L'uso decorativo della madreperla fluviale tra i gioiellieri preistorici in Europa
La scoperta di un team internazionale di ricercatori guidati dall'Università di Torino
La madreperla di conchiglia fluviale è un materiale dalle proprietà meccaniche e qualità estetiche eccezionali. Per queste ragioni, nell’Europa di 6mila anni fa, artigiani e gioiellieri preistorici amavano utilizzarle come decorazioni. La scoperta è raccontata nello studio “Palaeoshellomics” reveals the use of freshwater mother-of-pearl in prehistory", pubblicato martedì 7 maggio sulla rivista eLife da un team internazionale di ricercatori guidati dall’Università di Torino.
Per la prima volta sono state ottenute sequenze proteiche antiche da minuscoli ornamenti preistorici, simili a piccole coppie di bottoni. I bottoni, rinvenuti in Danimarca, Romania e Germania, sono tutti in madreperla contenuta nelle conchiglie d’acqua dolce.
Datate tra il 4200 e 3800 a.C., le conchiglie sono state ritrovate anche in aree costiere con grande abbondanza di molluschi marini. Grazie a studi di archeologia sperimentale, è stato possibile affermare che questi bottoni venivano utilizzati per decorare ornamenti di uso comune, come cinture e fasce da braccio.
“La madreperla di origine fluviale era chiaramente un materiale molto apprezzato dagli artigiani gioiellieri preistorici – spiega la senior author dello studio, Dott.ssa Beatrice Demarchi del Dipartimento di Scienze della vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino – ovunque essi si trovassero in Europa e indipendentemente dalla loro appartenenza ad un certo gruppo culturale: Mesolitico, Neolitico, Età del Rame. Alcuni di questi gruppi mantenevano uno stile di vita basato sulla caccia e la raccolta, altri, più a sud, si dedicavano all’agricoltura con uno stile di vita più sedentario. Ciò suggerisce l’esistenza di una tradizione culturale condivisa ma anche di una profonda conoscenza delle risorse ambientali e delle strategie per sfruttarle al meglio”.
La madreperla di conchiglie dulcicole è relativamente poco studiata a livello archeologico, ma molto importante per le ricerche sulla biomineralizzazione. “Per questo motivo – commenta Jorune Sakalauskaite, dottoranda in co-tutela tra UniTo (DBIOS) e l’Università della Borgogna Franca-Contea e primo autore dell’articolo – questo lavoro è particolarmente significativo. Le conchiglie di molluschi contengono solo una minima frazione di materiale organico, circa 0.1-1%, rispetto alla parte minerale. Per confronto, l’osso ne contiene all’incirca il 30%”.
In futuro il team di ricercatori si
occuperà dell’analisi di altri organismi invertebrati calcificati, con
la speranza di poter utilizzare le sequenze proteiche preservate in tali
organismi per decifrare alcuni dei meccanismi di evoluzione biochimica
che iniziarono almeno 550 milioni di anni fa.
La ricerca, finanziata dal programma “Giovani Ricercatori - Rita Levi Montalcini” del MIUR e supportata dall’Università Italo Francese (programma Galileo), dal CNRS, e dalle Università di York e Lille,
ha coinvolto archeologi, geochimici, biologi, chimici e matematici
Italiani di vari istituti internazionali: l’Università di Torino e l’Università Ca’ Foscari di Venezia (Italia), CNRS e Université de Bourgogne-Franche-Comté, Bordeaux e Lille (Francia), University of York e Bradford (UK), Moesgaard Museum (Danimarca), il Landesamt für Denkmalpflege im Regierungspräsidium Stuttgart ed il Niedersächsisches Landesamt für Denkmalpflege (Germania).