Donne e Religioni, la presenza femminile dal passato al futuro
Il ruolo della donna nello sviluppo delle dottrine religiose. Un convegno organizzato da CIRSDe, CSR e CRAFT
Capire quanto le donne abbiano contribuito allo sviluppo delle dottrine religiose può essere complesso. Tuttavia, attraverso un approccio multidisciplinare, nel convegno Donne e Religioni – la presenza femminile dal passato al futuro, che si è tenuto il 28 marzo presso la Palazzina Einaudi, si è provato a ragionare sul tema.
Organizzato dal CIRSDe (Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere), dal CSR (Centro di Scienze Religiose “Erik Peterson”) e dal CRAFT (Contemporary Religions and Faith in Transition), il convegno è solo l’ultimo in ordine di tempo, tra quelli organizzati nell’Università di Torino, in cui si è discusso di tematiche prettamente femminili. Lo sottolinea la Prof.ssa Ilaria Zuanazzi, Presidente del CSR e moderatrice dell’evento: “È vero che, in linea teorica, si afferma il principio dell’equivalenza tra uomini e donne. Però nella pratica vediamo come le disuguaglianze ci siano ancora. Bisogna insistere, anche con le nuove generazioni, nella discussione di tali argomenti. In questo senso il ruolo delle Università è fondamentale, grazie agli approfondimenti specifici che vengono fatti nelle diverse discipline”.
Alcune di queste discipline erano rappresentate al tavolo dai numerosi relatori. A cominciare dalla Prof.ssa Stefania Palmisano, docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società di UniTo. Attraverso la sua indagine sociologica è emerso come “l’approccio di genere è per lo più ignorato nell’analisi dei processi di secolarizzazione, che pure è un argomento ampiamente battuto dalla sociologia delle religioni. In Italia poco o nulla si sa sull’andamento del processo di secolarizzazione tra le donne”. Il lavoro di Palmisano mira a colmare tale lacuna, proponendo un’analisi dei cambiamenti femminili nelle diverse dimensioni in cui si articola il concetto di religiosità. “I dati analizzati si basano sulle quattro edizioni dello European Values Study. Ma le analisi rivelano che la secolarizzazione tra le donne non è aumentata nel periodo considerato (30 anni)”.
Varcando i confini italiani, la discussione si sposta sugli altipiani dell’Asia centrale. La Prof.ssa Carla Gianotti, tibetologa e saggista, illustra le figure più importanti tra le religiose femminili nel buddismo tibetano. “La Maestra Dharma Ma gcig Lab sgron, tra il sec. XI e il sec. XII ha svolto un ruolo assolutamente centrale. Il suo insegnamento, basato sulla pratica meditativa della recisione dei dèmoni dell’ego, ha conosciuto una trasmissione ininterrotta per circa otto secoli. Figure come quella di Dharma Ma gcig sono state talmente potenti da essere, ancora oggi, fonte di ispirazione e insegnamento per le donne sul Sentiero buddhista”.
Dopo Cristianesimo e Buddismo, l’altra religione ad essere esaminata e quella islamica. Grazie agli interventi dei Proff. Paolo Branca e Ugo Pacifici Noja dell’Università Cattolica di Milano, la figura della donna nel mondo arabo viene declinata sotto profili sociali e giuridici, mettendo da parte le analisi superficiali e scorrette che spesso si fanno in materia. “La condizione femminile nell’Arabia antica non era certo delle migliori – esordisce Branca. Ma, per quanto possa sembrare paradossale, l’avvento del Profeta e della nuova religione migliorò molto la situazione. Da quel momento in poi la donna non passava più in eredità insieme alle altre proprietà del defunto; la poligamia fu limitata e posta sotto condizioni stringenti. Alcune donne dell’epoca, convertite all’Islam, hanno giocato ruoli decisivi nell’evoluzione della nuova religione. Prima che l’interpretazione del Corano e della Sunna, fatta esclusivamente da uomini, cambiasse tutto, riducendo le possibili aperture”.
Sotto un profilo giuridico invece, non bisogna dimenticare che “l’Islam è una realtà plurale. Oltre alla differenza tra sciiti e sunniti – dice Pacifici Noja – troviamo molte altre sotto derivazioni della dottrina islamica, la quale varia a seconda dell’ambito geografico, del Paese in cui ci troviamo ad applicarla. Attaccare la norma coranica tout court è pertanto ingiusto e scientificamente scorretto. In riferimento alle condizioni della donna, paesi come la Tunisia o il Marocco hanno dato luogo a veri e propri movimenti diretti ad abbattere la disparità di genere. Prova ne sia l’abolizione del divieto di sposare un non musulmano, fino a poco tempo fa vigente per tutte le donne tunisine, o l’obiettivo, a Rabat, di riformare il codice di famiglia e le disparità tra uomo e donna in ambito ereditario”.