Il cancro al seno nell'arte rinascimentale
Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet Oncology rivela la presenza di tumori maligni attraverso l'osservazione dei dipinti
Il lavoro, a cui hanno preso parte ricercatori dell'Università di Torino rientra nel campo della paleopatografia che è una branca della paleopatologia classica, la quale studia i resti umani (scheletri e mummie) e, sulla base delle lesioni riscontrate sia a livello osseo che a livello dei tessuti molli, formula ipotesi riguardanti l’eziologia di alcune malattie.
A partire dall’analisi delle fonti storiche e letterarie e delle rappresentazioni pittoriche, la paleopatografia ha per scopo quello di ricostruire le manifestazioni cliniche - segni e sintomi- delle malattie che hanno colpito l’Uomo attraverso i secoli e i millenni. Nel caso in oggetto, una corretta osservazione dei dipinti ci ha consentito di evidenziare due fra i casi più antichi di rappresentazione pittorica di carcinoma mammario risalenti al Rinascimento.
Questo studio ha un importante rilevanza perché i paleopatologi hanno cercato di comprendere quale sia stata la prevalenza del tumore maligno del seno nelle diverse epoche storiche. Nei due casi descritti, ci troviamo di fronte a due distinti tipi di carcinoma mammario, di cui uno addirittura in necrosi e con linfoedema associato.
Lo studio analizza il dipinto La notte (Galleria Colonna, Roma) dipinta da Michele di Rodolfo del Ghirlandaio, trasposizione ad olio su tavola dell'omonima statua scolpita in marmo da Michelangelo Buonarroti (1526-31, chiesa di San Lorenzo, Firenze, ), e L'allegoria della fortezza (Galleria dell'Accademia, Firenze) raffigurato da Maso di San Friano.
È importante sottolineare, dal punto di vista storico-medico, come un approccio chirurgico rivoluzionario alla rimozione delle neoplasie mammarie fosse stato sviluppato già nel Rinascimento. Importantissima, a tal fine, è la figura del chirurgo Barthélémy Cabrol (1529–1603), primo chirurgo del re di Francia Enrico IV e professore all’Università di Montpellier. Cabrol raccomandava di eseguire la mastectomia con rimozione del muscolo pettorale e dei linfonodi del cavo ascellare. Il suo approccio pionieristico vedrà la propria realizzazione solo tre secoli dopo quando Wiliam R Halsted (1852–1922) eseguì, nel 1894, la prima mastectomia radicale in condizioni asettiche e utilizzando gli anestetici".
Nonostante fosse possibile ricorrere alla mastectomia radicale è chiaro che questa non veniva praticata correntemente nel Rinascimento. La mancanza di anestesia totale, l'assenza di condizioni antisettiche, le complicazioni derivanti dalle infezioni, il dolore post-operatorio e il sanguinamento copioso erano tutti fattori che limitavano il ricorso a una simile pratica.
"Il seno, allora come ora, rappresentava un simbolo di femminilità e di bellezza" ha dichiarato la Prof.ssa Raffaella Bianucci, Senior Researcher presso la Warwick Medical School, Coventry, UK e docente dell'Università di Torino. "La mastectomia era considerata da alcuni chirurghi anche molto famosi, come Ambroise Paré (1510-1590), come una pratica disumana per gli standard del tempo. In generale, si assisteva a una prevalenza del nichilismo terapeutico e, di conseguenza, il tumore progrediva nei vari stadi fino a più quello avanzato visibile anche ad occhio nudo. I miei colleghi ed io riteniamo che la rappresentazione pittorica del tumore maligno del seno sia stata intenzionale ed è possibile, entro certi limiti, che rifletta una condizione patologica femminile piuttosto comune durante il Rinascimento".