Dall’inizio dell’emergenza Covid-19 alla Fase 2, il punto di UniTo con "Spazio pubblico online"
Con i proff. Di Perri e Costa è iniziato sulle questioni sanitarie il primo incontro di un ciclo di riflessione sui vari aspetti della pandemia
Con "Salute e pandemia" in diretta streaming è iniziato il ciclo di incontri "Spazio pubblico online", promosso dai Dipartimenti di Cultura Politica e Società, Giurisprudenza ed Economia e Statistica "Cognetti de Martiis", con la partecipazione della Scuola di Studi Superiori Ferdinando Rossi dell'Università degli Studi di Torino. Se la pandemia da Coronavirus ha repentinamente sconvolto il nostro sistema di vita mettendo drammaticamente in luce le sue debolezze e fragilità, l’Università può essere lo spazio ideale per promuovere una riflessione approfondita e intergenerazionale che sia di stimolo al territorio. "Può essere l’occasione per trasformare una drammatica emergenza in una opportunità di essere migliori. Mi riferisco, per esempio, al nostro rapporto con l'ambiente e il pianeta", ha sottolineato, nel suo saluto iniziale, il Rettore dell’Ateneo Stefano Geuna.
La Prof.ssa Cecilia Pennacini introducendo il primo di una serie di incontri ha ricordato il Prof. Enrico Comba, antropologo del nostro Ateneo, recentemente scomparso. "A differenza dell’Africa, il mondo occidentale è la prima volta che, dopo 100 anni, si confronta con un’epidemia di queste dimensioni. Siamo giunti in condizioni di vulnerabilità del sistema sanitario e decisionale”, ha precisato la docente di Antropologia aprendo la discussione sugli aspetti sanitari dell’emergenza.
È intervenuto il Prof. Giovanni Di Perri, docente di Malattie infettive nonché direttore della struttura Malattie Infettive a direzione Universitaria all'ospedale Amedeo di Savoia di Torino. “È stata un’infezione a elevatissima contagiosità, che ci ha sorpresi. Il personale sanitario si è purtroppo infettato anche perché non si è colta fin da subito la facilità di passaggio del virus da una persona all'altra. E, in questo, hanno contribuito anche i messaggi delle autorità sovranazionali. L’Oms per molto tempo ha, infatti, parlato di un contagio diretto, per cui era sufficiente una protezione minima nelle stanze ospedaliere, per poi dire un mese dopo che la malattia si poteva trasmettere anche per aerosol e condivisione d’aria”. Per il Prof. Di Perri “il velocissimo passaggio da un soggetto all'altro ha fatto sì che in un tempo breve si arrivasse a numeri che non hanno permesso un esercizio assistenziale di tipo ordinario”.
Qual è lo spettro clinico della malattia? "Nell'80% dei casi - spiega Di Perri - è quasi trascurabile, assomiglia a una banale infezione respiratoria stagionale. Nel 15% di casi sintomatici ci sono, invece, febbre prolungata e coinvolgimento polmonare nella forma di una polmonite alveolo interstiziale. Nel 5% di casi critici c’è una letalità che può arrivare al 2%". Il sovraccarico dei sistemi sanitari è stato estremo: “Il sistema sanitario è stato fragile e poco reattivo per alcuni aspetti, encomiabile per altri. Tutti i Paesi hanno fatto errori comuni, tranne forse la Germania che ha però 28 letti di rianimazione ogni 100 mila abitanti, rispetto agli 8,3 Italia, che li ha raddoppiati in un tempo breve. Per il futuro, occorre compiere azioni che non abbiamo mai fatto: ci dobbiamo preparare a lungo periodo di gestione della nostra vita in condizioni precarie. Anche perché sappiamo che purtroppo questa infezione può essere trasmessa per quasi metà dei casi da soggetti asintomatici".
Per quanto riguarda l’attesa del vaccino: "Una soluzione che ci permetterà di ripartire in questo sovraffollato mondo, è - sottolinea il docente di Malattie infettive - appunto quella di un vaccino; ci sono oltre dieci sperimentazioni in corso molto promettenti. Potrebbe bastare anche un vaccino a effetto intermedio, opponendo così all'infezione da Sars CoV2 un minimo di immunità specifica per non fare evolvere l’infezione a una forma polmonare".
Il Prof. Giuseppe Costa, docente di Igiene all'Università di Torino, ha illustrato il quadro epidemiologico attuale in Piemonte, in vista della seconda fase della pandemia. "I nuovi casi si stanno allentando seppur non così in fretta, abbiamo ancora vie di contagio nei luoghi di lavoro rimasti aperti, nei cluster familiari ancora da spegnere e, soprattutto nell'ultimo periodo, nelle Rsa". In base al fattore R0 relativo alla contagiosità (quanti contagiati per ogni caso) la situazione è migliorata: "Agli inizi, un R superiore a 3 è stato enorme per il Piemonte e ci ha sorpreso, come accennato dal collega Di Perri, il lockdown è stato efficace dal 20 di marzo in poi e a Pasqua il valore è arrivato sotto 1”.
Per correggere gli errori nella risposta assistenziale ed evitare che essi si ripetano in una non improbabile risorgenza della pandemia, il Prof. Costa ha rilanciato alcune domande sul tema, utili ad affrontare la Fase 2: "La riapertura più o meno graduale delle attività produttive (e sociali) previste nella seconda fase riaccenderà alcuni meccanismi di trasmissione del contagio in presenza di una popolazione in grande maggioranza ancora suscettibile: a quale soglia di diffusione degli indicatori bisogna attivarsi per nuove iniziative di distanziamento sociale?".
"Soprattutto nella seconda fase - ha aggiunto - saranno rilevanti le capacita del sistema territoriale di gestire il tracciamento e l’isolamento dei casi e dei contatti. Quali conoscenze possono servire per guidare le necessarie innovazioni nella prevenzione e assistenza a livello territoriale per rendere efficace questa strategia?".
E infine: "Ci sono alcuni segnali che l’impatto della pandemia non sia uguale per tutti, è possibile riconoscere tempestivamente le fonti di disuguaglianza e correggere quelle che sono evitabili o moderabili in omaggio alla missione universalistica del Servizio Sanitario regionale?". Dalle risposte che daremo a queste domande, dipenderà lo svolgimento delle prossime fasi, fermo restando che “ognuno di noi può diventare agente di cambiamento”, ha concluso il Prof. Costa.
Nel dibattito sono intervenuti con spunti significativi gli studenti Daniele Proverbio e Michele Croce della Scuola di Studi Superiori Ferdinando Rossi ed è stata esposta la proposta di Alessandro Ferretti, ricercatore di fisica nucleare e subnucleare dell’Università di Torino, di affiancare ai prossimi test seriologici, che coinvolgeranno 12 mila persone in Piemonte, altrettanti tamponi per avere una reale rappresentazione del contagio in Piemonte.
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