Il suono emesso dai pinguini si basa su regole linguistiche? Lo studio
Intervista a Livio Favaro, ricercatore UniTo che ha condotto una ricerca raccogliendo 590 vocalizzazioni provenienti da 28 esemplari adulti di pinguini africani
Uno studio pubblicato su Biology Letters, rivista scientifica della Royal Society, dal titolo “Do penguins vocals conform to linguistic laws?” ha attirato l’attenzione di molti media, nazionali e internazionali. Così come il suo primo autore e coordinatore Livio Favaro, 39enne di Pinerolo, ricercatore dell’Università di Torino. Favaro, insieme al Professor Marco Gamba e ad altri collaboratori, ha analizzato le vocalizzazioni emesse dai pinguini. Suoni che, ad un orecchio normale, potrebbero sembrare confusi, ma che in realtà seguono regole precise. Proprio come il linguaggio degli esseri umani. Ma prima di arrivare a tale conclusione, sono stati necessari 3 anni di lavoro (dal 2016 al 2018), tra laboratori e zoo italiani, registrando complessivamente 590 vocalizzazioni provenienti da 28 esemplari adulti di pinguini africani.
Dott. Favaro, come è arrivato a realizzare uno studio del genere?
All’Università di Torino mi occupo di bioacustica applicata ai vertebrati marini. Gran parte della mia ricerca si svolge sui pinguini, in particolare il pinguino africano. Questo esemplare si trova in zone subtropicali, lungo le coste del Sud Africa, della Namibia e in parte del Mozambico e, a differenza della credenza popolare, non nidifica nell’inverno antartico (come i pinguini reali o imperatori). Una specie dal repertorio vocale abbastanza semplice, costituito da varie tipologie di vocalizzazioni, tra cui però ne troviamo una particolarmente interessante: l’ecstatic display song, vera e propria “canzone” emessa esclusivamente dai maschi durante il periodo riproduttivo, tra la fine di gennaio e la fine di maggio.
Cos’ha di così importante l’ecstatic display song?
Il significato di questa vocalizzazione è duplice: da un lato serve come difesa territoriale; dall’altro riguarda la scelta del partner. Il maschio, intonando tali suoni, vuole convincere la femmina di essere un partner affidabile, capace di costruire un legame monogamo durante tutta la stagione riproduttiva. Le vocalizzazioni sono costituite da tre tipologie di sillabe: una tipologia di sillabe molto corte (tipologia A), molto lunghe (tipologia B), e una di durata intermedia (tipologia C). Le inalazioni ed esalazioni emesse dai pinguini durante la ecstatic display song ricordano il ragliare di un asino. Per tale motivo uno dei soprannomi del pinguino africano è jackass penguin (pinguino asino). Guardando gli spettrogrammi abbiamo notato che le composizioni sillabica sono estremamente varie, tanto da farci sorgere una domanda: “Che cosa porta i pinguini a emettere più o meno sillabe? Cosa determina, ad esempio, il fatto che le sequenze vocali abbiano tante sillabe corte e poche sillabe lunghe?”
Avete trovato una risposta?
Per rispondere ci siamo serviti di due leggi linguistiche, materie di studio di una disciplina chiamata “linguistica quantitativa”: la legge di Zipf e la legge di Menzerath-Altmann. La prima legge ci dice che, nei sistemi di comunicazione, c’è una tendenza universale alla compressione dell’informazione. Nei linguaggi che sono stati studiati fino a oggi, le parole più usate – ad esempio le congiunzioni – tendono a essere più corte rispetto alle parole che si usano di meno. Per esemplificare: ”A”, “con” o “per” sono più corte di “otorinolaringoiatra” o “cardiochirurgia”. L’obiettivo è massimizzare la codifica dell’informazione e, allo stesso tempo, risparmiare energia. La legge di Menzerath-Altmann invece ci dice: “se le parole sono costituite da molti fonemi, la durata dei singoli fonemi è molto corta. All’inverso, se le parole sono costituite da fonemi lunghi, il numero dei fonemi è tendenzialmente molto basso”. C’è una proporzione, insomma.
Come avete applicato queste due leggi ai pinguini?
Abbiamo notato due cose: le sillabe più usate dai pinguini sono quelle più corte. Questo dato è conforme ai dati riscontrati in altri tipi di linguaggio, compreso quello umano. C’è una pressione selettiva universale per una compressione dell’informazione nei confronti degli elementi vocali maggiormente usati. Questa pressione selettiva agisce in sistemi comunicativi molto complessi, come quello umano, o quello dei primati non umani – come i gibboni o le macache. Prima di oggi però non era mai stato dimostrato fosse vero anche per i pinguini, una specie filogeneticamente molto lontana dai primati.
Dunque c’è una similitudine tra il linguaggio dei pinguini e quello degli umani?
Quando parliamo di linguaggio ci riferiamo esclusivamente all’uomo, che comporta una comunicazione basata su strutture lessicalizzate, semantica e sintassi. Caratteristiche che non si trovano nella stragrande maggioranza delle vocalizzazioni animali. Nonostante ciò, esistono dei pattern statistici universali, che sono trasversali rispetto ai sistemi di comunicazione. Che si possono dunque ritrovare al di là della complessità del sistema. Negli esseri umani, come nei pinguini.