I paleontologi di Unito scoprono nuovi dettagli sul più grande serpente mai vissuto in Italia
Il Palaeophis oweni, fu descritto per la prima volta nel 1881 sulla base di alcune vertebre trovate sul Monte Duello, ma da allora è rimasta una specie poco conosciuta e le sue precise affinità biologiche piuttosto enigmatiche.
I paleontologi Georgios Georgalis e Massimo Delfino del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino con Letizia Del Favero del Museo di Geologia e Paleontologia dell'Università di Padova, hanno scoperto nuove caratteristiche anatomiche e fornito una documentazione approfondita sul Palaeophis oweni, il grande serpente acquatico che abitava nell’area nord orientale italiana, più o meno vicino Verona, circa 40 milioni di anni fa.
Il Palaeophis oweni, fu descritto per la prima volta nel 1881 sulla base di alcune vertebre trovate sul Monte Duello, ma da allora è rimasta una specie poco conosciuta e le sue precise affinità biologiche piuttosto enigmatiche. I ricercatori Georgalis, Del Favero e Delfino hanno condotto uno studio dettagliato di tutte le vertebre scoperte sul Monte Duello, al momento ospitate nelle collezioni del Museo di Geologia e Paleontologia dell'Università di Padova, e hanno chiarito le esatte affinità biologiche del Palaeophis oweni, evidenziandone le caratteristiche anatomiche più peculiari. Il Palaeophis oweni era un grande serpente acquatico che abitava le acque marine poco profonde che un tempo coprivano l'area di Verona. Sebbene le sue dimensioni non possano essere stimate con certezza, a giudicare dalle vertebre di grandi dimensioni, il Palaeophis oweni doveva superare di gran lunga qualsiasi altro serpente estinto o esistente conosciuto in Italia.
Una litografia originale che accompagnava la breve descrizione del Palaeophis oweni, risalente al 1881, era finora l’unica informazione disponibile per questa specie. I ricercatori hanno pubblicato recentemente uno studio in cui sono presenti fotografie, descrizioni dettagliate e del nuovo materiale scientifico inedito. I paleontologi hanno inoltre designato un lectotipo e chiarito alcuni problemi nomenclaturali, nonché alcune inesattezze presenti nella litografia originale.
L'articolo completo pubblicato in Open Access è consultabile qui
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