Dal CERN nuovi passi avanti verso la ricerca della materia oscura
Merito di ALICE, il gruppo di scienziati di cui fanno parte diversi ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino
Secondo recenti risultati nel campo dell'astrofisica e della cosmologia, circa il 27% dell'Universo sarebbe composto da materia oscura. Tuttavia, la natura di questa materia resta un grande mistero e riuscire a a svelarne il segreto aprirebbe nuove porte verso la comprensione dell’Universo. Nuovi sviluppi sulla ricerca di materia oscura saranno possibili grazie al lavoro degli scienziati dell’esperimento ALICE (A Large Ion Collider Experiment), un gruppo di oltre 1500 tra fisici, ingegneri e tecnici internazionali operanti presso il CERN di Ginevra, di cui fanno parte anche diversi ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino e della Sezione torinese dell’Istituto Nazionale d Fisica Nucleare.
Recentemente ALICE ha presentato nuovi risultati sul tasso di produzione di antideutoni (una particella composta da un antiprotone e un antineutrone) basandosi sui dati ottenuti grazie all’elevatissima energia di collisione prodotta all’interno del Large Hadron Collider (LHC). Il LHC è il più grande acceleratore di particelle del mondo (27 km) situato a circa 100 metri di profondità presso il CERN e, al suo interno, si trovano diversi rivelatori. Le nuove misurazioni si rivelano importanti perché la presenza di antideutoni è un promettente segnale indiretto della composizione della materia oscura. Dei risultati che segnano un passo avanti nella ricerca in questo campo misterioso.
“Fortunatamente – dichiara Maximiliano Puccio, research fellow al CERN, già ricercatore del Dipartimento di Fisica UniTo – sia la produzione di antinuclei che la loro interazione con la materia ordinaria possono essere studiate sulla Terra, utilizzando l'LHC come fabbrica di antimateria. La collaborazione ALICE ha recentemente misurato la produzione di antideutoni nelle collisioni protone-protone alle energie LHC, per quanto la produzione di antinuclei rimanga un processo raro: per osservare un singolo antideutone occorrono migliaia di collisioni protone-protone.Una volta prodotti, gli antideutoni viaggiano all’interno dell’apparato sperimentale di ALICE, dove diversi rivelatori di particelle raccolgono informazioni sul loro passaggio. Dallo studio dettagliato dei segnali all’interno dei rivelatori di particelle è stato possibile investigare i possibili meccanismi di produzione di antimateria in collisioni tra particelle di materia ordinaria”.
Il rilevamento di antideutoni nello spazio potrebbe essere una manifestazione indiretta della materia oscura, poiché possono essere prodotti durante l’annichilimento e il decadimento di neutralini e sneutrini, ipotetiche particelle di cui sarebbe costituita la materia oscura.
“Una possibilità di studiare la materia oscura – spiega Massimo Masera, docente di Fisica Sperimentale all’Università di Torino e responsabile nazionale del progetto ALICE – è quella di cercare tracce della sua esistenza nei raggi cosmici, ossia nelle particelle che viaggiano nel cosmo e che sono rivelabili, prima che interagiscano con la nostra atmosfera, per mezzo di rivelatori su satellite. In particolare la rivelazione di nuclei di antimateria nei raggi cosmici, ad esempio nuclei di anti-deuterio o anti-elio, è molto interessante in quanto l'antimateria è praticamente assente nel nostro Universo: può essere prodotta in processi convenzionali piuttosto rari, rappresentati da collisioni tra particelle ad alta energia, e può essere l'ultimo anello della catena di decadimento o di annichilazione di materia oscura. Per capire se la materia oscura abbia un ruolo nel generare antimateria nei raggi cosmici è necessario conoscere molto bene i processi convenzionali che la producono”.
Con la collisione dei protoni nell’LHC, gli scienziati di ALICE riproducono la produzione di antideutoni attraverso le collisioni dei raggi cosmici, potendo dunque misurare il livello di produzione associato a questo fenomeno. Queste misurazioni forniscono le basi fondamentali per modellare il processo di produzione di antideutoni nello spazio.
“Da questo punto di vista – continua Masera – il Large Hadron Collide (LHC) è una” fabbrica" di anti-nuclei leggeri (antideutone, antitrizio, antielio) e ALICE è l'esperimento ideale per studiarli. I dati di ALICE servono per capire le modalità con cui questi anti-nuclei si possano formare in processi rari, ma convenzionali, e servono per capire come l'antimateria interagisca con la materia ordinaria, finendo per annichilirsi: quando si parla di misurare la sezione d'urto di assorbimento, si parla di questo. In sintesi si può dire che i dati di ALICE sono un tassello per capire se l'antimateria nei raggi cosmici sia una prova indipendente dell'esistenza della materia oscura”.
Comparando la quantità di antideutoni rilevata con le loro controparti (deutoni), gli scienziati sono stati in grado di determinare, per la prima volta, la probabilità di annichilazione degli antideutoni in funzione della loro energia. I dati ottenuti contribuiranno ai futuri studi sugli antideutoni presenti nelle vicinanze del Pianeta Terra, aiutando i fisici a determinare se sono la dimostrazione della presenza di materia oscura o, al contrario, sono la manifestazione di fenomeni noti.