L'aspettativa di vita si allunga, ma il cervello non sempre sta al passo. I nostri neuroni si rinnovano?
Grazie ad alcune cellule staminali che producono alcuni tipi specifici di neuroni in piccole aree del cervello.
Quiz Scienza è un progetto di divulgazione della scienza sui Social di Renato Sartini, giornalista scientifico ed esperto in comunicazione della conoscenza. Viene pubblicato su Twitter e Facebook in collaborazione con Enti e Istituzioni che si occupano di ricerca scientifica.
Il QuizScienza non ha alcuna valenza statistica, ma l'intento di creare un cortocircuito virtuale tra il popolo del web e gli scienziati. Al fine di chiarire alcuni concetti scientifici e di arginare, in parte, anche il fenomeno delle cosiddette bufale scientifiche. Il tutto con un linguaggio accessibile ai meno esperti.
UniToNews ha deciso di partecipare. Alla domanda n. 7 del Quiz Scienza risponde Luca Bonfanti, Professore di anatomia veterinaria e neurobiologo - Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO) e Università di Torino
"I neuroni (le cellule nervose responsabili di tutte le nostre attività cerebrali) sono sempre stati considerati "elementi perenni", cioè incapaci di replicarsi, e quindi rinnovarsi, nel corso della vita dell'individuo. Significa che i circa 100 miliardi di neuroni presenti nel cervello il giorno della nostra nascita ci dovranno seguire fino alla morte. Ciò è ben diverso dalla situazione in altri organi come pelle, sangue, osso, in cui le cellule vengono continuamente ricambiate man mano che si alterano o muoiono. Questo consente a tali organi di "rigenerare" dopo lesioni cutanee, emorragie o fratture, riparando i danni e talvolta ritornando allo stato originario. In una persona che muore a ottant'anni le cellule cutanee avranno pochi mesi mentre i neuroni hanno ottant'anni. Il problema è che nel cervello il mancato ricambio cellulare impedisce anche la rigenerazione dopo lesione (traumi, ictus, malattie neurodegenerative). Questa incapacità è ancora più grave se pensiamo che l'aspettativa di vita dell'uomo si allunga sempre di più. I nostri antenati, migliaia di anni fa, vivevano in media 25 anni, e prima della rivoluzione industriale non era comune arrivare a 60-70 anni. Oggi, in alcuni Paesi, si va verso medie di longevità che superano i 100 anni, con evidenti rischi di aumento delle demenze senili.
Circa 25 anni fa è stato scoperto che anche il cervello dei mammiferi contiene cellule staminali. Esistono vere e proprie nicchie staminali in grado di produrre nuovi neuroni (fenomeno della "neurogenesi adulta") ma solo in alcune regioni cerebrali molto piccole. I nuovi neuroni si possono aggiungere ai circuiti nervosi pre-esistenti nel bulbo olfattivo e nell'ippocampo, per tutta la vita dell'individuo. Queste regioni cerebrali sono importanti in apprendimento e memoria, e di fondamentale importanza per la sopravvivenza dell'individuo. Sebbene gli scienziati stiano cercando di sfruttare questo fenomeno per indurre il cervello a rigenerare per riparare i danni, le scelte evolutive che ci hanno portato ad acquisire grandi capacità cognitive rendono questo obiettivo ancora incerto. Nei cervelli di altri vertebrati, come i pesci o i rettili, le regioni dotate di cellule staminali sono più ampie e diffuse, e la rigenerazione è possibile, mentre i mammiferi sembrano aver perso questa capacità. Studi recenti condotti sui delfini dimostrano che mammiferi acquatici privi di olfatto la neurogenesi è scomparsa, suggerendo che effettivamente sia legata a funzioni fisiologiche e non riparative. Esiste tuttavia la possibilità di sfruttare la plasticità della neurogenesi per mantenere "allenato" il cervello durante la nostra vita, in modo da farlo arrivare sano e funzionale anche in età avanzata, il che rappresenta una forma di prevenzione nei confronti dei deficit cognitivi. E' stato infatti dimostrato che l'attività fisica ripetuta, soprattutto la corsa (oltre all'attività intellettuale), aumentano la produzione di nuovi neuroni nell'ippocampo, confermando che lo stile di vita che conduciamo e l'ambiente in cui viviamo possono modificare (nel bene o nel male) la "struttura" del nostro cervello, a tutte le età."
Link di approfondimento
http://frida.unito.it/wn_
http://journal.frontiersin.
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