Nessuna università è un’isola, le nuove sfide dello sviluppo urbano
La due giorni di convegno, organizzata da UniTo, ha fatto il punto sulle esperienze di trasformazione di cinque città europee - Torino, Glasgow, Bilbao, Barcellona e Lione - e sull'evoluzione "civica" dei loro atenei
Come l’università cambia la città e viceversa. Attorno a questo focus, studiosi e amministratori pubblici hanno ragionato, per due giorni, interrogandosi sulle sfide future. È successo a Torino, durante il convegno European cities and strategic planning, 30 years later, che si è svolto nell’Aula magna della Cavallerizza Reale ed è stato organizzato dall’Università di Torino e dalla Città di Torino, in collaborazione con Urban Lab, Camera di Commercio di Torino e Dipartimento di Culture Politiche e Società,
“Uno degli obiettivi è stato quello di riaffermare il ruolo dell’università all’interno dello sviluppo urbano e della crescita democratica delle società europee”, ha sottolineato il professor Giovanni Semi, sociologo di UniTo, uno degli organizzatori dell’iniziativa.
Sono state invitate alcune città che, insieme a Torino, hanno compiuto un percorso di sviluppo e di crescita dalla fine degli anni Ottanta in poi, con risultati, nel lungo periodo, diversi. Voci del mondo politico, tecnico e accademico hanno discusso di sviluppo urbano e pianificazione strategica, di rapporto tra città e università, dell’importanza di fare rete e condividere i saperi per affrontare le nuove sfide urbane, condividendo le esperienze di Barcellona, Bilbao, Glasgow, Lione e, appunto, Torino.
“Sul tavolo – ha aggiunto Semi – c’è una questione di coesione sociale, sapremo garantire la crescita economica e uno sviluppo armonioso che dia alla maggior parte di popolazione una buona condizione di vita urbana? E ci sono questioni di natura universitaria, le nostre città sono adeguate per rispondere alla crescita studentesca nell’offrire un ambiente interessante, creativo e sicuro?”.
Dopo i saluti del rettore dell’Università di Torino Gianmaria Ajani, del vicesindaco di Torino Guido Montanari e della direttrice del dipartimento Culture, Politiche e Società di UniTo Franca Roncarolo, è stato Willem Salet, professore emerito dell’Università di Amsterdam, a introdurre la “vulcanica” transizione vissuta dalle aree metropolitane europee e a sottolineare la necessità di ripensare l’azione pubblica nella complessità e frammentazione contemporanea, cercando di collegare centro e periferie. In tutto questo, l’accademia gioca un ruolo centrale.
Nessuna università dovrebbe essere un’isola, potremmo affermare, parafrasando il poeta inglese John Donne. Il concetto di “civic university” sviluppato da John Goddard, professore emerito di Scienza dello Sviluppo Regionale all’Università di Newcastle, definisce l’istituzione universitaria come “un’ancora” inserita nei programmi di miglioramento della vita urbana. Goddard ha evidenziato, nel suo intervento, il contributo che le università pubbliche possono dare alla società civile sia a livello globale che locale. Se nell’università tradizionale la ricerca, la didattica (valutata dai ranking) e la cosiddetta terza missione sono comparti stagni, nell’università civica ricerca e didattica sono aree interconnesse collegate all’engagement, ovvero al coinvolgimento e all’impegno sociale di un ateneo. “Le prossime grandi sfide riguardano lo sviluppo sostenibile, la sostenibilità ambientale, il problema della povertà e delle risorse idriche, a cui l’università può contribuire, direttamente sul proprio territorio portando le proprie risorse intellettuali e sostenendo queste sfide nelle proprie città anche, per esempio, nel settore dei trasporti pubblici”.
Il rettore dell’Università di Glasgow Anton Muscatelli ha raccontato l’esperienza del suo ateneo: “Siamo riusciti a fare in modo che la nostra ricerca avesse un impatto diretto sul settore industriale, come quello delle nanotecnologie e della medicina di precisione; abbiamo, inoltre, creato spazi fisici per incoraggiare l’industria a insediarsi in città. Abbiamo, poi, avviato collaborazioni più strette con i musei e ci siamo impegnati a favorire l’accesso all’Università di Glasgow a studenti provenienti dai ceti meno abbienti”.
In tema di sostenibilità, l’Università di Torino è stata la prima università italiana ad aderire ai nuovi standard delle linee guida Global Reporting Initiative (GRI), un'organizzazione non profit nata per la promozione della sostenibilità economica. È stato il professor Sergio Scamuzzi, vicerettore di UniTo, a sottolineare i risultati raggiunti dall'Ateneo torinese in termini di sostenibilità e ha definire i quattro requisiti per migliorare il rapporto tra università e città: una governance multi-livello, la capacità di fare rete locale e globale e di comunicare, avere adeguati fondi e personale, la fiducia nella scienza e nelle istituzioni da parte dell'opinione pubblica.