"Basta soprusi": Il grido d’aiuto dei leader indigeni dell'Amazzonia ospiti all'Università di Torino
Fa tappa a Torino la campagna “Sangue indigeno: non una goccia di più” che intende far pressione sul rispetto degli accordi internazionali su clima e diritti umani sottoscritti dal Brasile
L’attacco alle popolazioni indigene dell’Amazzonia sta vivendo un’escalation da quando, il 1° gennaio 2019, Jair Bolsonaro si è insediato come 38° Presidente del Brasile. Da quel momento, la voce di un popolo sempre più vessato ha iniziato a farsi sentire anche fuori dai confini sudamericani. I rappresentanti delle popolazioni indigene vogliono dialogare con i cittadini e le istituzioni europee per informare, tra l’altro, degli impatti che si celano dietro prodotti brasiliani provenienti da aree di conflitto o da terre indigene.
È in quest’ottica che, lunedì 21 ottobre, Célia Xakriabá, Alberto Terrena ed Erisvan Guajajara sono intervenuti all’Università di Torino nell’incontro dal titolo “Il diritto di esistere: testimonianze di rappresentanti di comunità indigene dell’Amazzonia”. Célia Xakriabá è insegnante e attivista del movimento indigeno ed è impegnata per la riforma del sistema educativo all’interno del suo popolo; Alberto Terrena è professore e portavoce del villaggio di Buriti; Erisvan Guajajara è un giovane attivista appartenente al popolo Guajajara. I tre leader sono stati introdotti dal Prof. Egidio Dansero, Vice Rettore vicario per la Sostenibilità, dalla Dott.ssa Christine Caillaud (Parents for Future Global e Torino) e dalla Dott.ssa Anna Avidano (Ong Cisv).
A Torino, la delegazione, coordinata dall’APIB (Associazione dei popoli indigeni del Brasile) e accompagnata da Romolo Batista (referente per l’Amazzonia di Greenpeace), è stata accolta da un coordinamento di associazioni e movimenti, composto da Parents For Future, dal quale parte l’iniziativa a livello internazionale, Acmos, Associazione LVIA, Casacomune, CISV, Greenpeace, Gruppo Abele, Missionari della Consolata e Fridays For Future Torino.
Il tour europeo, che toccherà 12 Paesi, prende il nome dalla campagna “Sangue indigeno: non una goccia di più”, nata per denunciare le violenze perpetrate nei confronti delle popolazioni indigene in Brasile. La prima tappa è stata in Vaticano, dove i leader sudamericani hanno presenziato al Sinodo per la regione pan-amazzonica inaugurato da Papa Francesco. Dopo Torino e Bologna, il viaggio proseguirà in Germania, Svezia, Norvegia, Paesi Bassi, Belgio, Svizzera, Francia, Portogallo, Regno Unito e Spagna. Sono in programma incontri con autorità governative ed esponenti politici, magistrati e imprenditori, ambientalisti, attivisti e artisti.
La campagna intende far pressione sul governo brasiliano e sulle aziende del settore agroalimentare affinché rispettino gli accordi internazionali sui cambiamenti climatici e sui diritti umani sottoscritti dal Brasile, tra cui l’Accordo di Parigi, la Convenzione n.169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Popolazioni Indigene e la Dichiarazione di New York sulle Foreste.
Alcuni dati preliminari pubblicati a settembre dal Consiglio indigeno missionario (Indigenous Missionary Council - Cimi) indicano che le invasioni nei territori delle popolazioni indigene sono notevolmente aumentate nel 2019. Gli invasori, spesso armati pesantemente, entrano nei territori delle popolazioni indigene per estrarre minerali, disboscare illegalmente o altrimenti distruggere o estrarre le risorse. Da gennaio a settembre, sono state registrate 160 invasioni in 153 territori indigeni, rispetto ai 111 casi registrati in 76 territori nel 2018. A tre mesi dalla fine del 2019 si registra già un incremento del 44% degli attacchi totali contro i territori delle popolazioni indigene e un aumento del 101% in termini di territorio interessato.