In Ateneo la mostra "Scienza e vergogna. L'Università di Torino e le leggi razziali"
Sarà possibile visitarla fino al 28 febbraio presso la Sala Athenaeum della Biblioteca Storica “Arturo Graf” - Palazzo del Rettorato
Una ferita profonda 80 anni. Nel novembre del 1938 fu emanato dal Governo Mussolini il regio decreto legge numero 1728: "Provvedimenti in difesa della razza Italiana". Un corpus normativo composto da 29 articoli che sancirono, per i cittadini italiani “di razza ebraica”, la progressiva privazione dei più elementari diritti civili. Diventate tristemente note di lì a poco come leggi razziali, le disposizioni volute dal fascismo vennero accolte in un clima di silenzio e applicate con vergognosa arrendevolezza in tutto il Paese.
Tra le istituzioni che si prostrarono al volere della dittatura ci furono anche le Univerisità e, tra di loro, l'Ateneo torinese, che si prodigò nell'espulsione di 50 docenti considerati "impuri". A 80 anni di distanza dai provvedimenti in difesa della razza la stessa Università di Torino ha inaugurato giovedì 15 novembre la mostra “Scienza e vergogna”. La volontà è quella di esprime la consapevolezza del drammatico rapporto che l’Ateneo ebbe con uno dei momenti più bui del '900 italiano. L’Università di oggi si identifica con le vittime, tra cui campeggia il nome di Rita Levi Montalcini, le commemora e le ricorda. A differenza dell’Università di allora, che invece fu giustificatrice ed esecutrice delle leggi razziali insieme a tutto il mondo accademico.
La mostra, a cura dei Proff. dell'Università di Torino Giacomo Giacobini, del Dipartimento di Neuroscienze, Silvano Montaldo, del Dipartimento di Studi Storici ed Enrico Pasini, del Dipartimento di Filosofia e Scienze dell'Educazione, in collaborazione con la Coordinatrice della Sezione Servizi archivistici Paola Novaria, sarà visitabile fino al 28 febbraio presso Sala Athenaeum della Biblioteca Storica “Arturo Graf”, al primo piano del Palazzo del Rettorato. È organizzata da UniTo nell’ambito del “Progetto 1938-2018. A 80 anni dalle leggi razziali”, coordinato dal Museo Diffuso della Resistenza, che vuole sensibilizzare il pubblico su un momento cruciale della storia del nostro Paese. L’obiettivo è mantenere vivo il ricordo, attraverso un’analisi quanto mai attuale sui temi del razzismo e della xenofobia.
Lo scalone d’accesso alla mostra cita, nella successione dei gradini, i nomi delle 58 persone dell'Università di Torino che furono private del loro lavoro a causa delle leggi razziali. In modo che, chinunque la percorra, possa tenere bene a mente una frase ripetuta negli anni da persone come Giacomo Matteotti e Sandro Pertini: "Il fascismo non è un'opinione. È un crimine".