La didattica a distanza durante l'emergenza Covid-19: Torino e le università italiane a confronto
Un giudizio molto positivo pur tra le difficoltà è quello espresso dai docenti che hanno partecipato all'indagine nazionale promossa dal Centro "Luigi Bobbio" di UniTo. Alla presentazione della ricerca è intervenuto il ministro Manfredi
Promossa la didattica a distanza nel semestre dell'emergenza Covid-19. Martedì, 10 novembre, sono stati presentati, alla presenza del Ministro dell'Università e della Ricerca Gaetano Manfredi, i risultati della ricerca “La didattica a distanza durante l'emergenza Covid-19. Torino e le Università italiane a confronto”. Si tratta di un'indagine nazionale, promossa dal Centro “Luigi Bobbio” del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell'Università di Torino, in collaborazione con UNIRES, il centro interuniversitario di ricerca sui sistemi di istruzione superiore.
Nei mesi di giugno e luglio 2020, un ampio campione di 3.398 professori e ricercatori delle università statali italiane e di 986 dell’Università di Torino, hanno risposto a un articolato questionario online, coordinato dai Proff. Francesco Ramella e Franca Roncarolo, che a partire dal caso dell’Università di Torino e con un focus sulla situazione nazionale, ha permesso di riflettere sull'uso delle tecnologie digitali e sui modelli di governance attuati dagli atenei italiani dopo l'8 marzo 2020.
All'incontro, in diretta streaming, sono intervenuti il Rettore Stefano Geuna, in dialogo con il Ministro dell'Università e della Ricerca Gaetano Manfredi, la Vice-Rettrice per la didattica dell’Università di Torino Barbara Bruschi, i coordinatori della ricerca, Francesco Ramella e Franca Roncarolo e Roberto Cavallo Perin che con Michele Rostan, hanno discusso e commentato la ricerca.
La ricerca ha messo in evidenza la buona capacità reattiva all'emergenza delle Università italiane. Il 72% dei docenti intervistati, infatti, è riuscito ad attivare la didattica a distanza entro il 13 marzo. Ottima è stata la risposta degli studenti. Il numero dei frequentanti non è diminuito, anzi nel 22% dei casi è aumentato. Nel complesso l’80% degli universitari ha valutato positivamente il modo in cui i loro Atenei e Dipartimenti hanno affrontato l'emergenza, assicurando la continuità della didattica, con poche variazioni tra le Università del Nord, del Centro e del Sud del Paese e tra i grandi Atenei e quelli piccoli.
Le risposte hanno messo in luce anche le difficoltà legate agli aspetti stressanti dell’emergenza. La maggior parte di chi ha svolto ruoli di coordinamento a livello di Ateneo, di Dipartimento o di Corso di studio è stata molto impegnata in riunioni organizzative, nel coordinamento dei docenti e nella comunicazione con gli studenti. Altrettanto impegnativo è stato allestire le aule virtuali. Per il 70% dei docenti infatti il tempo necessario per preparare una lezione a distanza è aumentato.
Lo scenario che emerge dalle interviste condotte all'Università di Torino non è molto distante da quello nazionale. Tra gli accademici torinesi, tuttavia, si osserva da un lato una forte attenzione per gli aspetti didattici delle lezioni online, dall'altro una maggiore apertura e disponibilità al cambiamento delle modalità d’insegnamento. Infatti, una percentuale di docenti superiore alla media nazionale dichiara di aver vissuto le esperienze fatte con la didattica a distanza come un arricchimento professionale e di aver maturato l'esigenza di una formazione mirata sui metodi e sulle tecniche di insegnamento, sia in presenza sia a distanza. Affiora anche una visione più positiva delle potenzialità delle nuove piattaforme tecnologiche e una maggiore disponibilità a sperimentare forme di didattica mista (il 58% contro il 54% nazionale), integrando le lezioni in presenza con delle attività formative online.
Le esperienze hanno insegnato alcune semplici lezioni che possono ispirare una politica “evidence-based” per l’innovazione didattica all’Università.
“Sappiamo bene che la didattica universitaria vive soprattutto nel confronto diretto tra le persone. L'aula è un momento insostituibile dell’insegnamento. - ha sottolineato il Rettore Stefano Geuna - Tuttavia l’emergenza pandemica ci ha mostrato come l'uso delle nuove tecnologie ha permesso di consolidare molte “buone pratiche” di innovazione didattica già presenti nei nostri programmi di formazione. Le competenze nel campo della DAD, che UniTo ha sviluppato tra i primi Atenei italiani, hanno arricchito e completato la didattica, agevolando forme interattive e collaborative di apprendimento. Per valorizzare il potenziale della DAD, che non sostituisce ma integra in modo importante la didattica universitaria, abbiamo bisogno di un piano nazionale per il digitale che preveda un adeguato programma di investimenti sulle dotazioni infrastrutturali delle università, ma anche una specifica attenzione dedicata alla formazione didattica dei docenti”.
"L'università ha risposto bene a questa emergenza, la più grande dopo la Seconda guerra mondiale” ha dichiarato il Ministro Gaetano Manfredi “Durante il lockdown, lo straordinario impegno dei docenti e l'eccellente risposta degli studenti hanno permesso di passare con rapidità alla didattica a distanza con numeri, in termini di esami sostenuti e lauree conseguite, in linea con quanto accadeva precedentemente. Sta funzionando anche la didattica mista: le università si sono organizzate per garantire la sicurezza in aula e un'offerta didattica modulata tra presenza e distanza che ha consentito la libera scelta agli studenti. Come ministero abbiamo preferito non adottare una linea dirigista, ma dare linee di indirizzo chiare rafforzando il principio di autonomia degli atenei: questo decentramento coordinato ha funzionato.
La pandemia ha riportato la didattica al centro del dibattito accademico: non dobbiamo perdere l'occasione di una sua trasformazione strutturale, considerando che ormai abbiamo tanti studenti nativi digitali. La classica lezione frontale, poco interattiva, che utilizza scarsamente le tecnologie rappresenta una modalità non più attuale. Su questo bisogna lavorare a livello nazionale, con finanziamenti e strategie condivise. Ad esempio partendo dal presupposto che l'uso delle tecnologie digitali può aumentare l'inclusività: degli studenti lavoratori, di chi vive in zone decentrate, di chi ha delle disabilità, di tutti coloro che, in una società in continua evoluzione, avranno sempre più bisogno di formazione. Le università devono saper raccogliere anche questa sfida".