Così gli astrofisici di UniTo hanno confutato "il modello unificato delle galassie attive"
Intervista al prof. Francesco Massaro del Dipartimento di Fisica che, utilizzando il parametro ambiente, ha dato una risposta all'annoso dibattito tra astrofisici che ricorda quello tra Darwin e Mendel
Ci sono voluti diversi anni per dimostrare che le previsioni del modello unificato delle galassie attive, per una particolare classe di sorgenti conosciute come oggetti di tipo BL Lac, non sono verificate. Un lavoro certosino di osservazioni e comparazioni. Per cercare di capovolgere quella consuetudine che in astrofisica voleva l'angolo rispetto alla linea di vista come unico parametro che fa apparire le galassie attive diverse le une dalle altre. Esistono, invece, altre caratteristiche che le possono definire, come l'ambiente dove la galassia attiva si trova: una proprietà che non dipende da come la si guarda. È il risultato della ricerca di un gruppo internazionale di astrofisici italiani guidato dal Prof. Francesco Massaro del Dipartimento di Fisica dell'Università degli Studi di Torino – associato sia all'Istituto Nazionale di Astrofisica che all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – pubblicata sulla rivista internazionale Astrophysical Journal Letters. Ma prima di arrivare agli esiti dello studio è importante definire alcuni concetti.
Prof. Massaro, cos’è una galassia attiva?
Nell’universo locale circa l’1% delle galassie conosciute sono galassie attive, vale a dire che al loro interno, nelle regioni centrali, hanno un buco nero di massa dell’ordine di qualche centinaia di milioni di volte la massa del sole che produce diversi fenomeni e che la luminosità della zona centrale della galassia è almeno 100 volte più brillante di tutte le stelle ospitate nella galassia stessa.
Cosa sono, invece, le radio galassie e gli oggetti di tipo BL Lac?
Le radio galassie sono una sottoclasse di galassie attive e hanno la particolarità di avere una forte emissione radio, cento o mille volte quella di una galassia normale. Se osservate nella banda radio possiamo vedere fenomeni come getti di materie espulsi dalle zone centrali della galassia che si estendono fino a milioni di anni luce di distanza. Gli oggetti di tipo BL Lac sono particolari galassie viste in modo che la linea di vista dell’osservatore intercetti questi getti di materia, che si muovono alla velocità della luce, entro un piccolissimo angolo rispetto alla linea di vista.
Andiamo al cuore della vostra ricerca, cosa significa che avete scoperto che il modello unificato delle galassie attive non è completamente verificato?
Per molti anni, circa quattro decadi, si è sempre pensato che le galassie attive avessero all’interno esattamente la stessa struttura e che le differenze tra le diverse classi di galassie attive fossero da imputare alla orientazione rispetto alla linea di vista, ovvero come queste vengono viste. Negli ultimi anni alcune osservazioni hanno messo in crisi il modello unificato. Noi abbiamo utilizzato una proprietà non intriseca delle galassie attive cioè l’ambiente, dove queste nascono, vivono e muoiono, per cercare di vedere se il modello unificato fosse verificato o no. Se è vero che gli oggetti di tipo BL Lac sono radio galassie il cui getto punta verso di noi, questo è indipendente da tutto ciò che c’è intorno ma dipende dall’angolo rispetto alla linea di vista, di conseguenza possiamo utilizzare l’ambiente circostante per verificare se le radio galassie e gli oggetti BL Lac vivono nelle stesse zone.
Quali sono i parametri intrinseci che caratterizzano le proprietà osservate nelle radio sorgenti oltre all’angolo rispetto alla linea di vista?
Le radio galassie sono anche caratterizzate da quanta materia cade e accresce il buco supermassivo al loro interno, dalla forte luminosità della banda radio. Poi, ci sono sottoclassi distinte sulla base di alcune proprietà come le righe nella banda visibile, la stessa a cui i nostri occhi sono sensibili.
Perché il tema che avete affrontato è un po’ come il dibattito tra Darwin e Mendel tra gli astrofisici?
Se la differenza tra le diverse classi e nuclei galattici attivi fosse solo l’angolo rispetto alla linea di vista – cioè il parametro che dipende da come noi guardiamo l’oggetto – gli oggetti sarebbero tutti intrinsecamente uguali e le loro differenze sarebbero da imputare solamente a come nascono, quindi a un aspetto di tipo genetico. Se invece le differenze si dovessero riscontrare nell’ambiente in cui vivono vuol dire che il loro modo di presentarsi a noi non dipende solamente da come sono orientate ma anche da dove si trovano e in questo caso vuol dire che l’ambiente su una scala di decine di milioni di anni luci sarebbe una caratteristica fondamentale per le diverse classi e in questo caso il legame con l’ambiente va più in una in una visione darwiniana del problema.
Chi sono gli autori dello studio pubblicato dall’Astrophysical Journal Letters e qual è il ruolo dell’Università di Torino?
Ho avuto questa idea sette anni fa e ci è voluto moltissimo per mettere in piedi tutto ed è stato fatto grazie ai colleghi che hanno firmato questo lavoro e i precedenti dello stesso topic. Sicuramente vanno ringraziati Alessandro Capetti dell'Osservatorio Astrofisico di Pino Torinese, il mio collega dell’Università di Torino Alessandro Paggi, Ranieri Baldi dell'Istituto di Radio Astronomia. Poi Ignazio Pillitteri e Riccardo Campana dell'Istituto Nazionale di Astrofisica e Andrea Tramacere dell'Università di Ginevra, che mi hanno dato un grande contributo dal punto di vista statistico
Quanto considera rivoluzionaria questa scoperta? E quali sono i prossimi obiettivi?
È abbastanza rivoluzionaria per il fatto che l’utilizzo dell’ambiente per confutare il modello unificato era stato utilizzato raramente e non per questo tipo di oggetti. Quando il modello unificato fu descritto questo era uno dei punti che non era stato troppo approfondito; la maggior parte delle ultime critiche al modello unificato delle galassie attive riguarda parametri intrinseci delle sorgenti ma non gli oggetti di tipo BL Lac e le radio galassie. I prossimi obiettivi sono quelli di estendere lo studio a distanze maggiori dalla Terra e questo richiederà un ulteriore sforzo nell’utilizzo di telescopi e satelliti.