Sull’Himalaya per studiare i cambiamenti climatici del mondo
Ricercatori di UniTo tra le montagne di India e Nepal "leggono" nelle rocce la storia dei cambiamenti climatici
In circa tre settimane il gruppo dei ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra, formato dal prof. Rodolfo Carosi, dal prof. Franco Rolfo, dalla dott.ssa Chiara Groppo e dalla dott.ssa Giulia Rapa, assieme a colleghi del CNR-IGG Torino e delle Università di Padova e Pisa, hanno percorso a piedi centinaia di chilometri per eseguire misure e prelevare preziosi campioni di rocce sulla catena di montagne più alta del mondo: l’Himalaya.
Dopo aver presentato i risultati delle ricerche svolte al congresso internazionale “30th Himalaya-Karakoram-Tibet workshop”, che si è tenuto a Dehradun (India) all’inizio di ottobre, i ricercatori sono partiti alla volta delle montagne indiane, in prossimità delle sorgenti del fiume Gange (massiccio del Bhagirathi e Shviling), e nepalesi (Nepal orientale).
Si tratta di aree relativamente poco conosciute, talvolta di difficile accesso, che possono fornire indizi preziosi per capire i processi di formazione e successiva “distruzione” dell’Himalaya.
Le montagne Himalayane sono un luogo estremamente sensibile ai cambiamenti climatici e rappresentano perciò un punto di indagine privilegiato per osservare i fenomeni a scala globale.
Il team di ricercatori ha rilevato che i processi di trasformazione di alcuni tipi di rocce sono in grado di produrre quantità significative di CO2 che, se immessa nell’atmosfera, può contribuire - e aver contribuito in passato - ai cambiamenti climatici.
I campioni di rocce raccolti e trasportati in Italia contengono preziose informazioni sulla storia del pianeta e solo un’attenta analisi con le più moderne metodologie di indagine permetterà ai geologi di “leggere” e “tradurre” la storia scritta in esse e di decifrare le informazioni che racchiudono.