La tutela dei beni culturali nelle zone di guerra
Una giornata di studio al Dipartimento di Giurisprudenza sulla salvaguardia dei manufatti artistici nelle zone di conflitto armato con particolare attenzione al trafugamento e commercializzazione delle opere d'arte nel mercato mondiale
Recentemente la Corte penale internazionale dell'Aia ha condannato a nove anni di reclusione, per crimini internazionali di guerra, Ahmad Al Mahdi, all'epoca capo della polizia islamica del gruppo Ansar Dine affiliato ad Al Qaida, per la distruzione in Mali di alcune tombe sufi, delle porte della moschea di Sidi Yahia e l'incendio di Timbuctu perpetrati nell'estate del 2012. Non è la prima volta che un tribunale internazionale classifica come crimini di guerra le distruzioni intenzionali di beni del patrimonio, ma la sentenza è storica perché si tratta del primo caso di condanna di un soggetto legato al fondamentalismo islamico.
Si è parlato anche di questo durante la giornata di studio organizzata dal Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Torino con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, intitolata "La tutela internazionale dei beni culturali come valore sociale ed economico: dal divieto di attacco e utilizzo per scopi militari al concetto di attentato contro l'umanità". In una Torino candidata a ospitare e formare i Caschi Blu ONU della Cultura, l'incontro ha approfondito il tema della tutela dei beni culturali durante i conflitti armati, senza trascurare aspetti importanti come il trafugamento e la commercializzazione di tali beni in un mercato ormai globale. Un tema sempre attuale che nel contesto degli ultimi conflitti in Medio Oriente è tornato alla ribalta.
"L'Italia - ha dichiarato il Prof. Giuseppe Porro, Ordinario di Diritto Internazionale del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Torino - sta portando avanti una politica su questo tema assolutamente innovativa. Questa giornata di riflessione è servita per mettere insieme tante forze diverse: Università, Esercito, Carabinieri, mondo diplomatico, UNESCO e discutere sul modo di difendere i beni culturali che ormai sono un patrimonio non di una città o di una nazione ma di tutto il mondo".