Dai medici di UniTo una nuova tecnica di cura per l'ipertensione arteriosa refrattaria ai farmaci orali
L'esperto: "Da oggi i pazienti potranno condurre una vita più normale e fare anche dello sport”
Buone notizie per chi soffre di ipertensione arteriosa: il Centro per lo Studio e la Terapia dell’Ipertensione dell’Università di Torino mette a disposizione, primo al mondo, una nuova tecnica di cura.
Come spiega il prof. Franco Veglio del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino e direttore della SC Medicina Interna 4 presso l’Azienda Ospedaliera Città della Salute e Scienza, il trattamento prevede l’iniezione di Urapidil, un farmaco antipertensivo, per mezzo di un elastometro, un dispositivo collegato a un catetere portatile, il PICC (Peripherally Inserted Central Catheters), fissato nel braccio del paziente.
Addio alle ore di ricovero in pronto soccorso e ai cavi delle flebo: da oggi i pazienti possono controllare i valori della pressione arteriosa direttamente da casa, in piena autonomia, con la sola necessità di sostituire parte dell’apparecchio una volta alla settimana in ambulatorio.
Questo sistema di infusione, ampiamente sperimentato nella terapia cronica del dolore e nella terapia oncologica, finora non è mai stato utilizzato nella terapia dell’ipertensione arteriosa. Una novità di rilevanza mondiale nel settore, tanto che la prestigiosa rivista Hypertension della American Heart Association ha pubblicato a gennaio un articolo su questo nuovo trattamento.
L’infusione di Urapidil rappresenta una “terapia ponte”, che di settimana in settimana permette al paziente una vita normale, in previsione di ulteriori e definitivi approcci terapeutici per la normalizzazione della pressione arteriosa.
Il trattamento è stato finora effettuato su due pazienti di 45 e 50 anni con ipertensione arteriosa grave e refrattaria. La nuova tecnica di terapia ha migliorato in modo significativo la qualità di vita di questi pazienti che erano frequentemente in pronto soccorso con valori medi di 280/150 mmHg.
Inoltre, la terapia permette l’assunzione del farmaco anche ai pazienti che, a causa di interventi chirurgici al cavo orale o all’apparato digerente, non siano in grado di ingerire antipertensivi per via orale.
“Con la nostra nuova tecnica di cura – conclude il prof. Veglio – i pazienti potranno addirittura fare sport”.
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