I resti mortali di Nefertari al Museo Egizio di Torino?
Un gruppo di ricerca delle Università di Torino, Zurigo e York prova a scoprirlo attraverso analisi antropologiche, antropometriche e radiologiche
Di Raffaella Bianucci, Sezione di Medicina Legale, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche
Alla sua morte, avvenuta tra i 40 e i 50 anni di età, la regina Nefertari, Seconda Grande Sposa Reale del faraone Ramesse II (ca.1303-1213 a.C.), fu sepolta nella Valle delle Regine a Luxor; la sua tomba, già depredata durante l’antichità, fu scoperta dall’egittologo Ernesto Schiaparelli nel 1904.
Testimoniano dello splendore della sua ultima dimora le pareti finemente affrescate ma anche i frammenti del suo sarcofago in granito rosa, un pilastro djed, un pomello a fiore di loto con il cartiglio del faraone Ay (forse il nonno di Nefertari), vari elementi del corredo funebre in cui è iscritto il nome della regina, ma anche un paio di sandali - la cui foggia è caratteristica della 18esima e 19esima Dinastia e la cui raffinatezza indica l’appartenenza a un individuo di casa reale - oltre a due gambe sopravvissute ai millenni: il tutto conservato presso il Museo Egizio di Torino.
Si tratta forse dei resti della bellissima regina Nefertari? Per tentare di appurare se effettivamente questi resti umani possano essere attribuiti a una delle più affascinanti figure femminili dell’Antico Egitto, i ricercatori delle Università di Torino, Zurigo (IEM) e York sono ricorsi all’utilizzo di diverse tecniche analitiche.
“Oltre a occuparsi di temi propri delle scienze forensi - spiega Giancarlo Di Vella, docente e responsabile della Sezione di Medicina Legale all’Università di Torino - nei nostri laboratori si conducono da anni studi paleopatologici, storico-medici e si indaga sul rapporto tra arte e medicina”.
Le analisi antropologiche, antropometriche e radiologiche condotte sui resti umani rinvenuti nella tomba di Nefertari, sinora mai investigati, hanno consentito di stabilire la loro appartenenza ad un individuo adulto, di età compresa tra i 40 anni e i 50 anni (come conferma la presenza di una calcificazione dovuta a probabile aterosclerosi a livello delle arterie tibiali anteriori e posteriori sinistre), di sesso femminile, di costituzione piuttosto esile e di statura compresa tra i 165 e i 168 cm.
Dalla misurazione dei sandali, si è appurato che la persona che li calzava, aveva una misura compresa tra il 39 e il 40, compatibile con un’altezza pari a quella stimata per l’individuo oggetto di studio. "Che il corpo di quest’esile donna sia stato imbalsamato lo provano le analisi chimiche che rivelano l’utilizzo di una specifica “ricetta” per l’imbalsamazione in uso durante l’epoca Ramesside ma non in periodi antecedenti" afferma il biochimico Stephen Buckley dell’Università di York.
L’analisi del DNA mitocondriale non ha permesso, invece, di confermare il sesso dell’individuo, un dato che non sorprende gli addetti ai lavori e che è legato alle molteplici contaminazioni del reperto antico con DNA umano moderno, manipolazioni occorse a più riprese dal momento della sua scoperta sino alla musealizzazione.
La datazione con radiocarbonio indica che questa donna visse durante il Nuovo Regno. Tuttavia, i suoi resti predatano di circa 200 anni l’epoca in cui si ritiene sia vissuta Nefertari. Si tratta di un risultato che, di primo acchito, può essere interpretato a sfavore dell’attribuzione dei resti alla regina Nefertari. In realtà, è importante considerare che le nuove tecniche di datazione con il C14 hanno già dimostrato, per diversi periodi della storia egizia dal Predinastico in avanti, l’esistenza di una discrepanza tra il dato cronologico fisico e il calendario egizio. “Questo dato apre, senz’altro, un nuovo dibattito per quanto riguarda il modello cronologico inerente il Nuovo Regno” afferma l’egittologo dell’IEM Michael Habicht.
Proprio perché la datazione con il C14 non coincide con l’epoca storica in cui Nefertari visse e alla quale appartiene la tomba, sono stati presi in considerazione vari possibili scenari, inclusa l’ipotesi che i resti umani appartenessero ad un altro individuo di sesso femminile, di età analoga, vissuto in epoche precedenti ovvero durante la 17esima o 18esima dinastia.
In realtà, data la posizione sopraelevata della tomba di Nefertari rispetto a quella delle tombe di epoca antecedente, si tende ad escludere che i resti possano essere stati trasportati, addirittura all’interno della camera funeraria della regina, da piogge intense o da smottamenti del terreno. Inoltre, la presenza di una serie di oggetti di corredo funebre risalenti alla 19esima dinastia e appartenuti a Nefertari (ne recano iscritto il nome), nonché il tipo di imbalsamazione utilizzato, portano a ritenere altamente improbabile che si tratti di resti umani risalenti a periodi antecedenti.
Lo scenario più probabile, che tuttavia non significa certezza assoluta, è che i resti rinvenuti nella camera funeraria della regina Nefertari appartengano alla regina stessa.
Guarda in fotogallery le immagini dei reperti dalla tomba di Nefertari!