L'impegno dell'Università di Torino nelle carceri
L'Università di Torino, tra i fondatori della Conferenza Nazionale Universitaria dei Poli Penitenziari, prima in Italia ad aver costituito negli anni 90 un Polo Universitario in carcere
La Conferenza Nazionale Universitaria dei Poli Penitenziari (CNUPP) istituita dalla CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) raggiunge quest’anno i 3 anni di vita e la conclusione del mandato del primo consiglio nazionale, presieduto dal Prof. Franco Prina, delegato per il Polo Universitario Penitenziario del Rettore dell’Università di Torino.
L’Università di Torino è tra i fondatori della Conferenza, essendo stato il primo Ateneo in Italia a costituire un Polo Universitario in carcere a partire dagli anni 90.
Sono attualmente 60, tra detenuti e detenute, gli studenti iscritti a UniTo, non solamente nella Casa circondariale Lorusso e Cutugno, ma anche nella Casa di Reclusione Rodolfo Morandi di Saluzzo (14). Dei 60 iscritti, 11 stanno completando gli studi dopo aver lasciato il carcere e aver ottenuto misure alternative. Stanno seguendo corsi di studio triennali (52) e magistrali (8), afferenti ai dipartimenti di Culture, politica e società (36), Giurisprudenza (18), Matematica, Psicologia, DAMS. Nell’ultimo anno si sono laureati 5 studenti.
A livello nazionale, nell’anno accademico in corso, sono 1.034 gli studenti detenuti iscritti, dei quali 109 (10,5%) si trovano in regime di esecuzione penale esterna, 549 (53,1%) scontano una pena in carcere in circuiti di media sicurezza, 355 (34,3%) in alta sicurezza, e 21 (2,1%) in regime 41bis. Le studentesse sono 64, quindi il 6,2% del totale degli studenti.
Nel primo triennio di vita della CNUPP gli atenei aderenti con studenti attivi sono passati da 27 nel 2018-19 a 32 nel 2020-21 (incremento del +18,5%); gli Istituti Penitenziari in cui operano i Poli Universitari Penitenziari da 70 a 82 (incremento +17,1%); il numero di studenti iscritti da 796 a 1034 (incremento +29,9%). Tra questi dati spicca il notevole incremento della componente femminile, che passa da appena 28 studentesse nel 2018-19 a 64 nel 2020-21, quindi un incremento del +128,6%. Sono impegnati oggi 196 dipartimenti universitari, che corrispondono al 37% dei dipartimenti presenti nei 32 atenei coinvolti.
896 sono gli studenti iscritti a corsi di laurea triennale (87%), mentre 137 frequentano corsi di laurea magistrale (13%). Le aree disciplinari più frequentate dagli studenti in regime di detenzione sono quella politico-sociale (25,4%) seguita dall’area artistico-letteraria (18,6%), area giuridica (15,1%), area agronomico-ambientale (13,7%), area psico-pedagogica (7,4%), area storico-filosofica (7,3%), area economica (6,5%) e altre aree (6%).
In occasione della conclusione del primo triennio di vita dalla Conferenza Nazionale Universitaria dei Poli Penitenziari venerdì 7 maggio alle ore 15 si terrà un seminario dal titolo “IL DIRITTO AGLI STUDI UNIVERSITARI IN CARCERE: TRE ANNI DI ESPERIENZA DELLA CNUPP E PROSPETTIVE”, in cui i temi oggetto del lavoro degli Atenei aderenti alla Conferenza saranno affrontati sotto diversi punti di vista e con le voci più autorevoli del panorama nazionale (tra cui la Vice-Rettrice dell’Università di Torino, la Prof.ssa Laura Scomparin).
Obiettivi della CNUPP nel prossimo futuro sono quelli di migliorare la qualità della formazione delle persone detenute impegnate in percorsi di studio universitario anche attraverso modelli didattici innovativi (è in corso una prima sperimentazione per adottare strumenti per la didattica a distanza anche oltre la pandemia), di migliorare le performances degli studenti (diminuzione degli abbandoni, incremento degli esami sostenuti e dei laureati), di lavorare al raccordo tra istruzione secondaria superiore all’interno degli Istituti e Università.
Impegni sono inoltre previsti sul fronte della formazione del personale dell’Amministrazione Penitenziaria (polizia penitenziaria e operatori dell’area trattamentale), nonché sullo sviluppo di attività di ricerca sulle problematiche carcerarie.
Percorsi sinergici con l’Amministrazione Penitenziaria possono consentire di trasformare la detenzione da un tempo “sospeso” ad un periodo fecondo, in cui il cittadino condannato possa intraprendere, se lo desidera, percorsi formativi anche di alto livello che gli consentano di investire sul proprio capitale umano, strumento indispensabile per ridurre i rischi di recidiva, con benefici non solo per il singolo ma per tutta la società italiana.
La presenza delle Università nei luoghi di detenzione ha, in questo senso, una profonda valenza culturale per il Paese e per la più ampia discussione sul significato che possono avere la pena e l’esecuzione penale.