesto accademico rappresentato da competenze di livello assoluto. Il numero è certamente rilevante, e tagliare il traguardo dei tremila trapianti ha un suo significato simbolico, ma l'aspetto più importante è la qualità, che si raggiunge e mantiene solo con un sostegno continuo alla ricerca. Prima e dopo il trapianto infatti si realizza un lavoro di ricerca di fondamentale importanza per la riuscita. I genetisti, coloro che operano nella biomedicina, osservano le condizioni e le studiano insieme al chirurgo. La riuscita dell'intervento sta indubbiamente nelle capacità del chirurgo, ma nella fase post-trapianto, in cui è necessario rendere l'organismo in grado di ricevere l'organo riducendo il rischio del rigetto, è fondamentale lo studio sul profilo genetico del ricevente, quindi della ricerca".
Secondo il registro mondiale dei trapianti dell’Università di Heidelberg (http://www.ctstransplant.org/
Il record si è consolidato in poco più di 25 anni. Era infatti il 10 ottobre 1990 quando avveniva il primo trapianto di fegato - primo in Europa e quarto al mondo - su un paziente di 44 anni affetto da epatite virale che ha poi vissuto per 13 anni; ed ancora era il 10 gennaio 1993 quando si è dato avvio al trapianto pediatrico ed il 14 ottobre 1999 quando il trapianto è divenuto di routine anche su pazienti molto piccoli con patologie congenite.
Da allora questo programma ha avuto uno sviluppo sempre più complesso: 5% sono stati i trapianti di solo una parte del fegato di cui14 da donatore vivente; 2% quelli in cui oltre al fegato si è trapiantato in contemporanea un altro organo, 7 sono i trapianti cosiddetti domino (il fegato nativo di un primo ricevente è stato poi trapiantato ad un secondo ricevente, 8% sono i ritrapianti.
Non va dimenticato che il 5% dei trapianti sono stati effettuati su pazienti in condizioni di emergenza nazionale: sull’esito di questi pazienti non incide solo la difficoltà clinica e chirurgica, ma anche la variabile tempo, ovvero la capacità di reperire un donatore compatibile ed effettuare il trapianto in poche ore.
Dal 1993 ad oggi sono stati trapiantati 166 pazienti in età pediatrica (6% dell’attività totale), con fegato intero o split.
Il Centro di Trapianto epatico di Torino, diretto dal Prof. Salizzoni, è dunque un riferimento sia per la mole di attività e sia per i risultati qualitativi, come si evince dai dati che la rete italiana di trapianto espone sul sito del Ministero della Salute e che riporta tutti i risultati della sorveglianza che effettua il Centro Nazionale Trapianti (CNT - http://www.trapianti.salute.
Numerose sono state le ricerche scientifiche pubblicate dal Prof. Salizzoni e dal suo gruppo di ricerca sulle riviste più prestigiose. Gli studi indagano le nuove tecniche e procedure di trapianto, l’identificazione di fattori che influenzano l’esito del trapianto, o quali malattie possono essere meglio curate, fino alle nuove terapie cellulari o l’evidenza che il fegato ha una capacità di rigenerazione inconsueta, tanto che non ha quasi limiti di età.
E grazie anche alle continue innovazioni della ricerca e delle tecniche chirurgiche, delle terapie contro il rigetto, o quelle per arginare eventuali infezioni, o, ancora, il monitoraggio immunologico, stanno dimostrando che la riuscita del trapianto epatico può essere ancora migliorata: se si confrontano gli esiti dei quasi mille trapianti eseguiti nel periodo 2010-2016 con quelli eseguiti nei periodi precedenti, si nota che la probabilità di successo è migliorata di un ulteriore 10% e se si esaminano i pazienti pediatrici, quasi il 90% dei trapianti continua a funzionare dopo 5 anni, rendendo il centro di Torino un riferimento anche per il trapianto nel bambino.
Il successo quindi del Centro e dell’equipe medico-universitaria diretta dal Prof. Salizzoni non è solo una questione di numeri ma soprattutto di qualità dei risultati ottenuti.
In questi 27 anni, la sopravvivenza dei pazienti che hanno ricevuto il trapianto è stata pari al 91% ad 1 anno, 81% a 5 anni e 73% a 10 anni.
Questo vuol dire che a distanza di 10 anni dal trapianto 73 pazienti su 100 continuavano ad essere vivi: un traguardo insperato per chi ha malattie che lasciano – senza trapianto – un’attesa di vita da pochi giorni ad alcuni mesi. Si tratta di malattie gravi che portano ad un danno irreversibile del fegato (la cirrosi): il più delle volte a seguito di una infezione virale (31% a causa del virus C dell’epatite, 18% del virus B), ed ancora per cirrosi alcolica (12%) cirrosi di altra origine (14%) malattie metaboliche o malformative, ed altre ancora.
Ma le continue innovazioni della ricerca e delle tecniche chirurgiche, delle terapie contro il rigetto, o quelle per arginare eventuali infezioni, o, ancora, il monitoraggio immunologico, stanno dimostrando che la riuscita del trapianto epatico possa essere ancora migliorata: se si confrontano gli esiti dei quasi mille trapianti eseguiti nel periodo 2010-2016 con quelli eseguiti nei periodi precedenti, si nota che la probabilità di successo è migliorata di un ulteriore 10% e se si esaminano i pazienti pediatrici, quasi il 90% dei trapianti continua a funzionare dopo 5 anni, rendendo il centro di Torino un riferimento anche per il trapianto nel bambino.
Allargando lo sguardo a chi attende l’organo, al luglio 2017 sono in lista di attesa per il trapianto di fegato presso il Centro di Torino una ottantina di pazienti: il tempo medio di attesa è pari a pochi mesi. E’ interessante notare che sono in riduzione le patologie legate all’infezione da Virus C dell’epatite (HCV), poiché sono state recentemente introdotte terapie specifiche, così come le insufficienze d’organo da HBV, risultato della vaccinazione obbligatoria per epatite B.
La lista di attesa si compone anche di numerosi riceventi che hanno superato i 60 anni e che nel 40% circa proviene da regioni diverse dal Piemonte. Parallelamente assistiamo all’utilizzo di donatori con età sempre più elevata. Alla luce di quest’ultima considerazione i risultati ottenuti sono lo specchio dell’ottimo lavoro svolto dal Centro di Torino.
I fegati trapiantati a Torino provengono in larga misura da donatori dal territorio piemontese (73%), ma al nostro successo hanno contribuito anche le altre regioni italiane (26%) e in 29 casi Centri esteri (1%).
Info: ufficio.stampa@unito.it