L'insalata in busta è nociva? Tutte fake news
La Prof.ssa Gullino torna sulla ricerca condotta nel 2012 e smentisce la pericolosità dei prodotti ready-to-eat
"È assurdo spaventare i consumatori. Andare a instillare l'idea che ci sia un pericolo, utilizzando inoltre dati che derivano da un vecchio lavoro, condotto su un numero limitato di campioni”,Sono anni che, per motivi diversi, la direttrice del centro Agroinnova dell'Università di Torino, Prof.ssa Maria Lodovica Gullino, è chiamata alla smentita di notizie tendenziose che riguardano le insalate in busta. In uno studio risalente al 2012 un ricercatore dell’Ateneo torinese aveva analizzato 100 campioni di insalata in busta, di quelle reperibili nei banchi dei supermercati. Nulla di preoccupante era emerso, se non la possibilità che, nonostante i controlli, alcuni batteri potessero sopravvivere al ciclo produttivo. Una possibilità remota, che non ha impedito a molti siti d'informazione di rilanciare, dopo anni, con allarmismo "lo studio choc" dei ricercatori UniTo.
"Si tratta di uno studio vecchio, fatto su pochi campioni - afferma Gullino – e, tra l’altro, risale a un momento in cui le norme relative ai controlli delle insalate pronte erano diverse. Oggi, come peraltro allora, dietro questi prodotti ci sono tecnologie estremamente sofisticate, che prevedono controlli ed etichettature diverse rispetto al passato". Gli articoli che negli ultimi tempi continuano a non tener conto di tutto ciò, oltre a essere anacronistici, gettano ombre su un intero settore. "Quando si parla a vanvera delle insalate in busta si danneggia un sistema produttivo importantissimo per il nostro Paese. L'Italia è prima in Europa per produzione e consumo delle insalate pronte. Stiamo parlando di un settore ad alto reddito per l'agricoltura, estremamente avanzato sia nella produzione in campo che nei processi di lavorazione. È assurdo che vengano messe in circolazione informazioni non corrette. Casi irregolari possono capitare in qualsiasi settore produttivo, ma i severi metodi di controllo esistenti nel nostro Paese sono in grado di rilevarli".
Il 28 febbraio 2019 sulla questione era intervenuta l'Unione Italiana Food Gruppo IV di Confindustria. In una nota, l'ente ribadiva che "nel 2015 è entrata in vigore una nuova normativa in materia di produzione, confezionamento e commercializzazione, contenente una serie di parametri vincolanti sulla sicurezza alimentare e sulla qualità che devono essere rispettati nel ciclo produttivo e nella distribuzione dei prodotti di Quarta Gamma". Ma di quali prodotti si tratta? "I prodotti di IV Gamma - spiega Gullino - sono alimenti raccolti, lavati, tagliati e confezionati. Sono prodotti freschi e pronti al consumo, cosiddetti ready-to-eat. Per arrivare al prodotto finale si utilizzano tecniche di produzione innovative a basso impatto ambientale ( questo è il settore di ricerca in cui opera il centro Agroinnova), che consentono di ottenere un prodotto di ottima qualità. Vengono lavorati e commercializzati con grande velocità, senza interrompere la catena del freddo dal momento della raccolta a quello della vendita".
Insomma, le insalate in busta non nascondono insidie. "E anche se dovessero esserci - conclude la docente di UniTo - ci sono le regole, ci sono i controlli. Abbiamo, nel nostro paese, gli Istituti zooprofilattici che monitorano continuamente i prodotti, evidenziando immediatamente eventuali situazioni anomale, intervenendo quando necessario". Senza inutili allarmismi, che confondono il consumatore e danneggiano un settore produttivo di cui, invece, dobbiamo essere fieri.