Intubazione tracheale nei pazienti critici, lo studio internazionale UniTo che individua i fattori di rischio maggiori
La ricerca, che ha esaminato circa 3000 pazienti provenienti da 29 Paesi, chiarisce l’incidenza degli eventi avversi correlati all’intubazione e individua le procedure associate a maggior rischio di complicanze
È stato appena pubblicato, sull’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine, lo studio prospettico multicentrico internazionale INTUBE (International Observational Study to Understand the Impact and Best Practices of Airway Management in Critically Ill Patients), che ha analizzato la procedura dell'intubazione endotracheale nei pazienti critici, individuandone i fattori associati al collasso cardiocircolatorio. Lo studio, coordinato da Vincenzo Russotto, ricercatore del Dipartimento di Oncologia dell’Università degli Studi di Torino, e anestesista-rianimatore dell’unità operativa di Anestesia del San Luigi Gonzaga di Orbassano diretta dal Prof. Pietro Caironi, ha esaminato quasi 3000 pazienti da 29 differenti Paesi, chiarendo l’incidenza degli eventi avversi correlati all’intubazione e individuando le procedure associate a maggior rischio di complicanze.
L’intubazione tracheale è una delle procedure utilizzate più frequentemente nei pazienti critici in terapia intensiva e, soprattutto nel periodo di maggior diffusione del Covid-19, ha rappresentato un intervento salvavita necessario a garantire supporto respiratorio artificiale in pazienti con insufficienza respiratoria o in coma. Tale procedura d’emergenza, tuttavia, può associarsi ad una serie di complicanze, tra le quali il collasso cardiocircolatorio rappresenta la più frequente. Questo evento sembra associarsi ad una maggiore mortalità anche a distanza di tempo.
Tra i fattori di rischio individuati vi sono fattori legati al paziente, quali età più avanzata, ridotta riserva cardiaca e respiratoria, ma anche l’utilizzo di un farmaconecessario per indurre l’anestesia prima dell’intubazione. Si tratta del propofol, largamente utilizzato in tutto il mondo che, nel paziente critico, sembrerebbe associarsi significativamente all’ipotensione dopo intubazione, con un incremento del 23% di rischio. Questa informazione risulta rilevante poiché risultano già disponibili farmaci altrettanto efficaci (p.es ketamina o etomidate) ma con un profilo più favorevole in termini di complicanze cardiocircolatorie in questa specifica categoria di pazienti.
Per questo studio Vincenzo Russotto è stato segnalato dall’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine come Emerging Investigator.
Il prossimo traguardo sarà rappresentato da uno studio multicentrico e randomizzato finalizzato a valutare l’efficacia preventiva di un farmaco utile a prevenire l’ipotensione dopo intubazione. Tale studio, che vedrà ancora una volta la collaborazione di diversi ospedali italiani e di diversi Paesi, sarà coordinato dal dott. Russotto e del prof. Caironi dell’Università di Torino, in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, e la National University of Ireland Galway. I risultati di queste ricerche potrebbero contribuire ad incrementare ulteriormente la sicurezza dell'intubazione nel paziente critico.