Quasar, scoperto un inaspettato decremento nella potenza del getto relativistico
Gli scienziati del progetto LOFAR, a cui partecipa anche il Dipartimento di Fisica di UniTo, osservando ad alta risoluzione il quasar 4C+19.44, hanno scoperto che il meccanismo di accelerazione delle particelle è diverso da quanto previsto
Un gruppo internazionale di astrofisici ha osservato, per la prima volta, che la radiazione emessa alle radio frequenze intorno alle centinaia di MHz - le stesse dove operano le nostre radio e televisioni -, proveniente dal getto di un quasar, è molto meno potente di quanto fosse stato previsto in precedenza dagli scienziati. Il team, che include il professor Francesco Massaro del Dipartimento di Fisica di UniTo, ha, infatti, scoperto che la potenza emessa dal getto relativistico nel quasar 4C+19.44, uno dei primi osservati ad altissima risoluzione in questa banda di radiofrequenze, è inferiore ai valori attesi. Questa scoperta implica che i meccanismi di accelerazione delle particelle, espulse dal buco nero, siano diversi da quanto ipotizzato.
L’osservazione è stata effettuata grazie all’utilizzo del radiotelescopio internazionale LOFAR (Low Frequency Array), uno strumento di nuova generazione che permette di studiare e osservare stelle, nebulose, resti di supernova fino ai buchi neri in galassie lontane. LOFAR ha prodotto immagini radio ad alta risoluzione (a circa 150 MHz) del quasar 4C+19.44, situato a oltre 5 miliardi di anni luce dalla Terra. Questa osservazione è stata effettuata utilizzando, per la prima volta le antenne del telescopio LOFAR, distribuite in tutta Europa e che presto saranno anche a disposizione sul suolo italiano.
Grazie agli accordi siglati con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che lo scorso anno è entrato a far parte del consorzio internazionale che gestisce il telescopio LOFAR, anche il personale del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torinoha avuto la possibilità di utilizzare i dati di LOFAR collaborando attivamente alla realizzazione di questa misura della potenza radio del getto di 4C+19.44. L'accordo di adesione al consorzio italiano che partecipa al progetto LOFAR, coordinato dall’INAF, fa parte del programma di sviluppo del Dipartimento di Fisica, finanziato dal MIUR attraverso i fondi dei “Dipartimenti di Eccellenza 2018-2022” (L232/2016) che è stato possibile grazie anche alla partnership strategica con il Consorzio Internazionale per la Fisica Spaziale.
I quasar, cioè “quasi stellar objects”, sono sorgenti cosmiche osservabili a enormi distanze e quindi a epoche prossime a quelle dell’inizio del nostro Universo. Ospitano un buco nero, la cui massa è centinaia di milioni di volte più grande del nostro Sole ed è tutta concentrata nella zona centrale della galassia che li ospita. La forza di attrazione gravitazionale del loro buco nero attrae gas e polvere dalle regioni circonstanti e ne accresce la massa. Una piccola frazione di quasar espelle una parte di questa materia, a velocità prossime a quelle della luce, sotto forma di “getti” che attraversano la galassia circostante e si propagano per lo spazio intergalattico fino milioni di anni luce. I getti sono composti da particelle accelerate a energie così elevate che non si possono raggiungere sulla Terra.
La scoperta relativa al quasar 4C+19.44 apre nuove ipotesi sull’equilibrio tra l'energia delle particelle e quella del campo magnetico presente nei getti dei quasar. “Si tratta di una scoperta importante che sarà utilizzata nei prossimi anni per migliorare il calcolo dei getti. Abbiamo, infatti, osservato, nei getti dei quasar, per la prima volta, la “firma” che indica che l’accelerazione delle particelle è in parte governata da meccanismi stocastici. Un comportamento inaspettato che cambia la nostra interpretazione della loro evoluzione”, ha sottolineato il professor Massaro dell'Università di Torino. “È la prima volta che ciò viene scoperto in un quasar che in precedenza era stato osservato solo in altre sorgenti cosmiche.”
Il gruppo di astrofisici aveva precedentemente osservato il getto del quasar 4C+19.44 a lunghezze d'onda radio più corte, nella banda della luce visibile e in quella dei raggi X. Solo grazie al contributo delle immagini LOFAR - nitide e con una risoluzione simile a quella del telescopio spaziale Hubble – è stato possibile fare questa scoperta.
“Siamo stati in grado di eseguire questo esperimento grazie a LOFAR e alla più alta risoluzione mai raggiunta dalle lunghezze d'onda radio lunghe, intono ai 150 MHz”, hanno specificato il dottor A. Deller della Swinburne University of Technology e il dottor R. Oonk, astrofisico dell’osservatorio di Leiden, anche loro parte integrante del gruppo che ha fatto la scoperta. “Nuove ipotesi e indizi sull'accelerazione delle particelle arriveranno presto grazie a nuove osservazioni attuabili con le antenne LOFAR”.
L'osservazione effettuata sul radio getto del 4C+19.44 era stata progettata dal dottor D. E. Harris, supervisore prima e collega poi del professor Massaro, quando, diversi anni fa, lavorava presso l'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. Aveva iniziato l'osservazione in collaborazione con la dottoressa Raffaella Morganti e i colleghi di ASTRON in Olanda, ma ha avuto la possibilità di vedere solo i risultati preliminari della ricerca a causa della sua prematura scomparsa il 6 dicembre 2015. La pubblicazione dei risultati dello studio sul primo numero di marzo dell’Astrophysical Journal è in memoria di uno scienziato la cui vita ha attraversato gran parte della storia della radioastronomia e dell’astronomica a raggi X.
[Image Credit: NASA/HST/LOFAR; Courtesy of J. DePasquale]