Il cibo degli umanisti: all'Università di Torino si riflette sul significato dell'alimentazione
UniTO propone il convegno su alimentazione e materie umanistiche e conferma il laboratorio di Semiotica del cibo
All’Università di Torino si riflette sul rapporto tra scienze umane e alimentazione. Anche quest’anno è, infatti, in programma il laboratorio di Semiotica del cibo tenuto dalla ricercatrice Simona Stano del Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione. L’insegnamento affronterà discorsi e pratiche dell’universo alimentare, dalla ristorazione etnica al turismo enogastronomico, passando per il marketing e i nuovi media.
L'interesse dell'Ateneo attorno all'alimentazione, però, non si ferma qui. A Palazzo Nuovo si è tenuto il convegno Il cibo degli umanisti, una giornata di studi organizzata dalla professoressa Daniela Fargione e dal professor Massimo Bonifazio, entrambi del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino, durante la quale studiosi di Semiotica, Arte, Antropologia, Filosofia, Storia, Psichiatria e di diverse Letterature nazionali hanno parlato del rapporto tra le loro discipline e l'alimentazione.
Autorevoli nomi dell’Università di Scienze Gastronomiche, dell’Università del Piemonte Orientale, dell’American University di Roma, della Società Italiana delle Letterate e dell'Université de Toulouse sono intervenuti alla giornata di approfondimento sul cibo. L’Università di Torino è stata rappresentata, oltre che dalla professoressa Fargione e dal professor Bonifazio, che hanno parlato di cibo e letteratura, anche dagli interventi di Giovanni Abbate Daga su "alimentazione dalla fisiologia all’inconscio", di Luca Cocolin sull’approccio al cibo da parte del consumatore, e di Carola Barbero, che ha parlato di cibo in quanto sfida per l’Estetica.
Anche la ricercatrice Simona Stano ha preso parte al convegno: “Ho proposto un caso di studio particolare, quello della dieta mediterranea, che mi ha permesso di illustrare temi interessanti dal punto di vista semiotico, ovvero natura, cultura, tradizione, innovazione, tutte etichette con cui ci confrontiamo quotidianamente. Il concetto di dieta mediterranea - continua Stano - è sorto in ambito prettamente scientifico, con la definizione di un fisiologo americano legata alla scelta di determinati alimenti e pratiche di cottura. Quando, però, l'Unesco ha deciso di inserire la dieta mediterranea nel patrimonio immateriale dell'umanità, si è reso necessario ridefinire il concetto, questa volta prendendo in prestito la definizione di cultura di Tylor, ovvero 'insieme di pratiche, usi e costumi condivisi da una determinata società'".
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