Il digital storytelling nei contesti di cura: uno strumento di supporto a operatori e pazienti
Nell’ambito del convegno “Digital Education: un nuovo paradigma per le sfide di domani”, un workshop condotto da Barbara Bruschi e Vincenzo Alatra sulle pratiche narrative digitali nei contesti socio-sanitari ed educativi
Dalla scrittura creativa alla sociologia delle narrazioni, dalla medicina narrativa alla psicologia dinamica: sono queste alcune delle competenze dell’esperto di digital storytelling nei contesti di cura. “Il digital storytelling, prima ancora di essere digital, è narrazione” afferma ai microfoni di Unito News Barbara Bruschi, docente di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento all’Università di Torino. Ai fini del racconto, quindi, valgono tutte le classiche regole per una narrazione efficace. Sull’aspetto digital, Bruschi specifica: “Si applicano le tecniche narrative integrandole con l’impiego della voce in prima persona, delle immagini e di un accompagnamento audio”. In particolare, è soprattutto l’uso della voce a porre l'accento sul lato umano della storia, creando empatia e mettendo al centro la persona che racconta.
Per gli operatori che lavorano in contesti di cura, lo storytelling può essere un modo per elaborare la propria situazione professionale, mentre per i pazienti può essere uno strumento efficace per esplorare l’incertezza della propria condizione, raccontandola, prima ancora che agli altri, a se stessi. Dunque, il digital storytelling non è solo un aiuto ai pazienti e ai loro caregiver per elaborare la propria fragilità, ma anche uno strumento di supporto ai professionisti. Infatti, lavorando spesso in situazioni delicate, infermieri, educatori, medici, formatori, psicologi e assistenti sociali hanno la necessità di confrontarsi con dinamiche complesse e, talvolta, logoranti.
I contesti di cura non sono solo quelli medico-sanitari, ma anche quelli legati alla formazione e all’educazione. Bruschi racconta di un percorso di digital storytelling nato in ambito educativo con professionisti dell’educazione dei minori: “Con 15 educatori dei servizi educativi della Città di Torino abbiamo ricostruito il senso della professione educativa. Persone che avevano completamente perso di vista i 40 anni di vita professionale trascorsi hanno potuto ricostruire, anche grazie alle immagini, una dimensione di resistenza professionale che era ormai in un sottobosco inesplorato”.