Esiste una correlazione tra psicopatologia e terrorismo?
Studiosi da tutta italia si sono confrontati sul tema della psicologia del terrorismo in occasione del Congresso Nazionale della Sezione di Psicologia Dinamica e Clinica dell'Associazione Italiana di Psicologia
Questa è la domanda principale a cui si è cercato di rispondere durante il seminario intitolato "Psychoclinical and dynamic aspects of post-modern terrorism" svoltosi all'Università di Torino nell'ambito del Congresso Nazionale della Sezione di Psicologia Dinamica e Clinica dell'Associazione Italiana di Psicologia, edizione ospitata proprio dal capoluogo piemontese.
Sono state presentate le ricerche più attuali sul tema realizzate da studiosi presenti all'evento: "The extreme terrorist and its personality: knowledge tracks for coping and resilience in the liquid/gasiform society" del Prof. Luciano Peirone, docente universitario, psicoterapeuta e autore di "La vita ai tempi del terrorismo", "Violent extremist risk assessment tools: a review" di Angelo Zappalà, direttore del Festival della criminologia di Torino ed esperto di psicologia della devianza. A tenere le fila del simposio il Prof. Donato Munno, docente di Psicologia Clinica del Dipartimento di Neuroscienze "Rita Levi Montalcini" di UniTo.
Nonostante la letteratura scientifica non sia unanimemente concorde nel ritenere che i terroristi siano o meno "pazzi", proprio perché l'arruolamento predilige gente "affidabile" a discapito di chi mostra segni di squilibrio, e non esistano criteri universali per definire la psicologia di un attentatore, è però possibile identificare alcune caratteristiche e tracciare una mappa dei processi psicologici del terrorista.
"Non c'è certezza sulla possibilità che i terroristi siano delle persone psicopatologicamente disturbate - ha spiegato il Prof. Munno - anche se alcuni tratti di personalità riscontrati lasciano presupporre questa direzione. C'è da dire però che molti sintomi possono confondersi con modalità interpretative legate alla religione e alla cultura. Noi chiamiamo queste situazione di confine sintomi cerniera".
Il più delle volte i terroristi sono uomini, single, astuti, ambiziosi,
motivati, disciplinati ma non sempre provenienti da famiglie disagiate.
Non esiste una infatti nessuna correlazione tra povertà e terrorismo,
sono diventati estremisti gli eredi di famiglie ricche, criminali delle
periferie europee e disadattati alla ricerca di un posto nella società.
"L'aspetto più preoccupante - ha continuato il Prof. Munno - è che i terroristi che hanno attaccato l'Europa nella maggior parte dei casi sono immigrati di terza generazione, individui già inseriti nella società che studiano e lavorano, che però mantengono questo nucleo profondo legato alle loro origini di ribellione contro una cultura verso la quale si sentono estranei".