Il soffitto di cristallo in accademia tra discriminazioni persistenti e prospettive di equità
Una giornata di studi organizzata dai Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità la valorizzazione del benessere di chi lavora contro le discriminazioni (CUG) dell’Università e del Politecnico di Torino, in collaborazione con il CIRSDe
Il convegno “Dal GAP ai GEP (Gender Equality Plans): il soffitto di cristallo in accademia tra discriminazioni persistenti e prospettive di equità” ha rappresentato, per l’Università e il Politecnico di Torino, un’occasione di confronto attorno al tema del divario di genere, con tutti i soggetti che in queste realtà studiano e lavorano. In particolare, sono stati presentati i dati relativi all’analisi delle carriere in un una prospettiva di genere, a cura della ricercatrice dell’Università di Torino Rosy Musumeci, i dati relativi all’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), a cura di Arianna Montorsi, Referente del Rettore per le Pari Opportunità del Politecnico di Torino, e alcune possibili linee di intervento per promuovere, nelle organizzazioni di ricerca e, in specifico nelle Università, l’equità di genere, a cura di Cristina Solera del Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere (CIRSDe).
Durante i lavori sono stati presentati i dati elaborati dall’Ateneo sull’analisi delle carriere nell’Università secondo una prospettiva di genere, dai quali emerge ancora una persistente discriminazion
In particolare in UniTo, la percentuale di donne docenti di prima fascia (28%) è superiore al dato nazionale (23%), ed è aumentata del 5% dal 2009, e dell’1% dal 2013. Nonostante ciò, appare ancora decisamente importante lo scarto tra la percentuale delle donne nelle prime fasi di carriera e ciò che si osserva nelle posizioni apicali. Se si va a guardare il dato disaggregato per dipartimenti, inoltre, si osservano situazioni specifiche: in alcuni casi, la “selezione” delle donne avviene già in ingresso (segregazione orizzontale). Le donne scelgono e vengono indirizzate verso filiere formative e occupazionali caratterizzate da tematiche di relazione e cura, con una bassa percentuale di ragazze già tra la popolazione studentesca (Scienze chirurgiche e Management, ad esempio). In altri casi si osserva invece una drastica riduzione della percentuale di donne mano a mano che si sale nella “gerarchia” (Chimica, Dipartimento di Culture, Politica e Società, Giurisprudenza, Psicologia, Scienze della sanità pubblica e pediatriche, Scienze mediche e Scienze veterinarie). In questo secondo caso quel che si osserva è una forma di segregazione verticale, ovvero di ridotte possibilità per le donne, di accedere a livelli elevati di carriera.
Discorso a parte merita la fascia del personale ricercatore a tempo determinato: le donne hanno meno probabilità degli uomini di avere un contratto di ricerca a tempo determinato e ciò è ancora più evidente per i contratti di tipo B che prevedono il passaggio per diventare professore associato.
Per quanto riguarda il personale tecnico amministrativo, la percentuale di donne è elevata (67,7%) e la presenza delle donne è più o meno stabile negli anni, se distinguiamo per livello di inquadramento, con un netto aumento delle donne dirigenti nel corso degli anni. Anche la presenza negli organi di governo dell’Ateneo è aumentata: per quanto riguarda il Consiglio di Amministrazione si è passati dal 10% del 2005, al 35% del 2015 per arrivare al 40% nel 2017. Alla guida dei dipartimenti, per contro, solo in 6 casi su 27 si trova una donna.
Il monitoraggio sistematico di questi dati rappresenta un’azione all’interno del più ampio panorama delle pratiche di gender equality, perché conoscere la situazione di partenza significa poter analizzare le specificità dei diversi casi e individuare misure e interventi adeguati.