Addio al Prof. Pier Maria Furlan
Tra i padri della nuova psichiatria, è stato il primo universitario a chiudere un manicomio, quello di Collegno
Il Prof. Pier Maria Furlan, già preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia “San Luigi Gonzaga” dell'Università degli Studi di Torino e Vice-Rettore dell’Ateneo, è considerato uno dei padri della nuova psichiatria. Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Torino, il 16 luglio 1967, specialista in Neurologia e Psichiatria, è stato autore di circa trecento titoli, tra pubblicazioni scientifiche e libri, e dal 1977 professore nella Scuola di Specializzazione di Psichiatria. Già vicepresidente della Conferenza nazionale presidi, esperto Anvur, è stato presidente e consigliere di numerose società scientifiche internazionali e nazionali, ed è stato distinguished fellow dell’American Psychological Association (Apa).
Era nato a Torino il 15 aprile del 1943, figlio di Lina Furlan, prima penalista italiana, e di Dino Segre Pitigrilli, scrittore. Il Prof. Furlan ha vissuto da protagonista il periodo della riforma Basaglia, la legge 180, che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. È stato primo direttore universitario di un Dipartimento di salute mentale e patologia delle dipendenze.
Tra il 1996 e il 2000 è stato incaricato dalla regione Piemonte per il superamento e chiusura degli Ex Ospedali Psichiatrici di Collegno e Grugliasco, completato nel giugno 1999. Per tale compito, oltre a reinserire e assistere pazienti presso la famiglia di origine, ha reperito ex novo alloggi, comunità residenziali e comunità protette con massimo venti posti letto e due centri diurni.
In Sbatti il matto in prima pagina (Donzelli, 2016) il Prof. Furlan ha raccontato i dieci anni, tra il 1968 e il 1978, in cui maturò il clima che portò l’Italia, primo Paese al mondo, alla chiusura dei manicomi. In questo contesto, il ruolo dei quotidiani fu fondamentale: grazie alle loro inchieste e alle interviste, cronisti, inviati e opinionisti contribuirono a sensibilizzare l’opinione pubblica sugli orrori nascosti dentro le mura degli ospedali psichiatrici, dove poveri, anziani, omosessuali e bambini disabili venivano di rado curati e quasi sempre segregati e maltrattati, sino a far perdere loro ogni dignità umana.