Il ruolo delle ICT per uno sviluppo sostenibile: la ricerca di UniTo in collaborazione con ImpactSkills e Ministero degli Esteri
Presentati giovedì 28 settembre i risultati dello studio sulle Information and Communication Technologies in Italia
Le ICT (Information and Communication Technologies) sono un abilitatore fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), ma la loro efficacia è subordinata a molteplici fattori: infrastrutture disponibili, governance e accettazione da parte della società. Le preoccupazioni etiche, in particolare quelle relative alla privacy e
all'utilizzo dei dati, complicano ulteriormente il panorama. Inoltre,
viene registrata una continua tensione tra investimenti in soluzioni
tecnologiche e servizi di base, che solleva questioni sull'allocazione
delle risorse e sulle priorità.
Questi sono alcuni degli elementi emersi dalla ricerca "The Role of ICT in Achieving SDGs in Countries with Low Digital Infrastructure" (scaricabile a questo link), realizzata dall’Università degli Studi di Torino in collaborazione con ImpactSkills e sostenuta dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. I risultati sono stati presentati giovedì 28 settembre, alla presenza del Ministro plenipotenziario della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale Carlo Batori, in occasione di un evento online, che ha visto la partecipazione del mondo accademico – con una rappresentanza dell’Università degli Studi di Torino, ma anche di Guido Zolezzi, coordinatore del Coordinamento Universitario per la Cooperazione allo Sviluppo (CUCS) – e delle ONG italiane. Tra i vari spunti che offre, la ricerca evidenzia la necessità di trovare un linguaggio comune nella valutazione dei risultati delle iniziative ICT4D e il Ministero sembra muoversi proprio nella direzione di fare rete tra le diverse realtà italiane.
“Una delle sfide della cooperazione italiana è accogliere le potenzialità del digitale nelle proprie azioni di sviluppo. Già nel 1993 la cooperazione italiana ha sostenuto con un team di ingegneri e macchinari avanzati lo svolgimento del referendum per l’indipendenza dell’Eritrea. Da allora sono state realizzate attività importanti, ma è mancata una visione strategica – ha spiegato Carlo Batori –. Nel 2024 l’idea è quella di avviare una serrata riflessione con il coinvolgimento degli stakeholder per definire una strategia italiana condivisa sul digital for development”.
“Questa ricerca si inserisce nel quadro di un più ampio insieme di attività che, come Università di Torino svolgiamo sui temi della cooperazione allo sviluppo, tra ricerca, formazione e terza missione – commenta Egidio Dansero, Vicerettore alla Sostenibilità e alla Cooperazione allo Sviluppo dell’Università e responsabile scientifico della ricerca –. Avere una fotografia del ruolo delle ICT nel campo dello sviluppo in generale e dello sviluppo sostenibile, in particolare, è fondamentale per valutare le tipologie di interventi e di azioni da mettere in atto. Ma anche, soprattutto per un’istituzione che si occupa di formazione, per individuare le giuste competenze da trasmettere a chi si sta preparando per lavorare nel mondo della cooperazione”.
Dalla ricerca emerge che le ICT risultano un abilitatore fondamentale per il raggiungimento degli SDGs, offrendo soluzioni scalabili per sfide sistemiche, come la riduzione della povertà, l’istruzione di qualità e l’assistenza sanitaria. Lo confermano diversi esempi che vengono illustrati nel report: uno su tutti il caso di Solar Sister, che impatta su tre obiettivi di sviluppo sostenibile: SDG 5 (uguaglianza di genere), SDG 10 (riduzione delle diseguaglianze) e SDG 13 (combattere il cambiamento climatico). L’impresa sociale mira ad emancipare le donne offrendo loro l’opportunità di gestire la distribuzione nell’ultimo miglio di prodotti energetici puliti quali pannelli solari. Il progetto, nato in Uganda nel 2010, è stato replicato in Nigeria nel 2012 e in Tanzania nel 2013.
“Stiamo assistendo a molteplici crisi che colpiscono ogni angolo del mondo: dai disastri naturali alle guerre, dai cambiamenti climatici alla nuova inflazione economica. Questo ha influito enormemente anche sui progressi degli Obiettivi di sviluppo sostenibile – spiega Ron Salaj, Fellow a UniTo, esperto di ICT4D di Impactskills e autore della ricerca –. D'altra parte, c'è sempre più interesse a sfruttare le tecnologie per uno sviluppo sostenibile. E la ricerca ha confermato che la tecnologia può svolgere un ruolo cruciale nel consentire lo sviluppo sostenibile, ma è necessaria un'elevata attenzione per garantire che si abbia un approccio basato sui diritti umani e inclusivo, fin dalle prime fasi, per evitare di esacerbare eventuali diseguaglianze”.
“Pur consapevoli dell’importanza che la transizione digitale può rivestire nel raggiungimento degli SDGs – sottolinea Chara Certomà, DIGGEO@ESOMAS di UniTo –, è importante chiedersi a quali condizioni, che impatto ha il digitale sulla sostenibilità. In questo senso diventa fondamentale avere strategie condivise, non solo a livello nazionale”.
Le ONG italiane dimostrano di avere una percezione positiva sul ruolo delle ICT nei processi di sviluppo, ne valutano l’impatto come “sostanziale” nel 42,3% dei casi e come “moderato” secondo il 38,5%, tuttavia risultano farne un uso ancora relativamente modesto. Nella loro azione, le ONG italiane ne fanno ampio uso (il 96,2%), ma lo strumento più utilizzato è rappresentato dai social media (96%), mentre solo il 32% ricorre a strumenti di visualizzazione dei dati e quasi nessuno a tecnologie più complesse. Inoltre, l’80,8% delle ONG non ha una strategia ICT e il 57,7% non ha personale dedicato. E i principles for digital development sono quasi del tutto sconosciuti.
“La ricerca si concentra sulle ONG del Nord, ma sarebbe utile e interessante capire qual i sono la situazione e le difficoltà delle ONG del Sud globale – sottolinea Elisa Bignante, professoressa di Geografia Politica ed Economica di UniTo –. E soprattutto è fondamentale mettere il focus sui beneficiari: spesso sono le comunità locali a chiedere soluzioni basate sull’ICT e non sempre le ONG hanno gli strumenti necessari per dare risposte adeguate. Bisogna quindi riuscire a costruire risposte condivise con le comunità locali, portando strumenti e competenze”.
Facendo tesoro di quanto emerso dalla ricerca, tra le raccomandazioni si propone una roadmap che abbraccia ricerca, rafforzamento delle competenze, collaborazione, innovazione e cooperazione internazionale. Sarebbe importante attuare iniziative transdisciplinari a lungo termine, avviando collaborazioni con istituzioni accademiche per produrre approfondimenti basati sui dati e sviluppando ricerche esplorative su tecnologie emergenti, quali blockchain, Intelligenza Artificiale e apprendimento automatico. Infine, sarebbe utile adottare un “quadro di valutazione per i progetti ICT4D”, per classificare i progetti in base al loro impatto, in modo da disporre di un linguaggio comune nella valutazione dei risultati delle iniziative ICT4D.