Trans-COST Action, un network di 3mila ricercatori per combattere la pandemia
Intervista a Chiara Riganti, docente del Dipartimento di Oncologia UniTo, tra le promotrici dell’iniziativa
Venerdì 4 dicembre è stato reso pubblico, sulla prestigiosa rivista Trends in Microbiology, l’articolo “Joining European scientific forces to face pandemics”. Si tratta del primo lavoro firmato dal Trans-COST Action network, il gruppo multidisciplinare composto da 2.863 ricercatori provenienti da 46 Paesi, impegnati nel contrastare il coronavirus e migliorare la preparazione alle future pandemie. Tra le promotrici del network, nato grazie dall’unione di 9 COST action finanziate a livello europeo, c’è anche Chiara Riganti, docente del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino.
Prof.ssa Riganti, cosa vi ha spinto e come avete fatto a realizzare un progetto del genere?
Le COST Actions sono dei consorzi europei finanziati dalla European Cooperation in Science and Technology, a sua volta supportata dalla Commissione Europea. Ogni Action riunisce diversi gruppi di ricercatori che si focalizzano su una tematica. Sono dei consorzi che in media riuniscono tra i 200 e i 300 ricercatore e coinvolgono 30-37 Paesi, non solo della Comunità Europea ma anche Paesi contigui o extra-europei. Nel momento in cui siamo stati colpiti dalla pandemia, i progetti che coinvolgevano virologi hanno continuato a lavorare, venendo investiti di un surplus di lavoro. Gli altri progetti invece, che si occupavano di oncologia, biologia cellulare o chimica farmaceutica, per citare alucini esempi, si sono chiesti: cosa possiamo fare per dare un supporto alla lotta contro il coronavirus? Grazie anche all’input che ci è stato fornito dalla COST, abbiamo pensato di metterci in contatto basandoci su affinità scientifiche. Una serie di 9 COST Actions, che si occupavano di vari argomenti scientifici, hanno messo sul piatto quello che potevano offrire per essere riconvertiti al servizio della ricerca anti-Covid. Le 9 COST Actions hanno condiviso l’idea che, ognuno di noi, senza stravolgere le competenze di partenza, potesse adattarsi a dare un supporto. È stata la prima e unica iniziativa di questo genere. Ora è stato proposto addirittura un mega network di 64 Actions, per studiare non solo aspetti scientifici, ma anche economici, legislativi e psicologici legati alla pandemia.
Come si fa a coordinare quasi 3mila ricercatori?
Ad aprile 2020 abbiamo stabilito un primo incontro tra i responsabili delle varie Actions. Poi abbiamo concordato un questionario da far circolare tra tutti i membri dei gruppi di ricerca, chiedendo loro cosa potessero fare nell’ambito della ricerca anti-COVID19, quali fossero le loro expertise, i campioni e gli strumenti che avrebbero potuto fornire, e di quali expertise, campioni e strumenti a loro volta avessero bisogno. Grazie al questionario, abbiamo avuto una mappatura dei gruppi in grado di collaborare e, attraverso una serie di incontri periodici, ci siamo organizzati in sei gruppi di lavoro, focalizzati su: epidemiologia, strategie di prevenzione dell’infezione, studio dei meccanismi con cui il virus penetra nelle cellule e le danneggia, diagnosi e trattamento, vaccinazioni e strategie immunoterapeutiche, sviluppo di nuovi farmaci anti-virale. Al loro interno, i diversi gruppi si sono messi in contatto grazie a un database di competenze comune, in modo da condividere le rispettive aree di eccellenza.
Quanto è importante la multidisciplinarietà, soprattutto in questo tipo di ricerche?
Ormai è importantissima. Siamo passati da una fase della scienza in cui i problemi venivano risolti da un’unica branca scientifica, a una situazione in cui ogni problema dev’essere affrontato da più aspetti. Con l’aumento delle conoscenze sulle patologie, ci rendiamo conto che ci sono sempre più ambiti coinvolti. Quindi, far comunicare i diversi settori scientifici, cosa non semplice tra l’altro, è di grande aiuto. Ad esempio, un clinico ci può dare dei feedback su come migliorare un farmaco antivirale, perché riesce a vederne gli effetti pratici o a misurarne la tossicità. Grazie a questo lavoro, il chimico farmaceutico è in grado di modificare le strategie di sintesi e di produrre farmaci migliori. Allo stesso modo, esperti di medicina di comunità possono fornirci informazioni su quali sono le aree critiche in cui c’è maggiore possibilità di trasmissione virale e quindi, chi si occupa di chimica dei disinfettanti, può pensare a come migliorare le soluzioni in quel campo.
Tra gli obiettivi più urgenti c’era il miglioramento della risposta alla “seconda ondata” della pandemia. Quali risultati avete ottenuto fin qui e come vi state preparando alla “terza ondata”?
Abbiamo iniziato a lavorare, soprattutto in ambito chimico-farmaceutico, per identificare nuovi farmaci antivirali, che possano affiancare le strategie di vaccinazione e/o di attenuare eventualmente i sintomi nei pazienti non ancora vaccinati. In questa prospettiva, abbiamo già creato due software accessibili a tutta la comunità scientifica: il COVEX software e il Drug Repositioning And Cooperation Database (DRACD). Il primo permette di predire l’interazione tra un farmaco e un target virale e, parallelamente, permette di identificare nuove proteine del SARS-CoV-19 che potrebbero intergaire con proteine cellulari contribuendo al danno cellulare. Il secondo permette di fare un riposizionamento dei farmaci, ovvero identificare – tra i farmaci già approvati dalle agenzie di regolamentazione – eventuali agenti che potrebbero essere efficaci contro il SARS-CoV-19. Sicuramente sono necessari numerosi studi di validazione di tali framaci, ma il software, avvalendosi di strumenti di intelligenza artificiale, permette di predire se un farmaco può essere funzionante o meno, e quindi ci può indicare se vale la pena investire tempo e fondi per studiarlo. Inoltre, il software consente di mettere in contatto più gruppi che lavorano in modo indipendente sullo stesso farmaco, in modo da evitare da un lato delle duplicazioni della ricerca, dall’altro di accelerla il più possibile. Un altro successo sta nel fatto che alcune delle nostre Actions sono state coinvolte a livello di regolamentazione nazionale, per cui alcuni membri del network sono impegnati nella stesura di linee guida per mitigare la futura terza ondata, in collaborazione con i vari comitati tecnici scientifici nazionali. Si tratta di un lavoro agli inizi che potrà i dari i suoi frutti in futuro, per migliorare il nostro livello di preparazione alla terza ondata di COVID-19 ma anche verso altre future pandemie.