Una coda corta, una storia lunga: nuovi dati sull’evoluzione delle linci in Europa
Uno studio pubblicato sulla rivista Quaternary Science Reviews ha permesso di ridefinire la storia evolutiva del predatore
La lince pardina (Lynx pardinus) è un felino attualmente in via d'estinzione. Oggi questa specie vive soltanto in ristrette aree della penisola Iberica ed è oggetto di numerosi progetti di conservazione e salvaguardia. Un recente studio, pubblicato sulla rivista Quaternary Science Reviews, ha permesso di ridefinire la sua storia evolutiva. Attraverso l'analisi di fossili provenienti dal Gargano è stato possibile comprendere come migliaia di anni fa, nel corso del Pleistocene, questa lince fosse diffusa in gran parte dell’Europa mediterranea, mentre l’attuale lince eurasiatica (Lynx lynx) fosse meno diffusa di quanto comunemente creduto finora.
La ricerca è stata condotta da paleontologi dell'Università "La Sapienza" di Roma (Raffaele Sardella e Beniamino Mecozzi), dell’Università di Perugia (Dawid A. Iurino e Marco Cherin ) e dell’Università di Torino (Marco Pavia), con il contributo dell’Istituto Catalano di Paleontologia "Miguel Crusafont" (Joan Madurell), l’Istituto di Ecologia, Genetica ed Evoluzione di Buenos Aires (Alberto Boscaini), del Museo di Storia Naturale di Basilea (Loic Costeur) e l’Università di York (Antonio Profico).
“I fossili studiati rappresentano il più ricco campione di resti di crani, mandibole e denti attribuibili a linci pleistoceniche – commenta Raffaele Sardella – e sono conservati presso il Dipartimento di Scienze della Terra di Sapienza e presso il Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Torino. Le ricerche appena pubblicate dimostrano come questi fossili, precedentemente attribuiti alla lince eurasiatica, rappresentino in realtà esemplari di lince pardina. Le nuove analisi mostrano che questo felino era molto più diffuso migliaia di anni fa di quanto si sapesse, con una distribuzione geografica che includeva tutta l’Europa mediterranea”.
“La ricostruzione della massa corporea – spiega Beniamino Mecozzi – rivela come le linci pardine del passato fossero comunque in generale più grandi rispetto a quelle che oggi sopravvivono nella Penisola Iberica. La forte contrazione dell’areale e la drastica riduzione del numero di individui, oggi poche decine di esemplari, è una condizione raggiunta all’inizio del Novecento”.
Le analisi tomografiche hanno avuto un ruolo di primo piano nello studio. Hanno permesso di restaurare virtualmente i crani garganici e di studiarne l’anatomia in dettaglio. “L’uso di strumenti digitali nella paleontologia dei vertebrati - aggiunge Dawid A. Iurino – consente di analizzare i fossili in modo molto approfondito e non distruttivo, restituendo preziose informazioni sullo scheletro dei carnivori pleistocenici e sulla loro evoluzione”.
Le linci pardine hanno avuto una storia evolutiva distinta rispetto alle linci eurasiatiche, che si sono diffuse nella Penisola Italiana solo in tempi molto più recenti. Le attuali popolazioni iberiche quindi rappresentano gli ultimi eredi di una linea evolutiva di linci molto antiche. Lo studio dei fossili aggiunge un ulteriore elemento a sostegno della protezione di un felino dalla coda corta, ma dalla lunga storia.