"Vi racconto il rapporto tra i Romani e le Alpi", intervista a Silvia Giorcelli
La docente di Storia romana parla del suo ultimo libro vincitore del premio ITAS (sezione saggistica) e finalista al Premio Mario Rigoni Stern
Nel suo ultimo libro, pubblicato da Einaudi, Silvia Giorcelli fa luce su un aspetto poco conosciuto dell’antichità: il rapporto tra l’Impero Romano e le Alpi. In “L’Impero in quota”, la docente di Storia romana ed Epigrafia latina all’Università di Torino ha raccolto oltre 20 anni di studio e ricerche tematiche, servendosi del prezioso aiuto di molti colleghi esperti in materia. Il libro si è aggiudicato l’ultima edizione del Premio ITAS (sezione saggistica) ed è tra i finalisti del Premio Mario Rigoni Stern 2020. Si tratta di un volume inedito, all'interno del quale viene tracciato il primo profilo strutturato e completo della presenza dei Romani nelle Terre Alte.
Prof.ssa Giorcelli, partiamo dal titolo: di cosa parla “L’Impero in quota - i Romani e le Alpi”?
Questo libro racconta una pagina poco conosciuta della storia dell’Impero Romano. Un impero che si è costruito nel corso dei secoli e ha vissuto, proprio sulle Alpi, una pagina molto importante. Tuttavia, si tratta di un aspetto quasi inedito, perché quando pensiamo all’Impero Romano ci immaginiamo la sua espansione in Oriente, in Egitto, in Gallia o in Spagna, senza far riferimento al contesto alpino. Invece, questo contesto è stato molto importante nel progetto di espansione di Roma. Innanzitutto per ragioni geografiche, perché per raggiungere la Gallia, le Germanie o il resto d’Europa bisognava superare le montagne. Quando, a un certo punto, i Romani decidono di guardare a Nord sono costretti a fare i conti con questa realtà e nel libro racconto proprio cosa successe affacciandosi in quest’area.
Nel suo volume definisce le Alpi in età romana come “un esemplare laboratorio di sperimentazione politica, amministrativa, sociale e culturale”. In che modo è stato possibile?
I Romani riproducono sulle Alpi quello che già avevano realizzato altrove, rispettando cioè il contesto. L’Impero Romano si è costruito nel corso dei secoli e, quando arriva sulle Alpi, aveva già sperimentato forme di integrazione in altri luoghi, naturalmente anche attraverso episodi di tipo militare molto duri, che hanno caratterizzato in parte il processo di romanizzazione. Non dimentichiamo che i romani hanno governato province e territori enormi e, nel complesso, hanno sempre messo in campo strategie inclusive per riuscire a tenere insieme questo vaste terre. Le stesse strategie sono state attuate anche sulle Alpi, una zona strategica che andava necessariamente conquistata per poter garantire la sicurezza dei passi alpini, che consentivano di arrivare nelle altre province. Bisogna tener conto che, a livello militare, i Romani non potevano controllare tutto il loro Impero, quindi hanno dovuto trovare delle strategie di convivenza con gli indigeni. È stato un laboratorio molto interessante di sperimentazione giuridica, amministrativa, burocratica, ma anche economica e culturale. Ho provato a raccontare questi meccanismi di convivenza, di condivisione di spazi, di strutture cittadine e di culti che secondo me sono la cosa più originale del libro.
Come ci si approccia alla scrittura di un libro, tutto sommato accademico, che però è destinato ai non addetti ai lavori?
La sfida con Einaudi è stata proprio questa. Il libro, in realtà, ce l’avevo già in testa da molto tempo, perché è il frutto di 20 anni di studio. Per mestiere mi sono occupata di vari aspetti della storia romana e, nella mia produzione scientifica, ho sempre prestato attenzione al contesto alpino, cisalpino e pedemontano. In questi anni di riflessioni, articoli, convegni e contributi ho deciso di fare una sintesi e raccontare questa ricerca. Che non è soltanto mia in realtà, perché c’è un gruppo molto nutrito di studiosi e di studiose che si occupano degli stessi temi. Quando si fa ricerca non si è mai da soli, ma sempre in équipe. Ci si confronta, anche perché ognuno ha competenze peculiari. Quindi ho messo insieme i miei lavori e quelli di colleghe e colleghi che per anni hanno studiato la materia. A questo ho cercato di aggiungere una scrittura non accademica. Scrivere solo per addetti ai lavori è nel nostro dna, ma la vera sfida - che ho trovato molto divertente - è stata scrivere per chi non è esperto di Storia romana.