Com'è cambiata Torino in 45 anni di migrazioni
Al Campus Einaudi si è svolto il primo evento del nuovo ciclo di incontri "UniTo, Spazio pubblico 2019". Sotto la lente di esperti e protagonisti, i fenomeni migratori: dalla scuola al lavoro
Spesso descritta come città laboratorio, Torino è profondamente cambiata nell’ultimo mezzo secolo di storia. “È stata trasformata da uomini, donne, bambini e anziani che avevano storie di migrazioni alle spalle e per cui Torino è diventata il terminale del loro viaggio”, ha spiegato Roberta Ricucci, sociologa dell’Università di Torino, introducendo il ciclo di incontri UniTo, Spazio pubblico 2019.
Il primo evento della rinnovata rassegna è stato dedicato ai fenomeni migratori che hanno, nel corso dei decenni, coinvolto, in tutta la sua complessità, il capoluogo piemontese. La tavola rotonda, intitolata “Torino città multiculturale dopo 45 anni di immigrazione: governance e processi di integrazione”, è stata aperta dal professor Sergio Scamuzzi, Vice-Rettore per la comunicazione interna ed esterna di Ateneo e curatore della rassegna.
“L’integrazione si costruisce nella vita di tutti i giorni e - ha precisato la professoressa Ricucci - non ci si integra da soli. Tutta la città è stata coinvolta dai fenomeni migratori, anche quella parte che è rimasta a guardare. È stata la scuola a buttarsi subito in frontiera e ora gli studenti di seconda generazione arrivano all’Università”.
E, a proposito di scuola, Tommaso De Luca, preside dell’Istituto Avogadro da nove anni, è intervenuto per evidenziare i cambiamenti in corso nel mondo dell'istruzione, che riflettono anche le mutazioni avvenute nel mercato del lavoro. “Nel Diurno abbiamo un assestamento, da almeno dieci anni, delle iscrizioni di studenti stranieri, circa il 20%. Un valore che è, invece, in costante variazione nel Serale, dove il numero è salito dal 32% al 40%. Sono aumentate, in particolare, le donne straniere, le più fragili nel mercato del lavoro, perché in perenne rischio di perdita di occupazione”. Un aspetto nuovo sono “i ragazzi che se ne vanno”. “Abbandonano la scuola - ha aggiunto De Luca - per trasferirsi all’estero, in seguito al ricongiungimento con uno dei due genitori che ha trovato lavoro in Francia o in Germania”.
Claudio Spadon, direttore dell’Agenzia Piemonte Lavoro, ha analizzato il rapporto tra occupazione e migrazione. Il dato dei disoccupati di origine straniera è più alto (20,9%) rispetto alla media; ai lavoratori stranieri viene affidata la quasi totalità del welfare familiare. È, inoltre, intervenuto Luciano Scagliotti, coordinatore nazionale della Rete Europea contro il razzismo. Passi avanti, in tema di integrazione, ne sono stati fatti, ma non possiamo ancora ritenerci soddisfatti.