Nasce la prima procedura in Italia per il consenso informato al trapianto nei pazienti minorenni
Presentata all’Università di Torino, la Procedura è frutto del lavoro di un gruppo multidisciplinare e si propone come modello standard per tutti gli ospedali italiani
Medici, giuristi e bioeticisti. Sono le diverse professionalità che mercoledì 5 febbraio, nella Sala Blu del Palazzo del Rettorato dell’Università di Torino, hanno presentato la Procedura del consenso informato al trapianto nei pazienti minorenni. Si tratta della prima proposta avanzata in Italia sul tema, per dare maggiore voce al paziente minore coinvolto in un intervento di trapianto. La Procedura è frutto del lavoro di tre anni del Gruppo multidisciplinare “Autodeterminazione e minori d’età”, formato da 13 esperti tra docenti e ricercatori dell’Università di Torino, dirigenti medici, psicologi e bioeticisti della A.O.U. Città della Salute di Torino, in particolare dell’Ospedale Regina Margherita, e magistrati del Tribunale di Torino. La Procedura è stata pubblicata su Bioetica - Rivista interdisciplinare.
Il problema nasce dal fatto che sul piano giuridico il minore d’età non possiede un vero e proprio diritto di autodeterminarsi nelle scelte di cura, perché sottoposto alle decisioni dei genitori, che possono chiedere o rifiutare i trattamenti a prescindere dalla sua volontà. Eppure, i giovani pazienti, che sin da piccoli hanno avuto esperienze di malattia e degenze prolungate in ospedali, maturano capacità di consenso di livello elevato, certamente superiore a quella dei coetanei e anche di molti maggiorenni. La Procedura attraverso alcuni test specifici valuta la capacità decisionale dei minori, con l’auspicio che possa diventare un modello standard per tutti gli ospedali italiani. L’obiettivo è superare la presunzione che un individuo minore non sia in grado di decidere.
Il metodo confluito nella Procedura è innovativo e vi ha lavorato una équipe multidisciplinare: Elisabetta Bignamini, Direttrice di Pneumologia Pediatrica all’Ospedale Regina Margherita, Maurizio Mori, professore ordinario di Bioetica e Filosofia morale all’Università degli Studi di Torino, Elena Nave, bioeticista all’Ospedale Regina Margherita, Antonio Amoroso, docente di genetica medica all’Università di Torino e direttore del Dipartimento dei Trapianti A.O.U. della Città della Salute di Torino, Anna Maria Baldelli, sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello (già procuratore capo della Procura della Repubblica per i minorenni di Torino), Marco Bo, medico legale dell’Asl To5, Maria Teresa Busca e Matteo Cresti del Gruppo di Ricerca Bioetica dell’Università di Torino, Giancarlo Di Vella, docente di Medicina Legale all’Università degli Studi di Torino, responsabile Servizio di Medicina Legale A.O.U. Città della Salute di Torino, Giorgia Fenocchio e Cristiana Risso, psicologhe e psicoterapeute dell’Ospedale Regina Margherita, Daniela Libertucci, dirigente medico della S.C. Universitaria di Pneumologia delle Molinette, Laura Verzé, ricercatrice del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche.
I casi in cui è stata sollevata la questione e a cui è più precisamente è rivolta la Procedura sono quelli di giovani pazienti ammalati di fibrosi cistica, che potrebbero essere sottoposti a trapianto polmonare: un intervento molto complesso che richiede partecipazione e compliance. La Lega Italiana Fibrosi Cistica ha condiviso i contenuti della Procedura, che riguarda in modo diretto un numero limitato di giovani, ma il principio che la informa può essere esteso anche a altre situazioni. L'auspicio è che la proposta diventi un modello capace di modificare le normative oggi esistenti al fine di consentire maggiori tutele.
"Questo lavoro - afferma Elisabetta Bignamini - è la dimostrazione che la sanità sta cambiando. Parlo di quella sanità che si occupa di patologie croniche complesse, come la fibrosi cistica. Abbiamo coinvolto diverse professionalità: pneumologi, medici legali e bioeticisti per garantire il diritto di autodeterminazione del minore. Questa procedura nasce da un caso concreto, ma si rivolge a tutti i minorenni che hanno la capacità di autodeterminarsi".
Durante l'iter, un ruolo fondamentale è stato svolto dall'Università di Torino, come ha dichiarato il Prof. Maurizio Mori: "UniTo ha collaborato attivamente con l'ospedale Regina Margherita per determinare questa procedura. Era difficile, ma siamo riusciti a far dialogare diverse discipline: diritto, economia ed etica. Il punto centrale su cui ci siamo soffermati è il principio di autodeterminazione dei minori, i quali comprendono le malattie e le dinamiche ospedaliere, delle volte, molto più degli adulti".
Un'attività impegnativa, che ha coinvolto i soggetti impegnati nel progetto per molto tempo. "Abbiamo lavorato tre anni - le parole di Anna Maria Baldelli - tutti credendo molto in quello che stavamo facendo. È stata un'esperienza formativa, dove ho avuto la conferma che è proprio questa la modalità di affrontare le difficoltà della vita. Una vita sempre più complessa, e che necessita di competenze diverse. Quando si parla di minorenni non si può applicare un modello operativo generico. Bisogna adattare, caso per caso, le procedure che ogni minore richiede".
Una proposta che, secondo il Prof. Giancarlo Di Vella, si pone due obiettivi: "Da un lato, valorizzare la capacità di autodeterminazione del minore, in merito alle scelte che riguardano la sua salute; dall'altro, tener conto degli aspetti deontologici e normativi della procedura che andremo ad applicare".